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Esteri

Haftar dà buca all'Italia

LUDOVIC MARIN via Getty Images
LUDOVIC MARIN via Getty Images 

L'annuncio ufficiale è ancora rimandato. Ma con ogni probabilità, quella sedia resterà vuota. Il "grande assente" alla Conferenza sulla Libia che l'Italia sta organizzando per metà novembre in Sicilia (quasi certamente a Sciacca) è l'uomo forte della Cirenaica: il generale Khalifa Haftar. Il barometro delle relazioni tra Roma e l'uomo che si sente il "presidente in pectore" della "nuova Libia", era risalito dopo la missione a Bengasi del ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Ma le cose sembrano essersi messe al peggio negli ultimi giorni, e oggi fonti diplomatiche italiane impegnate sul fronte libico non nascondono all'HuffPost preoccupazione e pessimismo: "I segnali che stanno giungendo ultimamente dal campo di Haftar – spiegano le fonti – indicano un ritorno a pregiudiziali che sembravano essere state superate, a cominciare dalla data delle elezioni".

E dietro questo irrigidimento c'è chi vede la mano francese. Non è dietrologia, ma la presa d'atto che Parigi non si schioda dalle sue determinazioni. Intervenendo all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, l'inquilino dell'Eliseo, Emmanuel Macron ha ribadito come la Francia è per l'organizzazione subito di elezioni in Libia. "Solo questo può accelerare la strada verso una soluzione duratura. Lo status quo fa guadagnare terreno solo ai trafficanti e ai terroristi", ha aggiunto il presidente francese, per il quale "la Ue deve essere unita su questo obiettivo". Accelerare: è la parola d'ordine che unisce Parigi a Bengasi. Una conferma viene da fonti di Bengasi. Il discorso è questo: per tenere unito il variegato schieramento che lo sostiene, Haftar deve andare all'incasso nei tempi più rapidi possibili. Da qui la forzatura sulle elezioni e, in seconda istanza, sulla condizione che Haftar e i suoi sostenitori hanno posto all'Italia, e allo stesso inviato dell'Onu per la Libia Ghassan Salamé, per trattare il rinvio del voto, da dicembre alla prima metà del 2019: che questa fase di transizione non sia gestita dal governo di Accordo nazionale guidato da Fayez al-Sarraj ma da un "comitato paritario" che offra garanzie a tutti i contendenti. Nel frattempo, la Cirenaica pensa e agisce come uno Stato a sé. Uno stanziamento di 415 milioni di dinari libici, pari quasi a 260 milioni di euro, è stato approvato dal Comitato per la restaurazione della stabilità di Bengasi, la seconda maggiore città della Libia dopo Tripoli. Lo riporta il sito Alwasat. Il Comitato, nella sua quinta riunione svoltasi ad Al Bayda sotto la presidenza del premier del governo "provvisorio" libico Abdullah al-Thinni (quello non-riconosciuto dall'Onu), ha dato il permesso all'Autorità per lo sviluppo urbano di appaltare direttamente a società la manutenzione o edificazione di 54 scuole a Bengasi e ha approvato progetti per un valore totale di 64,81 milioni di dinari (40,54 milioni di euro).

Un esborso di 20 milioni di dinari (12,51 milioni di euro) è stato poi approvato per la rimozione di edifici danneggiati dai combattimenti, riferisce ancora il sito con implicito riferimento soprattutto ai tre anni di combattimenti con cui le forze del generale Haftar hanno scacciato jihadisti e altri estremisti islamici annidati in città. Il comitato è stato formato su decisione del presidente della Camera dei rappresentanti (Hor) insediata a Tobruk, ricorda Alwasat. L'organismo ha dato inoltre il permesso alla municipalità di Bengasi di sottrarre progetti a società che non abbiano ancora iniziato i lavori. In attesa di "conquistare" Tripoli, il fronte pro-Haftar agisce come se l'autorità di Sarraj non esista più. "In appoggio alle Nazioni Unite e al fianco dei suoi partner, la Francia è determinata a lavorare al proseguimento del processo politico e all'organizzazione di elezioni entro la fine dell'anno" si legge in una nota diffusa nei giorni dal Quai d'Orsay, dove si afferma che "chi cerca di ostacolare il processo politico dovrà rispondere dei propri atti". "La nostra posizione è che quando fare le elezioni lo devono stabilire i libici e le loro istituzioni. Noi non fissiamo date", ha ribattuto il titolare della Farnesina, secondo il quale "è curioso che le date siano stabilite dall'esterno".

Una linea che l'Italia ha portato anche a New York, sia nell'intervento del premier Conte in Assemblea Generale che negli incontri bilaterali avuti da Moavero: l'obiettivo sono le elezioni, ma a tempo debito, senza accelerare, dopo aver coinvolto tutti gli attori libici, a partire dalla conferenza di novembre. Ma senza Haftar la conferenza nascerebbe monca. Ed è proprio questo, è la convinzione della Farnesina, l'obiettivo francese.

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