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Cronaca

Violenza e razzismo, calcio illegale e politica impotente. "A 12 anni dalla morte di mio marito non è cambiato nulla"

Un problema di ordine pubblico, d'altronde, è affare del ministro dell'Interno. Ma Matteo Salvini tace sul caso Koulibaly e dedica alla morte di Daniele Belardinelli lo stesso spazio che concede all'arancino mangiato a Catania: un tweet per dire che "non si può morire per andare a vedere una partita di pallone" e annunciare la volontà di convocare i club di A e B e i responsabili dei tifosi di tutta Italia per "vedere di fare quello che non sono riusciti a fare altri". Poi l'incontro a Catania con la vedova Raciti, che poi parla all'AdnKronos: "Mi ha promesso un impegno in più contro la violenza nel mondo del calcio. Bisogna investire di più nella cultura, nella scuola e nell'informazione. Non mi stupisco se a 12 anni dalla morte di mio marito il linguaggio è sempre quello. Mio marito tornava a casa sempre ferito, fin quando non è più tornato".

Il 26 dicembre doveva essere la giornata di campionato dedicata alle famiglie, nel pieno delle feste. E invece il "boxing day" ha regalato razzismo e violenza, morte e arresti. Riportando il mondo del calcio al punto di partenza, quello del luogo senza regole in cui tutto è possibile. Dove Inter-Napoli diventa terreno di sfogo dell'odio fra Nord e Sud Italia, fra polentoni e terroni. Dove riecheggiano senza sosta cori che esortano il Vesuvio a fare il suo lavoro contro i napoletani o i classici buuu razzisti per irretire gli avversari di colore. Dove si tollera che le tifoserie siano comandate da esponenti delle fazioni politiche più estreme e violente e i club prendono le distanze a parole, ma mantengono legami di sudditanza con gli ultras. Dove le risse tra tifosi sono organizzate al punto da vedere protagonisti anche tifosi provenienti da oltre frontiera in nome delle tante e diverse alleanze tra le curve in Europa.

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"Sempre più spesso assistiamo a pericolose commistioni tra tifoserie diverse per alleanze estemporanee al fine di regolare conti come nelle peggiori tradizioni criminali " spiega Girolamo Lacquaniti, portavoce dell'Associazione nazionale funzionari di polizia, che parla di una "violenza che ha ripreso già da qualche mese a caratterizzare gli incontri di calcio". Il Viminale snocciola i dati, che dicono che non è tanto lo stadio a far paura: dentro gli impianti le violenze sono state limitate. Quello che preoccupa, è quanto accade al di fuori, nelle aree di servizio lungo le autostrade e nelle stazioni ferroviarie, nei grandi parcheggi nelle periferie delle città e negli svincoli di tangenziali e superstrade, fino all'ingresso dello stadio, perché è qui che gli ultrà hanno spostato il loro campo di battaglia.

Nel Governo è il sottosegretario Giancarlo Giorgetti, con delega allo sport, a parlare. Chiede al calcio "un'inversione di rotta", oltre a "punizioni esemplari", di "programmare a mezzogiorno e non la sera le gare a rischio e di chiudere le curve" piuttosto che sospendere le gare, con i problemi di evacuazione degli stadi. Poi rimanda tutti al tavolo proposto da Salvini con tutti i soggetti competenti, definendolo "utile e urgente". Passano poche minuti dalle parole del sottosegretario e il mondo del calcio annuncia la decisione di andare avanti, dopo aver ascoltato anche il parere del Governo. Sabato tutti in campo. Si riparte male, con la stessa sanzione per chi ha insultato e per chi è stato insultato: due giornate di squalifica alla curva dell'Inter e due giornate di stop a Koulibaly. Tanto poi basterà una finta di Cristiano Ronaldo o un rigore non dato a passare un colpo di spugna su tutto.

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