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Esteri

Corrida venezuelana. L'Europa si schiera, l'Italia litiga. Scontro Di Battista-Salvini

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In mezzo al guado del Venezuela. Con un premier a lungo silente, a fronte dei pronunciamenti ai massimi livelli dei partner europei. Con Matteo Salvini e Alessandro Di Battista che si trovano sui due fronti della barricata, dando plasticamente l'immagine della distanza di Lega e 5 Stelle. Il primo favorevole all'ultimatum a Nicolas Maduro, il secondo convinto che sia una "stronzata galattica". Di fatto silenziati il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi - "stiamo lavorando in stretto collegamento con gli altri Governi dell'Unione Europea" ha detto il titolare della Farnesina solo due giorni fa - che avrebbero seguito subito la linea concordata da Madrid, Parigi, Berlino, a cui si sono uniti prima Londra e poi la Commissione Ue: "Otto giorni per indire le elezioni in Venezuela oppure riconosceremo Juan Guaidò", il presidente del Parlamento che si è autoproclamato presidente a Caracas e ha proclamato "usurpatore" Nicolas Maduro.

L'Europa avrebbe dovuto toglierci la "castagna venezuelana" dal fuoco, ma la speranza si è dissolta come neve al sole. E non poteva essere altrimenti, visto che Bruxelles non avrebbe potuto, neanche se ne avesse avuto intenzione, partorire una posizione accettabile per i leghisti pro-Guaidò e i pentastellati alla corte, o quasi, di Maduro.

Ma l'Italia ha scelto di tacere il più possibile, mentre si pronunciavano a stretto giro il presidente francese Emmanuel Macron, il premier spagnolo Pedro Sanchez e la cancelliera tedesca Angela Merkel, e successivamente il ministro degli Esteri britannico Jeremy Hunt e l'Alto rappresentante Ue per la politica estera, Federica Mogherini, a nome dell'intera Unione Europea. Una presa di posizione che da Roma non arriva fino a sera, quando Giuseppe Conte parla di "un processo politico ordinato" che consenta al popolo venezuelano di votare presto, ma prende le distanze da un "impositivo intervento di Paesi stranieri", che "possa diventare terreno di confronto e divisioni tra attori globali". E poco dopo Enzo Moavero dice invece che "ci riconosciamo pienamente nella dichiarazione comune che gli Stati membri dell'Ue hanno diffuso oggi sulla situazione in Venezuela, alla redazione della quale abbiamo partecipato". Posizione ufficiale difficile da conciliare con quella del sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano che dice che senza ultimatum "l'Italia offre di mediare tra Maduro e opposizioni per una transizione politica verso nuove elezioni in Venezuela, nei tempi e nei modi più adatti".

"Hanno fatto bene" aveva detto Matteo Salvini, ministro dell'Interno con soventi sconfinamenti negli affari esteri, "Maduro sta piegando con la violenza e con la fame un popolo e lo dico perché ci sono anche tanti italiani in Venezuela che stanno soffrendo, quindi spero che anche il Governo italiano abbandoni ogni prudenza e sostenga il popolo venezuelano, il diritto a libere elezioni, alla democrazia". Salvini dice la sua, ma anche secondo Guglielmo Picchi, sottosegretario leghista agli Affari Esteri con delega al Sud America "non possiamo permetterci di prendere una posizione netta in questo momento. Gli equilibri politici a Caracas non sono ancora definiti e ogni nostra decisione potrebbe compromettere l'incolumità dei nostri connazionali".

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Per il Movimento 5 Stelle è ancora più complessa la decisione. "Firmare l'ultimatum Ue al Venezuela è una stronzata megagalattica" dice senza diplomatichese Alessandro Di Battista, sottolineando che sarebbe "lo stesso identico schema che si è avuto anni fa con la Libia e con Gheddafi. Identico. Qua non si tratta di difendere Maduro. Si tratta di evitare un'escalation di violenza addirittura peggiore di quella che il Venezuela vive ormai da anni. E mi meraviglio di Salvini che fa il sovranista a parole ma poi avalla, come un Macron o un Saviano qualsiasi, una linea ridicola".

La controreplica arriva ben presto: "Di Battista ignora e parla a vanvera - dice Salvini - non solo milioni di venezuelani, ma anche migliaia di Italiani soffrono da anni la fame e la paura imposti dal regime di sinistra di Maduro. Prima tornano diritti, benessere e libertà in Venezuela, meglio sarà per il popolo".

Così, mentre le opposizioni premono per una presa di posizione netta - con il Pd particolarmente attivo, da Matteo Renzi a Piero Fassino, perché si chiedano elezioni "libere e regolari - si capisce il perché Palazzo Chigi si attesti ora sulla linea "né con il golpe né con il regime", ora su quella dell'Europa. In politica estera, confida ad HuffPost un ex diplomatico di lungo corso, "dire che non possiamo permetterci di prendere una posizione netta in questo momento è una ammissione d'impotenza che equivale ad un clamoroso autogol politico, è autocondannarsi all'irrilevanza". A Roma si fa gioco d'equilibrio, per non scontentare nessuno. Ma forse si finisce per scontentare tutti.

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