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Esteri

Papa Francesco, il caso Viganò e il "segno di Dio" che ha accelerato l'accordo con la Cina

Max Rossi / Reuters
Max Rossi / Reuters 

"Il Signore trae il bene dal male con la sua potenza e la sua infinita creatività". Questo tweet di Papa Francesco è stato lanciato dal Vaticano ieri sera, 25 settembre, alle 18,30, proprio mentre era in corso la conferenza stampa del Pontefice a bordo dell'aereo Air Baltic di ritorno dalla tre giorni in Lituania, Lettonia ed Estonia. Forse un riferimento alla crescita della fede proprio nelle nazioni appena visitate, martiri durante il nazismo e sotto i regimi comunisti. Ma il tweet a ben vedere calza perfettamente con l'aneddoto "semplice" che il Papa ha raccontato, prima di concludere il suo incontro con i giornalisti, rispondendo a una domanda di Antonio Pelayo, del periodico spagnolo Vida Nueva sull'accordo con la Cina appena raggiunto.

Quale? A sorpresa, il Papa ha fatto riferimento all'attacco contro di lui, lanciato esattamente un mese fa, dall'ex Nunzio apostolico Carlo Maria Viganò. Il Papa non lo ha chiamato per nome, ma ha detto: "Quando c'è stato quel famoso comunicato di un ex Nunzio Apostolico, gli episcopati del mondo mi hanno scritto dicendo che si sentivano vicini, che pregavano per me; anche i fedeli cinesi hanno scritto, e la firma di questo scritto era del vescovo – diciamo così – della Chiesa tradizionale cattolica e del vescovo della Chiesa patriottica: insieme, tutt'e due, e i fedeli di tutt'e due le Chiese. Per me, questo è stato un segno di Dio".

E il Papa ha preso la sua decisione ultima, ha firmato. "L'accordo l'ho firmato io, le Lettere Plenipotenziarie per firmare quell'accordo. Io sono il responsabile", nonostante fosse stato un processo negoziale di anni e anni, dopo il "segno di Dio". E successivamente ha firmato quello che servirà ad aprire una nuova fase della storia, in cui ha esortato tutti i fedeli cinesi, scrivendo una Lettera ai cattolici di quel Paese per sollecitarli ad avere fiducia, e a riconciliarsi tra loro.

Il caso Viganò, insomma, ha finito per accelerare l'accordo del Papa con la Cina.

Altrettanto fuori dall'ordinario poi il riferimento di Francesco al cardinale Pietro Parolin, attaccato nei giorni scorsi dal cardinale Zen, contrario da sempre all'accordo con la Repubblica popolare cinese. Il vescovo emerito di Hong Kong ha accusato il segretario di Stato vaticano di non avere neppure la fede. "ll cardinale Parolin, che è un uomo molto devoto - ha detto Francesco - ha una speciale devozione alla lente: tutti i documenti li studia punto, virgola, accenti... E questo dà a me una sicurezza molto grande". Francesco ha ricordato che il negoziato è stato "un processo di anni, un dialogo tra la Commissione vaticana e la Commissione cinese, per sistemare la nomina dei vescovi. L'équipe vaticana ha lavorato tanto. Vorrei fare alcuni nomi: mons. Celli, che con pazienza è andato, ha dialogato, è tornato... anni, anni! Poi, mons. Rota Graziosi, un umile curiale di 72 anni che voleva fare il prete in parrocchia, ma è rimasto in Curia per aiutare in questo processo. E poi, il segretario di Stato, il cardinale Parolin (...). E questa équipe, con queste qualità, è andata avanti. Voi sapete che quando si fa un accordo di pace o un negoziato, ambedue le parti perdono qualcosa, questa è la regola. Ambedue le parti. E si va avanti. Questo processo è andato così: due passi avanti, uno indietro, due avanti, uno indietro...; poi sono passati mesi senza parlarsi, e poi... Sono i tempi di Dio, che assomigliano al tempo cinese: lentamente... Questa è saggezza, la saggezza dei cinesi. Le situazioni dei vescovi che erano in difficoltà sono state studiate caso per caso, e alla fine i dossier sono arrivati sulla mia scrivania e sono stato io il responsabile della firma, nel caso dei vescovi. Per quanto riguarda l'accordo, sono passate le bozze sulla mia scrivania, si parlava, davo le mie idee, gli altri discutevano e andavano avanti. Penso alla resistenza, ai cattolici che hanno sofferto: è vero, loro soffriranno. Sempre in un accordo c'è sofferenza. Ma loro hanno una grande fede e scrivono, fanno arrivare messaggi, affermando che quello che la Santa Sede, che Pietro dice, è quello che dice Gesù: cioè la fede martiriale di questa gente oggi va avanti. Sono dei grandi.. Gli altri, che ho nominato, hanno lavorato per più di dieci anni. Non è un'improvvisazione: è un cammino, un vero cammino".

Il Papa ha chiarito che la nomina dei vescovi cinesi spetterà anche con questo accordo solo a lui. "Il caso attuale non è per la nomina: è un dialogo sugli eventuali candidati. La cosa si fa in dialogo. Ma la nomina è di Roma; la nomina è del Papa, questo è chiaro. E preghiamo per le sofferenze di alcuni che non capiscono o che hanno alle spalle tanti anni di clandestinità" .

Nessuno può negare che l'accordo del Vaticano con la Cina assuma un valore geopolitico oltre che spirituale e religioso. Proprio nel momento in cui gli Stati Uniti di Trump hanno iniziato una guerra commerciale con Pechino, la destra cattolica americana ha ricordato nei giorni scorsi il ruolo di negoziatore non ufficiale svolto dall'ormai ex cardinale McCarrick proprio con la Cina. E proprio di un viaggio in Cina di McCarrick nel 2013 ha parlato l'ex Nunzio Viganò nel suo "comunicato", come prova della condiscendenza del Papa nei suoi confronti. Anche il predecessore di Francesco, il Papa emerito Benedetto XVI, anche lui estensore di una lettera aperta ai cattolici cinesi, ricevette all'inizio del 2012 oscure minacce dopo un viaggio in Cina di un altro prelato. E quel documento finì tra quelli del primo scandalo Vatileaks.

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