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Esteri

Israele, con i raid aerei in Siria Netanyahu inizia la sua campagna elettorale

MARC ISRAEL SELLEM via Getty Images
MARC ISRAEL SELLEM via Getty Images 

Neanche una settimana dopo l'annuncio americano del rompete le righe in Siria. Neanche ventiquattr'ore dopo l'annuncio delle elezioni anticipate in Israele (fissate per il 9 aprile, sette mesi prima della scadenza naturale). I raid aerei nella notte di Natale dei caccia bombardieri con la stella di David in Siria hanno una valenza che va ben oltre l'aspetto militare. Quei raid sono, al tempo stesso, un messaggio lanciato a Washington, Mosca, Teheran, Damasco, Ankara: la decisione della Casa Bianca di riportare in patria i 2000 soldati statunitensi di stanza in Siria, non modificherà l'atteggiamento d'Israele: contrastare con ogni mezzo l'affermarsi della mezzaluna rossa sciita sulla direttrice Baghdad-Damasco-Beirut. Annota in proposito Amos Harel, analista militare di Haaretz: "L' attacco aereo alla Siria martedì attribuito a Israele è arrivato meno di una settimana dopo che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato il ritiro delle forze americane dal Paese. Il presunto attacco israeliano potrebbe essere stato alla ricerca di uno specifico obiettivo militare - bombardare i depositi di armi iraniani, per esempio - ma ha un più ampio contesto politico. Israele sta segnalando che dal suo punto di vista, è di nuovo il solito business: nonostante l'annuncio di Trump e nonostante la furia della Russia per il suo aereo Ilyushin abbattuto lo scorso settembre, Israele si ritiene libero di continuare a colpire obiettivi in Siria, quando necessario". E intanto, dalla Russia arrivano i primi segnali di tensione per quanto avvenuto a Damasco. Il ministero della Difesa russa, in una nota diffusa dal portavoce, il generale Igor Konashenkov, ha detto che i raid israeliani hanno messo in serio pericolo due aerei commerciali russi: uno mentre atterrava nella capitale siriana, l'altro in fase di arrivo a Beirut. "Gli atti provocatori compiuti dalle forze aeree israeliane hanno messo a rischio due voli civili, poiché i raid degli F-16 sono stati compiuti da territorio libanese", ha riferito Konashenkov. Secondo il ministero russo, le autorità di Damasco, non avendo adeguati sistemi antiaerei e per le interferenze radio, avrebbero deciso di deviare il traffico aereo sopra Damasco, facendo atterrare uno dei voli commerciali a Khmeimim, base russa nel nord-ovest della Siria. Il generale ha aggiunto che "per scongiurare la tragedia, sono state imposte limitazioni all'uso delle unità di contraerea e dei mezzi di guerra elettronica delle forze governative siriane, permettendo così ai controllori di volo di Damasco di portare fuori gli aerei civili dalla zona pericolosa e inviarli nella zona sicura della base aerea russa in Siria di Khmeimim.

Nel comunicato del ministero degli Esteri, la Russia si è definita "molto preoccupata" per i raid aerei compiuti da Israele, che rappresentano "una grave violazione della sovranità della Siria e delle disposizioni delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'Onu, inclusa la risoluzione 1701". Sulla stessa lunghezza d'onda la presa di posizione di Beirut. Il Libano è scampato per un soffio a una "terribile catastrofe" nella notte tra martedì e mercoledì, quando due aerei civili che si trovavano nello spazio aereo libanese hanno rischiato di essere colpiti dai caccia israeliani impegnati nei bombardamenti in Siria: a denunciarlo il ministro uscente ai Lavori pubblici, Yousse Fenjanos. Il ministro si è incontrato con il premier Said Hariri: al termine dell'incontro, Beirut ha annunciato di presentare alle Nazioni Unite una mozione contro Israele. Foto pubblicate sui social hanno mostrano l'esplosione di un missile antiaereo nelle vicinanze della città israeliana di Hadera. Nel 2011, l'esercito israeliano ha più volte bombardato installazioni militari del regime di Bashar al-Assad e dei suoi alleati come Iran o il movimento libanese scita Hezbollah, vicino a Teheran. L'agenzia ufficiale siriana Sana ha riferito che "un certo numero di obiettivi nemici è stato abbattuto" dalla difesa antiaerea. "Si tratta di bombardamenti israeliani", ha riferito alla France Press il direttore dell'Osservatorio siriano per i diritti umani, Rami Abdel Rahman. Aerei da guerra israeliani "hanno lanciato missili contro tre obiettivi", ha aggiunto Abdel Rahman, spiegando che gli obiettivi dei raid, effettuati dallo spazio aereo libanese, erano depositi di armi a sud e a sud-ovest di Damasco, appartenenti a Hezbollah o alle forze iraniane. Una cosa è certa: il dietrofront americano non è destinato a stabilizzare il "fronte siriano". Semmai, il contrario. I raid aerei israeliani ne sono una riprova. E segnali di guerra giungono anche da Ankara. Oltrepassare il confine e ilprima possibile. La Turchia ha annunciato che presto entrerà nel Nord della Siria, nel Kurdistan siriano. Da giorni le truppe di Ankara sono in viaggio verso il confine in quella che, di fatto, è un'accelerata nell'operazione militare contro le milizie curdo-siriane che hanno combattuto l'Isis a fianco degli Stati Uniti. Tutto mentre Washington ha formalmente iniziato le operazioni di ritiro delle truppe dalla Siria considerando finita la lotta allo stato islamico e lasciando, di fatto, mano libera ad Erdogan nel Kurdistan siriano. E qui rientra in gioco ancora Israele. Domenica scorsa la ministra della Giustizia israeliana, Ayelet Shaked ha affermato alla Radio militare che il ritiro delle truppe americane dalla Siria è una decisione sbagliata e che spera che la comunità internazionale non permetta alla Turchia di "massacrare i curdi". "I curdi sono grandi eroi", ha rimarcato Shaked "grazie a loro e solo grazie a loro l'Occidente è riuscito a sconfiggere il cosiddetto Stato islamico". Per poi aggiungere: "Sono nostri alleati e spero che vinceranno nella loro battaglia contro i turchi. Spero che la comunità internazionale impedisca a Erdogan di massacrare i curdi in Siria". Quanto al ritiro americano, la ministra israeliana non usa mezzi termini: "Questa decisione non aiuta Israele. Piuttosto rafforza Erdogan, un criminale di guerra antisemita che compie massacri del popolo curdo, e lo fa strizzando l'occhio alla comunità internazionale".

