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Esteri

Conte e Moavero all'Onu per reagire all'offensiva di Macron sulla Libia

DENIS CHARLET via Getty Images
DENIS CHARLET via Getty Images 

Rompere l'assedio francese. Sulla Libia e, in stretto collegamento, sui migranti. All'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l'Italia prova a tenere il punto sul Mediterraneo, cercando il supporto americano sulla Conferenza di novembre e provando a incrinare l'asse di ferro consolidatosi a New York tra Francia ed Egitto. La partita si gioca nei corridoi, negli incontri bilaterali, nello sviluppo di quella "diplomazia sotterranea" che incide molto più di quella che si celebra nei discorsi ufficiali che si susseguono dal palco della 73esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Giocare d'attacco, rivendicare una coerenza di comportamenti che altri non possono vantare: è la linea di condotta perseguita dal presidente del Consiglio Giuseppe Conte e dal ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi nella intensa due giorni oltre Oceano.

Migranti e Libia al centro del discorso del premier. "Da anni l'Italia è impegnata in operazioni di soccorso e salvataggio nel Mar Mediterraneo ed ha sottratto così alla morte decine di migliaia di persone, spesso da sola, come è stato più volte riconosciuto dalle stesse istituzioni europee allorché hanno affermato che l'Italia aveva salvato l'onore dell'Europa" ha affermato Giuseppe Conte dal palco dell'Assemblea Generale. "I fenomeni migratori con i quali ci misuriamo -ha avvertito- richiedono una risposta strutturata, multilivello e di breve, medio e lungo periodo da parte dell'intera Comunità internazionale. Su tali basi sosteniamo i Global Compact su migrazioni e rifugiati. Si tratta di una sfida che può e deve essere raccolta con un approccio di 'responsabilità condivisa". E sulla Libia, Conte segnala che "nelle prossime settimane l'italia ospiterà una conferenza che avrà come obiettivo principale proprio quello di sostenere un percorso politico condiviso tale da contribuire a stabilizzare politicamente il paese. Tale percorso sarà fondato sul più ampio coinvolgimento degli stessi attori libici, che restano i padroni del loro destino, e sulla centralità delle Nazioni Unite, il cui piano d'azione costituisce l'elemento verso cui far convergere i contributi dei principali stakeholders internazionali e regionali".

Da New York, lo scontro libico tra Parigi e Roma esce ulteriormente acuito. Emmanuel Macron, che a New York con il presidente Usa Donald Trump ha avuto, a differenza del premier italiano, un colloquio bilaterale, nel suo intervento all'Assemblea generale ha ribadito che "solo" organizzare elezioni subito a Tripoli "può accelerare la strada verso una soluzione duratura. Lo status quo fa guadagnare terreno solo ai trafficanti e ai terroristi". Il presidente francese ha sollecitato l'Ue a essere "unita" su questo obiettivo. L'inquilino dell'Eliseo ha invitato la comunità internazionale a porre fine alle divisioni sulla Libia se vuole portare questo Paese a una via d'uscita dalla crisi. Una dichiarazione tradotta politicamente dall'agenzia France Presse come "un messaggio destinato soprattutto all'Italia".

"Macron parla di unità ma nei fatti opera in senso inverso", si lascia andare con HuffPost una fonte diplomatica italiana al Palazzo di Vetro. "Non daremo ai libici i mezzi per uscire se continuiamo a dividerci, se la Libia diventerà la base, come troppo spesso, per affrontare le influenze straniere", ha insistito Macron nel suo intervento. Ma Conte tiene ferma la linea del suo governo: l'obiettivo sono le elezioni, ma a tempo debito, senza accelerare, dopo aver coinvolto tutti gli attori libici, a partire dalla conferenza di novembre, probabilmente a Sciacca. La parola chiave, quella che differenzia la strategia di Roma da quella di Parigi, è "inclusione". Una strategia difficile ma che non ha scorciatoie e che ha bisogno del tempo necessario per dispiegarsi pienamente. Tempo che la Francia vorrebbe invece accorciare. Con Donald Trump "abbiamo parlato di varie questioni tra cui la Libia: abbiamo fatto un ripasso di quello che ci eravamo detti e ci siamo aggiornati. C'è molta sensibilità", sottolinea il premier, a margine dell'Assemblea Onu. "Voi sapete che novembre è un periodo delicato perché c'è il voto di Midterm. Vedremo se potrà venire in Sicilia, c'è la massima attenzione per la cabina di regia Italia-Usa per Mediterraneo e Libia". Conte incassa a New York anche il sostegno del Cairo alla conferenza sulla Libia, oltre al rinnovato impegno a fare luce sulla morte di Giulio Regeni, "con un'attenzione incessante". Giuseppe Conte ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

