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Politica

Def, la raffica di bocciature scuote il Governo

ANSA
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Sono le 18.45 quando sugli smartphone dei due vicepremier appaiono i messaggi dei trafelatissimi uomini della comunicazione. Nero su bianco le parole del Ministro Paolo Savona li fanno per un attimo sbiancare: "Se ci sfugge lo spread cambiamo la manovra". Il titolare degli Affari europei sta registrando Porta a Porta. Parte un veloce scambio telefonico: "È un autogol, dobbiamo assolutamente mettere una toppa".

Così Luigi Di Maio e Matteo Salvini si materializzano sotto Palazzo Chigi. Insieme, si prestano alle photo opportunity, spandono compattamente lo stesso verbo: no pasaran, l'Europa non avrà lo scalpo della nostra manovra.

È la degna conclusione del film di giornata. Una pellicola dagli accenti drammatici, innervati da robuste venature paradossali. Sin dalla mattina si snodano lungo le ore le audizioni sulla nota di aggiornamento al Def. E risuonano fragorose le bocciature. Apre le danze la Banca d'Italia, prosegue l'Istat, fa eco la corte dei Conti. E si chiude con il fragoroso stop dell'Ufficio parlamentare di bilancio: con queste cifre, "non possiamo validare la Nadef". Nessun dramma, è già successo recentemente a Pier Carlo Padoan. Ma quest'ultimo stop prefigura il pollice verso dell'Unione europea, vera spada di Damocle sulla manovra, forse sul collo dello stesso governo.

Perché al ministero dell'Economia all'ora di pranzo definivano quello dell'Upb un vero e proprio "pronostico" su quel che dirà Bruxelles del testo.

Uno scenario dagli imponderabili punti di caduta. Anche perché, man mano che si rincorrevano le bocciature, dal governo si continuava a suonare lo stesso spartito: si tira dritto, sia sul deficit al 2,4%, sia sui soldi messi sulle misure fondamentali di Lega e Movimento 5 stelle (leggasi: reddito di cittadinanza e riforma della Fornero).

Le parole di Savona sono risuonate come un fragoroso gong nell'assoluto silenzio di un tempio tibetano. Stordendo per qualche istante le war room di Di Maio e di Salvini. Sui cellulari dei maggiorenti del governo i primi messaggi sono stati di stupore. Poi si è cercata l'ironia: "Quante divisioni ha Savona?". Si inizia a battere sul testo della "non elezione" del professore. Lo si fa obliquamente: "Non si torna indietro da quello che chiedono i cittadini", dicono all'unisono i due vicepremier. È un tasto già esplorato nel pomeriggio. Perché dopo le osservazioni di Bankitalia il capo politico del Movimento aveva tuonato: "Se Bankitalia vuole un governo che non tocca la Fornero, la prossima si volta si presenti alle elezioni con questo programma".

L'entourage del ministro agli Affari europei minimizza. La linea difensiva verte su due punti. Il primo è che sì il professore ha detto che la manovra cambierà se lo spread si impennerà, ma ha anche argomentato che è impossibile che succeda. Il secondo è che sì Savona ha aperto a modifiche della manovra, ma riguarderebbero solo il cambio dei saldi. Testuale: "Spostare un paio di miliardi dalle spese assistenziali a quelle considerate sviluppiste".

Una toppa che non copre il buco. E che ha richiesto la discesa in campo dei due leader della maggioranza, accompagnati in piazza Colonna (dove si sono prestati ad uso dei flash al bagno di folla con una scolaresca) da una nota del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che in burocratese ne sosteneva le ragioni.

Cala la notte sui Palazzi romani, si scioglie l'ennesimo vertice serale tra premier, vicepremier, ministro dell'Economia e Giancarlo Giorgetti. La prima notte in cui la compattezza del governo ha tremato, almeno per un attimo. Ma al sorgere del sole si tornerà a ballare.

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