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Politica

CasaPound tenta la presa di Pietralata, ma non sfonda

ANSA
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Via di Pietralata, 700 km a nord di Riace. Nel quartiere rosso sfila CasaPound, l'ultimo schiaffo, un ceffone alla sinistra sempre in stato comatoso. Persiane tirate su a metà, saracinesche chiuse, sguardi sospettosi accompagnano dall'alto uno strano corteo seguito passo passo dai blindati della polizia. Ma la proliferazione delle testuggini, sulle bandiere, tatuate addosso, sulle T-Shirt, è un effetto ottico. In tutto saranno meno di 200 i militanti neri di questo inedito sabato fascista a Pietralata. Un risveglio surreale, da incubo, per chi ha sempre vissuto da queste parti. Ancora ieri, quando non si sapeva che il presidio dei centri sociali per l'anti-manifestazione sarebbe stato negato dalla Questura, e nei cortili delle case popolari si combatteva una guerriglia a colpi di decibel. A Bella Ciao e Bandiera rossa qualche buontempone ha risposto con Battisti e Rino Gaetano, scippati e messi nella personalissima hit parade

Ma dicevamo di CasaPound. Che mai e poi mai in tempi ormai lontani avrebbe messo piede a Pietralata, la roccaforte che la sinistra - rutelliana prima e veltroniana poi - avrebbe voluto trasformare nella Defense parigina, trasferirvi le università, erigere grattacieli, spostarci il Campidoglio decentrando impiegati e ministeri. Corteo convocato per manifestare ufficialmente contro il degrado, di fatto in parallelo con il torneo tra squadre di migranti e rifugiati organizzato dall'associazione Liberi Nantes.

LO SDO E I TOPI

Un tempo di Pietralata si parlava soprattutto per il Sistema direzionale orientale, il fantasma urbanistico che avrebbe dovuto distribuire centralità e funzioni alle periferie. Farne delle cittadelle autonome. Quel che resta dello Sdo sono i topi, le file in Tangenziale, il muro dell'asilo nido crollato, per non parlare dei cassonetti che strabordano e delle strade bucate che si rischia l'effetto assuefazione Tra il civico 487 di via di Pietralata e il numero 300 c'è materiale a sufficienza per un trattato sulla devastazione urbana. L'ex casa cantoniera, dopo che un gruppo di italiani l'aveva occupata, è stato sgomberata e poi di nuovo occupata dai rumeni. Attaccati ovviamente alla rete elettrica pubblica secondo la migliore tradizione romana-rumena. Gli abusi come le ere geologiche negli anni si sono stratificati. Dal basso verso l'alto, uno sull'altro. Come i condoni.

Da una saracinesca spunta una donna. Visto il nostro stupore. chi ci accompagna in questo tour di Pietralata, si sente in dovere di precisare: "Vive lì da tempo, c'era un negozio, ma lei era stanca d' aspettare, da vent'anni è in graduatoria per l'assegnazione di un alloggio popolare e l'ha occupato". "Di recente è stata assegnata una casa ad una donna di 89 anni – racconta ancora la nostra guida, un'esperta del luogo che vuole restare anonima - anche lei era in attesa da decenni. Il problema è che ora tutti si informano sulla sua salute. Chissà perché...povera vecchietta".

COME AL TRULLO

Nell'ultimo mese italiani e rumeni se le sono suonate di santa ragione. E, come successe anni fa al Trullo, non senza spargimento di sangue. Una guerra: sono spuntati i coltelli, si fanno ronde. L'altro giorno un manipolo ha assaltato un negozio gestito da bengalesi dove si ubriacano i rumeni. I quali, a loro volta hanno chiesto i rinforzi ai connazionali che vivono a Pescosolido, "molestano le nostra donne, fanno schifo, veniamo prima noi", mostrano i muscoli i militanti di CasaPound.

In questa terra di nessuno pesca a strascico il neofascismo. E qualcuno, fatalmente, rimane impigliato nella rete. "M'hanno messo una bandiera in mano e la sventolo, ma potrebbe essere di qualsiasi colore, la politica non c'entra", dice Agnese, 58 anni, al collo una medaglia con l'immagine di Padre Pio. "Faccio la donna delle pulizie e quando la sera tardi torno a casa ho paura. Se sto con i fascisti? Non lo so e non m'importa, oggi avrei manifestato con chiunque". Il corteo, sempre più nero seppia, avanza sotto la pioggia e incrocia via Pomona. "Qui c'era la sede della cooperativa 29 Giugno – urla al megafono l'addetto agli slogan – li abbiamo cacciati!". E scatta l'applauso.

LA "PRESA"

Contaminarsi, certo. A parole sono tutti bravi, ma l'integrazione qui non vuol dire solo convivere con l'odore dello zenzero e del cumino. E alla prima crisi di rigetto arrivano loro. Che sognavano da anni la "presa" di Pietralata, la sfilata in via del Peperino, ex quartier generale della sinistra. La polizia ha messo di traverso i blindati per impedire l'accesso ai manifestanti. Per lo più giovani, In prima fila solo le donne. Che si guardano intorno temendo un' imboscata, un cecchino che lanci qualcosa dalle finestre o dai balconi. "Mai visto niente di simile – allarga le braccia Renato, 76 anni - noi della Rete civica abbiamo lasciato aperta la nostra sede". Nell'elenco delle adesioni al presidio antifascista varie associazioni, Libera, l'Arci, la Croce Rossa, partecipazioni individuali, padre Aristide Sana la parrocchia di San Michele Arcangelo. Alle pareti della sede appena rinnovata è rimasta qualche traccia del passato, le foto di Togliatti, Berlinguer, Che Guevara, Pasolini. Al nuovo e vecchio pantheon manca solo Mimmo Lucano. Ma Riace da qui è sempre lontana.

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