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Politica

Svolta maggioritaria di Matteo Salvini

Salvini a piazza del Popolo: da King al Papa, fino a "evviva gli spaghetti al ragù"

"All'alba vinceròòò". Attorno alle 12,00 Matteo Salvini ri-sale sul palco, stavolta senza felpa della Polizia, sulle note della Turandot, un grande classico dei leader in ascesa che sognano, promettono e prefigurano l'alba della vittoria. Mano sul petto, petto rigorosamente in fuori, dalla piazza si leva un fumo tricolore: "Vi ringrazio a nome di 60 milioni di italiani, voi siete l'avanguardia dell'orgoglio e della dignità di questo paese". Parte il coro, "Matteo, Matteo", uno dei tanti.

Diciamolo subito: piazza stracolma, manifestazione riuscita, anzi stra-riuscita. La novità non è solo il numero, ma la svolta impressa: dal sovranismo tout court, che si è alimentato con la protesta, alla vocazione maggioritaria di chi ambisce a fare il pieno alle Europee rivolgendosi a un mondo più vasto – "agli italiani, non solo ai leghisti" - e, in prospettiva, a governare da solo. Svolta che si realizza in un grande spettacolo, curato fin nel dettaglio, sia pur reso più composto dalla tragedia di Corinaldo, nelle Marche. Poco prima, sempre Salvini si era presentato per un rapido saluto, felpa della polizia e mani giunte, a mo' di preghiera, per ringraziare il suo popolo. E poco prima ancora, i maxischermi avevano appena finito di proiettare, nell'attesa, sempre lui: Salvini da Giletti, Salvini da Vespa, Salvini dalla D'Urso. E poi foto e video di Salvini in Russia, a Tripoli, in Europa, non il governo, i ministri, ma lui.

Perché questo è il punto: c'è il leader e il suo popolo. "Matteo", prima ancora della Lega, il leader, amato e idolatrato, vero elemento unificante di un popolo dai tanti dialetti, e dalle tante aspettative, per la prima volta nazionale, con i calabresi che arrivano in piazza prima ancora dei piemontesi. Alle nove di mattina sono già in prima fila sotto al palco. Popolo composito, Italia profonda, dove dentro trovi diavolo e acqua santa. Parli con un gruppo di piemontesi, fazzoletto della Padania al Collo, e ti spiegano che del tricolore non gliene frega niente e che, sulla manovra, hanno ragione gli imprenditori del Nord. A proposito, di tricolori in piazza ne sventolano davvero pochi. Parli con un gruppo della Brianza e ti dicono che "noi siamo quelli che lavorano e non si può dare un reddito a chi non fa un tubo nella vita". C'è Gennaro che, invece viene dal Pd e ora coordina un circolo della Lega nel Lazio: "Io feci le primarie con i giovani democratici e ora sto con Matteo perché sul lavoro è di sinistra, è per la tutela del posto di lavoro". La signora che votava Berlusconi e vorrebbe più "interlocutori" in Calabria. O il "fascista" di Albano, così si definisce, che dice "Salvini la pensa come me". E così via.

La Lega manifesta a Roma ma la piazza è solo per Salvini

Leader, popolo, e "salvinismo", un melting pot di politica, valori conservatori e sovranisti, massicce dosi di luoghi comuni, oggi più destra di governo che Le Pen, più rassicurante che minacciosa, passata dall'assalto al cielo "contro" l'Europa alla conquista per cambiarla, alle prossime elezioni. Tre anni fa, sempre a piazza del Popolo, scendevano dal Pincio le teste rasate di CasaPound, sventolando la tartaruga nera, mentre Salvini lanciava il suo "fronte no euro". Destra vera, incazzata, linguaggio d'antan, musica celtica per cuori forti, comizio che fu un turpiloquio. È un'era politica fa, quando la Lega lanciava la sua Opa ostile sul centrodestra. Oggi che la Lega è, di fatto, il centrodestra la svolta "moderata" è già nella musica, buonista e natalizia, Let it snow e All I want for Christmas is you, mai sentita negli umidi prati di Pontida o nei raduni dei sovranisti duri e puri. Musica per famiglie, linguaggio rassicurante, ambizione maggioritaria, di chi è pronto, prima o poi, a governare da solo.

"Buonsenso" è la parola chiave, scritta a caratteri cubitali sul palco. "Buonsenso" ripete Salvini più volte nel suo discorso, non indimenticabile, poco divertente, ma politicamente denso. Perché anche il luogo comune o il "buonsensismo" è politica. Matteo cita il "Buon Dio", in continuazione, il Santo Natale, auspica un paese dove "tornino a riempirsi le culle" e i genitori si chiamino papà e mamma, non "genitore uno e genitore due", si impegna finanche "a dare la vita per il nostro paese". Insomma, Dio, Patria, famiglia. Un paese ordinato ed educato dove sull'autobus si alza uno che vede una donna incinta, dove una ragazza con la minigonna può prendere la metro tranquilla e dove "non rischi che ti raschino la macchina i parcheggiatori abusivi se non gli dai due euro". E su questo passaggio l'applauso è scrosciante. Salvini non dice pressoché nulla sulla manovra, sui temi più caldi, cita "Luigi" una sola volta per la sintonia di questi mesi di governo, non nomina mai una sigla politica, abile surfista di luoghi comuni evita ogni profondità sulla politica, sul governo, sull'economia, sul mondo. È uno di loro che parla a loro.

E questa è una operazione politica, perché non c'è un uomo qualunque di centrodestra (e non solo) che, potenzialmente, non si riconosca in questo universo, auspicando culle vuote, maleducazione sugli autobus, macchine raschiate. La svolta è in due citazioni che danno il senso della nuova "vocazione maggioritaria", e non conflittuale, della Lega che ambisce a fare il pieno alle europee e, in prospettiva, a governare da sola, incarnando un polo nazionale: una frase di Giovanni Paolo II, "non di un pericoloso populista", sulla necessità di dare un'anima e una identità all'Europa e una di De Gasperi, quella famosa sulla differenza tra i politicanti che pensano "alle prossime elezioni" e gli "statisti che pensano alle prossime generazioni". Proprio l'Europa è il terreno della svolta. Sentite qui: "Qualcuno ha tradito il sogno europeo, noi daremo sangue e vene per una nuova Europa".

Non c'è, in queste parole, solo il cambio di clima e di approccio nel negoziato sulla manovra (ricordate i tempi del "Junker ubriacone" o del chissenefrega se lo spread va a 400). C'è qualcosa di più. C'è, appunto, la prospettiva di chi ambisce e si prepara, con le prossime elezioni europee, ad agire un ruolo non di testimonianza, ma di attore politico nei nuovi equilibri europei. Perché, spiegano nel retropalco, "noi, il nostro fronte, concretamente possiamo arrivare secondi superando i socialisti e a quel punto inizia tutta un'altra storia". Alle 13,15 riparte la Turandot. La folla a manifestazione finita è ancora lì, ferma, Immobile. Come dopo uno spettacolo riuscito.

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