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Politica

Astro di ritorno. Alessandro Di Battista e le "fette di sovranità"

Bloomberg via Getty Images
Bloomberg via Getty Images 

Alessandro Di Battista presto sarà di nuovo insieme a tutti noi. Dall'altro capo del mondo, garantisce di avere già prenotato il volo, il biglietto, per lui e famiglia, è già custodito nello zaino. Fa ritorno come ritrovata sesta stella del MoVimento, astro di riserva, come altrove accade con il "ruotino" quando non c'è certezza di ritrovare la base. Lo ha annunciato alla piazza di Roma, un video nostalgicamente testato: "A una parte di me piacerebbe tantissimo stare lì con voi. Alle volte mi mangio le mani e mi dico: 'Ma che hai fatto?' Sono sempre stato combattuto, perché mi sarebbe piaciuto dare una mano a Luigi, ai miei colleghi. Potevo fare il ministro. Ormai sta per finire questo viaggio. Ho studiato un sacco di fenomeni, ho scritto molte cose, ho vissuto la vita che volevo vivere. Io, Sahra e Andrea torneremo giusto giusto per Natale". Il tono è da post-it confidenziale, e anche questo è significante di qualcosa nella sit-com grillina. Non è ancora finita, Di Battista, dall'esilio escursionistico, Erasmus politico-familiare, spiega ai suoi che "dobbiamo concentrarci da un lato su politiche ambientali innovative, dall'altro lato per la ripresa di fette di sovranità".

Italia a 5 Stelle, Di Battista: "Giusta la battaglia di Di Maio sulla 'manina'. Manovra ottima legge"

Fette di sovranità, dunque. Corrispondono, forse, a ciò che altrove, in altri tempi, altri avrebbero chiamato "elementi di socialismo"? O si tratta piuttosto di uno sconto rispetto al "vogliamo tutto" che dapprincipio il M5S prometteva agli aderenti? In ogni caso, Di Battista ribadisce che "non ci credo più alla destra e alla sinistra e trovo avvilente che il dibattito politico in Italia sia ritornato su quella roba là". Nel déjà vu. Fortuna però che il suo movimento abbia ingaggiato "una battaglia contro il capitalismo finanziario e per me quello è il nemico pubblico numero uno": la "bancocrazia".

Questo è parlar chiaro. Magari nella prospettiva del dopo. Con le elezioni europee che certamente ridefiniranno pesi specifici e perfino alleanze. Ipotizziamo infatti che Salvini ritrovi un'intesa con Berlusconi (e il centrodestra comunque esso si configuri), e dunque il M5S debba tramutarsi in forza d'opposizione, senza più l'incubo di produrre le odiate carte ministeriali, cercando di comprenderne vanamente i contenuti, cosa esattamente ci sia mai scritto, così per tradurle in progetti di governo. E vuoi mettere le perfide "manine" dei "poteri forti"?

Di Battista torna, non già come Lenin a bordo del suo treno piombato, più spigliatamente semmai c'è da immaginarlo pronto ad atterrare in deltaplano. Dalla, metti, lavanderia di La Higuera in Bolivia, dove venne composto il cadavere di Che Guevara (Dibba da ragazzino ne ha indossava perfino l'effigie), in piazza Montecitorio direttamente, per dare finalmente una sintesi al futuro del loro progetto di governo ma che dico, d'opposizione. Chi ce la farà mai a dare risposte al popolo dell'altro giorno al Circo Massimo, compreso quel signore arrivato a Roma in abito e spada da moschettiere, un D'Artagnan, visto con i nostri occhi, pronto a mettersi al servizio della Casaleggio Associati?

Eppure mai come adesso il ricorso all'ironia nei loro confronti appare fuori luogo e spuntato, ora che lo stesso Grillo dapprima lascia intuire di non essere più parte politica giudicante in causa e un istante dopo sferra un attacco al Quirinale accusando il Colle d'essere fin troppo fornito di poteri, e intanto Casaleggio per aggiungere paradosso a paradosso precisa che "è stato un percorso lungo e non bisogna aver fretta per arrivare dove si vuole. Oggi possiamo conquistare grandi obiettivi e sono fiducioso che tra dieci anni magari non ci sarà nemmeno più la necessità di un Movimento perché la partecipazione dei cittadini sarà già intrinseca nello Stato". Neppure i più candidi utopisti venuti subito dopo gli Illuministi si erano spinti a immaginare tanto. Tutto ciò avviene ora che l'arroganza dei supporter sembra depotenziata.