Nel frattempo, la Casa Bianca ha confermato che il presidente Trump è stato invitato dal suo omologo turco Recep Tayyip Erdogan a visitare la Turchia il prossimo anno, aggiungendo: "Sebbene non sia in programma nulla di definitivo, il presidente è aperto a un potenziale incontro in futuro". L'altro ieri il portavoce presidenziale turco Ibrahim Kalin aveva detto che Erdogan ha esteso l'invito a Trump durante una telefonata nel fine settimana tra i due presidenti sul ritiro delle truppe americane dalla Siria. Nel giorno di Natale Trump ha scritto su Twitter di aver avuto una "lunga e produttiva" chiamata con Erdogan nella quale hanno discusso del "lento e altamente coordinato" ritiro del personale militare Usa. Un possibile asse Washington-Ankara allarma Gerusalemme. "La presenza delle truppe statunitensi nelle aree controllate dai curdi nella Siria orientale ha finora impedito a Teheran di completare quell'arco sciita che porterebbe l'influenza dell'Iran fino al Mediterraneo, passando senza soluzione di continuità attraverso l'Iraq, la Siria e il Libano – rimarca sul Jerusalem Post Herb Keimon, analista di punta del JP -. La presenza degli Stati Uniti nella Siria orientale era ciò che impediva a Teheran di trasportare armi moderne e potenti via terra, lungo quell'arco, fin nelle smaniose mani di Hezbollah in Libano. Era dunque una zona cuscinetto di importanza cruciale. Come ha detto l'ex vice capo di stato maggiore israeliano Yair Golan in una conferenza sul Mediterraneo orientale la scorsa settimana, 'abbiamo bisogno della massima presenza possibile degli Stati Uniti nella regione, soprattutto in Iraq e nella parte orientale della Siria: con la presenza americana e il sostegno americano ai curdi, possiamo in qualche modo contenere il peso dell'Iran nella regione, cosa che è estremamente importante".

Per proseguire: "La presenza americana era anche una carta che poteva essere giocata con i russi per convincerli a sospingere gli iraniani fuori dalla Siria. I russi non gradiscono la presenza americana nell'area e, di conseguenza, gli Stati Uniti potevano dire: "Usate la vostra influenza per far uscire l'Iran, e noi ce ne andremo". Ma ora gli Stati Uniti se ne stanno andando senza che i russi – perlomeno a quanto è dato sapere – stiano facendo nulla per far uscire gli iraniani". Le conclusioni a cui giunge l'analista del Jerusalem Post aprono scenari inquietanti quanto realistici: "Israele, ha affermato mercoledì Netanyahu rilasciando un commento molto contenuto all'annuncio americano, saprà come difendersi anche con le truppe Usa fuori dalla Siria e lasciato da solo ad affrontare le enormi sfide e minacce che si profilano in Siria: dalla presenza russa a quella dell'Iran. Uno dei modi a cui Israele potrebbe fare ricorso per difendersi è quello di agire contro il braccio iraniano rappresentato da Hezbollah in Libano. La performance dell'ambasciatore d'Israele Danny Danon al Consiglio di Sicurezza aveva lo scopo di guadagnarsi la legittimazione internazionale per questa eventuale opzione, un'opzione che il ritiro delle truppe Usa dalla Siria – se effettivamente attuato – potrebbe rendere più probabile. Se, a seguito del ritiro delle truppe americane dalla Siria, l'Iran sarà in grado di trasferire più facilmente a Hezbollah potenti missili di precisione, allora le probabilità di un'azione israeliana all'interno del Libano diventeranno meno remote. Ora, dopo la riunione di mercoledì del Consiglio di Sicurezza, il mondo è avvertito". Sicurezza e colonizzazione: la doppia carta giocata da Benjamin Netanyahu. Israele ha approvato i piani per la costruzione di circa 2.200 alloggi per coloni in Cisgiordania. Lo riferisce la ong Peace Now. Si tratta del primo via libera del genere da quando è stato annunciato che lo Stato ebraico andrà al voto anticipato ad aprile del 2019. Una commissione del ministero della Difesa con responsabilità per progetti di questo tipo ha approvato i piani martedì e mercoledì. Gli insediamenti dei coloni giocano un ruolo centrale nelle politiche della destra israeliana. Così come il pugno di ferro contro Damasco ed Hezbollah.

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