"Non è tanto una questione di date, prima sarà meglio sarà, ma è una questione di arrivare alle elezioni in Libia con le condizioni perché il voto possa servire al Paese per uscire dalla situazione in cui è. La posizione dell'Ue è chiara e unita, le elezioni sono un momento fondamentale", prova a mediare l'Alto rappresentante dell'Ue per la politica estera, Federica Mogherini. Nel suo intervento a New York, "lady Pesc" ha affermato di "aver discusso con l'inviato speciale dell'Onu in Libia Ghassan Salamè quale supporto può fornire l'Ue sulla situazione della sicurezza, ma anche sul processo politico e l'economia". E ancora: "I libici stessi hanno indicato la loro volontà di andare al voto – ha continuato – ma le elezioni andranno preparate adeguatamente, il che vorrà dire un quadro costituzionale legale e chiaro perché i cittadini sappiano per cosa votano". È la linea sostenuta dalla nostra diplomazia. E ribadita a New York da colui che ne ha la responsabilità. La Libia, ha ricordato Moavero, è una grande priorità della politica estera. "L'obiettivo principale è favorire il processo politico che porti a una stabilizzazione. Ce l'abbiamo a 200 miglia marine dalle nostre coste, è un Paese ancora in una fase di instabilità", ha sottolineato il titolare della Farnesina, incontrando ieri i giornalisti al seguito. "Dai colloqui di oggi (ieri ,ndr)", ha aggiunto, "non è emersa nessuna grande novità, ma in questi giorni avremo modo di lavorare verso l'obiettivo". In merito ai rapporti con la Francia, entrambi i Paesi, secondo il titolare della Farnesina, "sono animati" dalla volontà di "arrivare all'obiettivo sulla stabilizzazione. Anche la Libia dovrebbe essere oggetto di un'attenzione più attiva da parte dell'Ue nel suo insieme: non è una faccenda franco-italiana o italo-francese, né una questione di rivalità economiche tra aziende francesi e italiane", ha sottolineato Moavero.

La sua stabilizzazione, anzi, dovrebbe costituire in primis un "obiettivo europeo". Obiettivo tutto da praticare, e che passa necessariamente per un accordo condiviso da tutti i partner europei, a cominciare da quelli più esposti sul fronte libico (Italia e Francia). Un accordo sollecitato dal premier del governo di Accordo nazionale libico, l'unico riconosciuto internazionalmente, Fayez al-Sarraj. Intervenuto in collegamento da Tripoli, al-Sarraj ha fatto appello alla comunità internazionale di unire gli sforzi per risolvere la crisi che sta interessando in questi giorni la capitale e che l'ha costretto a rinunciare alla sua presenza fisica al Palazzo di Vetro, delegando il suo ministro degli Esteri Mohammed al Siyala. Nelle dichiarazioni ufficiali la parola più abusata, quando si fa riferimento al dossier-Libia, è "unità". Ma nella pratica, le cose cambiano. Ognuno degli attori esterni manovra le sue pedine. E Parigi punta decisamente sull'uomo forte della Cirenaica: il generale Khalifa Haftar. Quella francese è un "gioco di squadra" che unisce politica, diplomazia e comunicazione. Ecco allora i media francesi rilanciare con grande evidenza la notizia che una fonte vicina ad Haftar ha sostenuto con il sito arabo Arab 21 l'apparente assenza dell'Italia dalle ultime fasi decisionali sulla situazione libica.

