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Esteri

Siria, i missili iraniani: un messaggio politico e non solo vendetta

POOL New / Reuters
POOL New / Reuters 

Quei missili non sono solo una rappresaglia alla "strage della parata militare". I missili iraniani in Siria sono anche altro. E di più. Sono un messaggio che l'ala dura del regime di Teheran, quella che fa capo alla Guida suprema della Repubblica islamica, l'ayatollah Ali Khamenei, ha lanciato, e non è una metafora, ai tanti attori che da anni si muovono sullo scenario insanguinato siriano: dagli alleati, non più tanto stretti, Putin ed Erdogan, a Israele, Arabia Saudita e ai "piani satanici" americani. Il messaggio è chiaro: l'Iran non solo non lascia ma raddoppia la sua presenza militare in Siria. A fianco, o meglio sopra Bashar al-Assad, per riscuotere i dividendi ultramiliardari della ricostruzione. In Siria quella che funziona e detta legge ormai da anni è la "diplomazia delle armi". L'Iran ha lanciato missili balistici su un campo di addestramento di militanti islamisti in Siria, vicino al valico di frontiera con l'Iraq di Abu Kamal.

L'obiettivo era un gruppo estremista sunnita che ha rivendicato l'attacco nella città di Ahvaz, quando cinque terroristi avevano sparato alla parata militare di Pasdaran e fatto 25 vittime, compresi 17 civili. L'attacco era stato rivendicato sia dall'Isis che dal gruppo separatista arabo Al-Ahvaziyah. Al confine fra Siria e Iraq ci sono ancora sacche controllate dall'Isis e in un primo momento sembrava che il raid fosse rivolto contro lo Stato islamico ma poi i media di Stato iraniano hanno precisato che era stato colpito un "campo di addestramento dei responsabili del crimine terroristico ad Ahvaz". Le tv hanno poi mostrato la base di lancio dei missili "a lungo raggio" a Kermanshah, nell'Ovest del Paese Anche l'agenzia di stampa Irna parla di ''morti e feriti'' nell'attacco, senza fornire numeri, mentre spiega che i missili sono stati lanciati da Kermanshah, nell'Iran occidentale. Secondo un grafico elaborato dall'Iran, i missili avrebbero sorvolato l'Iraq centrale, vicino alla città di Tikrit, prima di cadere nei pressi della città di Abu Kamal. In un ulteriore comunicato, i Guardiani della rivoluzione iraniana hanno spiegato che, in base alle prove raccolte sull'attacco di Ahvaz, i "terroristi" della Siria orientale sono sostenuti e guidati dagli Stati Uniti in linea con i piani definiti ''satanici'' della Casa Bianca, del regime sionista e di un potere regionale, riferimento implicito all'Arabia Saudita. Nella nota si legge che il ''pugno di ferro'' dei Pasdaran resta pronto per qualsiasi altra azione compiuta dai nemici dell'Iran. Per sostenere direttamente il regime di Assad, l'Iran, come Stato, attraverso le proprie banche, ha investito oltre 4,6 miliardi di dollari, che non includono gli armamenti scaricati quotidianamente da aerei cargo iraniani all'aeroporto di Damasco, destinanti principalmente ai Guardiani della Rivoluzione impegnati, assieme agli hezbollah, a fianco dell'esercito lealista. Non basta. Almeno 50mila pasdaran hanno combattuto in questi anni in Siria, ricevendo un salario mensile di 300 dollari. Lo Stato iraniano ha pagato loro anche armi, viaggi e sussistenza. E così è avvenuto anche per i miliziani del Partito di Dio. oltre 600 milioni di dollari all'anno: questo è quanto l'Iran di Khamenei garantisce al Partito di Dio sciita; altri 250 milioni di dollari finiscono nelle casse di Hamas a Gaza e almeno 200 alle milizie sciite irachene. A ciò si aggiunge il crescente sostegno, militare e finanziario, garantito da Teheran agli Houthi, la minoranza sciita in Yemen, e ai gruppi sciiti in azione nel Bahrain.

La dura risposta dei Pasdaran arriva neanche una settimana dopo l'intervento di Donald Trump all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, nel quale il presidente Usa era tornato ad attaccare l'Iran, ha affermato che "i "sono pronti a imporre nuove sanzioni all'Iran che deve rimanere isolato fino a che continuerà a sostenere il terrorismo e finché le sue aggressioni continueranno". Secondo l'inquilino della Casa Bianca, quello che è al potere in Iran è un "regime brutale e sanguinario". "I suoi leader saccheggiano risorse del loro paese per diffondere caos in tutto il Medio Oriente" . A stretto giro di posta, o per meglio dire di palco, è arrivata la risposta di Hassan Rouhani. Dalla tribuna del Palazzo di Vetro, il presidente iraniano ha accusato il suo omologo statunitense Donald Trump di aver tentato di rovesciare il suo governo, mentre chiudeva le porte all'idea di riprendere i colloqui con Washington dopo il ritiro degli Usa dallo storico accordo nucleare siglato da Teheran con le potenze mondiali nel 2015. "È ironico che la Casa Bianca non nasconda nemmeno il suo piano di rovesciare lo stesso governo che invita ai colloqui", ha sostenuto Rouhani. Accuse e contro accuse infuocate. E la storia del Medio Oriente dice che in questa tormentata e nevralgica area del mondo, le parole spesso sono seguite dai fatti. Che "piovono" dal cielo. Come i missili iraniani.

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