Di Battista, tornando, troverà anche Madre Taverna, asserragliata nella sua casa popolare al Quarticciolo, tra i simboli di lotta, proprio come l'eroina di Brecht, e poi, va da sé, Luigi. Quest'ultimo nel frattempo ha compreso che soltanto la denuncia delle provvidenziali ovunque citate "manine" dei poteri oscuri potranno salvarlo da un definitivo responso fallimentare sull'esperienza al governo, con un "grazie, le faremo sapere". E Grillo gli fa eco, portando in giro un sinistro simulacro di mano che sembra portata via dalla Cappella di Sansevero del Principe di Sangro a Napoli.

Insomma, a Di Battista rimettere insieme i cocci, e non si dica che i due sono lì a recitare i rispettivi ruoli del doroteo (Gigi) e del movimentista (Ale), un copione prevedibile, soprattutto ora che la discussione verte sull'evidenza di un Salvini che ruba ai 5 Stelle consensi a costo zero con temi securitari che danno soddisfazioni immense al sentimento razzista e semplificatorio proprio di un paese che ha dato nome al fascismo, compresa una logorrea social che conferma l'istinto plebiscitario leghista, mentre quegli altri, i pentastellati, nonostante l'ufficio studi della Casaleggio sempre all'opera con la piattaforma Roussaeu sempre citata al pari del computer "Hal" di Kubrick, sono in cerca di una manica da cui tirare fuori i buoni-pasto del reddito di cittadinanza, i postulanti sono lì che attendono.

Diciamocelo, "Fette di sovranità", vale assai meno di "Prima gli Italiani". E infatti suggerisce la faccia del norcino (del "bujaccaro", per dirla alla romana) in luogo del titanico addetto alla macelleria, sia sociale sia culturale, questo per ribadire il gap che esiste tra gli obici leghisti e la tastiera standard pentastellata... Prosegue Alessandro Di Battista, "dobbiamo continuare ad avere quella genuinità che ha dimostrato nelle ultime ore Luigi". Traduzione: io ti darò di più. Perché "alla fine è questo che vogliono le persone. Non vogliono certo politicanti di professione, ma vogliono anche vedere che c'è qualcuno che a un certo punto si incazza, perché trova una cosa che non va. Viva la faccia".

Come dire, caro Di Maio, finora l'hai interpretata bene tu la parte, ma adesso rischiamo la caduta libera. D'altronde, giusto per fare un po' di storia, lo stesso Guglielmo Giannini, nel dopoguerra, con il Movimento dell'Uomo qualunque, dopo il vento, conobbe la bonaccia e l'implosione, e sotto il "torchietto" del suo simbolo c'era già il nonno di quelli che oggi "Dibba" dichiara vittime della "bancocrazia", se non proprio suo papà Vittorio che così garantisce: "Il potere assoluto datelo a me: e in sei mesi vi risolvo tutti i problemi. Potere assoluto, ho detto: non con Salvini. Lui è di destra, io sono fascista".

Comunque vada, il redivivo Di Battista può stare tranquillo, nella prospettiva della flessione a vantaggio dei sovranisti alle prossime elezioni europee Grillo gli ha già spianato una via di fuga dialettica, un nuovo deltaplano per tornarsene dove meglio vorrà: "Abbiamo creato un'arca di Noè per tutti i disadattati e i diseredati. Ma non pioveva. Adesso diluvia. Mi ritrovo ad essere il leader di un Movimento che addirittura governa il Paese. Ma io scherzavo". Nel frattempo, l'immagine del Quirinale indicato come Bastiglia da espugnare servirà a rassicurare il fedele moschettiere incoercibile.

Di tutte e cinque le stelle, ne rimarranno solo poche fette?

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