La fonte ha dunque voluto evidenziare una supremazia francese sul dossier Libia, tale da essere riuscita a scalzare il ruolo di partner privilegiato dell'Italia. Una lettura che Roma contesta, ricordando il recente incontro a Bengasi tra lo stesso Haftar e Moavero, "caratterizzato da una convergenza di obiettivi e dal riconoscimento da parte di Haftar del contributo irrinunciabile dell'Italia alla stabilizzazione della Libia". Intanto Nazioni Unite e Unione Africana hanno rilasciato una dichiarazione congiunta in cui concordano sulla necessità' di "una stretta collaborazione con attori in Libia sul principio dell'organizzazione di una conferenza di pace e riconciliazione come preludio a pacifiche e trasparenti elezioni presidenziali". Giocare sulla difensiva non paga, è il convincimento italiano, messo in pratica a New York da colui che, nei consessi internazionali, in particolare a Bruxelles, viene visto, e apprezzato, come il "ricucitore" degli strappi altrui: Moavero Milanesi. Vale sulla Libia, come sui migranti. L'Italia ritiene "infondati" i rilievi sollevati dall'Alto Commissario per i Diritti Umani dell'Onu Michelle Bachelet su "presunte inadempienze italiane in materia di rispetto dei diritti umani dei migranti" e sottolinea, al contrario, "il riconoscere del notevole impegno italiano nel salvataggio e nell'assistenza ai migranti che attraversano il Mediterraneo": così il capo della diplomazia durante un incontro con Michelle Bachelet a margine dell'Assemblea dell'Onu.

Nel corso del colloquio, si afferma in una nota della Farnesina, Moavero Milanesi e Bachelet "hanno parlato anche delle dichiarazioni rilasciate dalla signora Bachelet, lo scorso 7 settembre a Ginevra, su presunte inadempienze italiane in materia di rispetto dei diritti umani dei migranti. C'è stato, di conseguenza, modo, da una parte, di chiarire le ragioni per cui l'Italia ritiene infondati i rilievi sollevati e dall'altra, di condividere il riconoscere del notevole impegno italiano nel salvataggio e nell'assistenza ai migranti che attraversano il Mediterraneo". L'incontro è avvenuto in occasione dell'evento sulla pena di morte, co-organizzato dall'Italia, durante la 73/a Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Quanto alla Libia, le dispute diplomatiche in atto a New York s'intrecciano con le notizie che giungono da Tripoli su l'ennesimo accordo di tregua. L'intesa sul cessate sul fuoco è stata annunciata dal Dipartimento della sicurezza di Tripoli e dalla "Forza di protezione" della capitale, una nuova coalizione di nove milizie che hanno difeso il premier dall'assalto della formazione ribelle Settima Brigata proveniente da Tarhuna e dalla "Somoud" (Resistenza) del falco misuratino Salah Badi. L'accordo ha posto fine alla seconda serie di scontri dopo i primi terminati con un cessate-il-fuoco concordato il 4 settembre sotto l'egida del'Onu ma violato in maniera conclamata dal 17. In quella prima fase di nove giorni di scontri erano stati annunciati 78 morti e 103 feriti.

L'intesa, i cui dettagli sono stati forniti da media come Al-Arabiya e Libya Observer, prevede il rientro della 7/a nella sua base di Tarhuna, una sessantina di km a sud-est di Tripoli, e il ritiro della Somoud da una postazione che aveva occupato nei pressi dell'aeroporto di Tripoli. Nella serata di ieri, la neonata Forza di Protezione, formata sabato fra l'altro dalle milizie Trb, Abu Salim (detta anche Ghnewa) e dalla Rada, ha annunciato su Facebook che la ritirata di queste due formazioni è stato completata. L'accordo prevede la consegna di tutte le postazioni oggetto del conflitto alla forza congiunta formata dal Consiglio presidenziale guidato da Sarraj. C'è anche un riconoscimento per la 7/a brigata, quella che ha innescato gli scontri e che ora viene considerata come parte dello Stato maggiore del Governo di intesa nazionale sebbene fosse stata scolta nell'aprile scorso.

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