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Esteri

Yemen, così le armi americane finivano ad al-Qaeda attraverso Riyadh e Abu Dhabi

Mohammed Hamoud via Getty Images
Mohammed Hamoud via Getty Images 

Alla faccia della guerra al terrorismo. Nel martoriato Yemen, armi americane sono finite nelle mani di qaedisti, salafiti e miliziani della branca locale dell'Isis. E non per furti e saccheggi, ma perché quelle armi che gli Usa hanno venduto ad Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti, sono state distribuite da Riyadh e Abu Dhabi ai loro impresentabili, ma attivi, partners nella coalizione sunnita che da anni combatte, a suon di stragi di civili, la minoranza sciita Houthi, a sua volta sostenuta militarmente dall'Iran. A rivelarlo è un report della Cnn.

"L'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi, il suo principale partner nella guerra (allo Yemen), hanno usato armi fabbricate negli Stati Uniti come valuta per comprare la lealtà delle milizie e delle tribù, rafforzando gli attori armati di loro scelta e influenzare il complesso panorama politico, secondo i comandanti militari sul campo di battaglia e gli analisti che hanno parlato con laCnn". Nel report esclusivo in onda sulla emittente televisiva americana ieri, si è anche sottolineato che il movimento popolare yemenita Ansarollah è riuscito a recuperare alcune armi e avere accesso ai blindati venduti negli Emirati Arabi Uniti, "rivelando alcuni dati sensibili tecnologi degli Usa all'Iran.""Com'è facile accedere alle armi high-tech statunitensi! [...] Ecco come gli alleati degli Stati Uniti stanno rendendo l'America meno sicura!" osservano gli autori dell'inchiesta.

Il trasferimento di armi è stato effettuato con la violazione degli accordi tra i sauditi e gli americani. Il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha spiegato alla Cnn che un'indagine è attualmente in corso. Una "spiegazione" che viene ufficializzata con un comunicato del Pentagono.

"Quando un caccia F-15 saudita decolla dalla base aerea di King Khalid, nel sud Arabia Saudita per effettuare attacchi nello Yemen, non solo l'aereo e le bombe sono americane, ma la meccanica e tecnici di servizio degli aerei sono anche dagli Stati Uniti", aveva rimarcato in un articolo del dicembre scorso il New York Times. I tecnici statunitensi, si legge nell'articolo, aggiornano il software utilizzato dagli aerei da guerra per designare obiettivi e altre tecnologie classificate, che l'Arabia Saudita non può toccare. Molto probabilmente i piloti sono stati addestrati dall'Aeronautica degli Stati Uniti, si aggiunge."Le impronte digitali degli Stati Uniti si trovano in tutti gli attacchi aerei nello Yemen", ha lamentato il NYT. "Assistendo l'Arabia Saudita in Yemen, gli USA hanno rinforzato al-Qaeda nella penisola arabica, aumentato l'influenza iraniana nello Yemen, minato la sicurezza saudita, condotto lo Yemen a un passo dal collasso e inflitto morte e sofferenza al popolo yemenita", rimarca Perry Cammack, della Carnegie Endowment,Un rapporto dell'Onu ha di recente sostenuto che l'Arabia Saudita stia usando la carestia come un'arma. Il blocco degli aiuti, riporta Human Rights Watch, "ha impedito ai civili l'approvvigionamento di cibo, benzina e medicine, in violazione della legge internazionale". Ma i crimini della coalizione non si fermano qui. Matthew Reisener del Center for the National Interest dichiara che "ci sono prove sufficienti per dire che l'Arabia Saudita stia colpendo deliberatamente le infrastrutture civili per costruire una crisi umanitaria nelle zone dello Yemen controllate dagli Houthi. Centinaia di bombardamenti aerei hanno preso di mira fattorie, mercati, magazzini di cibo, e oltre duecento navi da pesca sono state distrutte dai bombardamenti della coalizione". Anche gli Emirati Arabi Uniti (EAU) sono coinvolti in questo orrore. Lo scorso giugno, Human Rights Watch e Associated Press hanno riportato che Abu Dhabi e suoi alleati localidirigono 18 prigioni segrete nel sud dello Yemen, dove i prigionieri vengono torturati. Secondo AP: "Centinaia di uomini travolti nella caccia ai militanti di al-Qaeda sono scomparsi in una rete segreta di prigioni nello Yemen meridionale, dove gli abusi e le torture sono di routine". Le forze americane hanno alloggiato in alcune di queste prigioni segrete, nonostante gli ufficiali Usa smentiscano qualunque coinvolgimento nella violazione dei diritti umani. Non basta. Nel novembre 2017, l'Organizzazione araba per i diritti umani (Aohe), una Ong con sede nel Regno Unito, ha presentato una denuncia contro gli Emirati alla Corte penale internazionale (Icc) sui suoi "attacchi indiscriminati contro i civili" nello Yemen.

L'accusa, secondo quanto riferito dal portavoce Joseph Breham, riguarderebbe l'uso di bombe a grappolo acquistate dagli Usa e utilizzate contro i ribelli Houthi del Nord.Sarebbe sotto osservazione anche l'impiego di mercenari dell'esercito emiratino nelle prigioni di Mukalla, dove avrebbero condotto interrogatori con torture ed esecuzioni sommarie, nonché trasferimenti di prigionieri nella loro base di Assab in Eritrea.L'Arabia Sauditanon è stata maisanzionataper i bombardamenti e, come se non bastasse, si è sempre opposta alla creazione dicorridoi umanitariper permettere di inviare cibo e medicinali alla popolazione civile. Gli autori dell'inchiesta della Cnn hanno documentato che le armi made in Usa sono state utilizzate in una serie di sanguinosi attacchi della coalizione a guida saudita che hanno provocato la morte di centinaia di civili, molti dei quali bambini. Una conferma in più che le prime vittime della guerra civile sono i bambini. Come riferisce l'Ong Save The Children che opera nel Paese, un milione e mezzo di minori, cioè uno su dieci, è stato costretto a lasciare la propria casa, esponendosi così a gravi rischi come fame, malattie e violenza. Simbolo di questa catastrofe umanitaria è la piccola Amal morta di fame a novembre 2018."Solo nel governatorato di Hodeidah, teatro di alcuni dei peggiori combattimenti nel Paese - afferma l'associazione in una nota - negli ultimi sei mesi sono stati più di mezzo milione i bambini sfollati, una media di oltre 2.000 bambini ogni giorno da giugno 2018. I civili in fuga dalle violenze affrontano viaggi in cui la loro vita è costantemente a rischio. Il pericolo più immediato è la morte o il ferimento a causa di armi esplosive che sono state usate indiscriminatamente da tutte le parti in conflitto, con scarso rispetto degli obblighi di legge previsti per proteggere la popolazione civile".Solo nella seconda metà del 2018, sono stati registrati almeno25 attacchi contro gli sfollati interni. In ogni caso, nei campi per rifugiati, anche se in zone sicure, "i bambini rischiano malnutrizione e malattie in un Paese in cui il sistema sanitario è quasi collassato e circa 14 milioni di persone sono sull'orlo della carestia". Save the Children stima che 85.000 bambini sono già morti per fame estrema dal 2015. Alla tragedia della guerra si aggiunge quanto documentato in un articolo del New York Times dello scorso 28 dicembre come riportato dal quotidiano, la coalizione guidata dall'Arabia Saudita avrebbe arruolato tra le proprie truppe un numero di bambini soldato provenienti dal Sudan stimato tra le 3.000 e le 6.000 unità.

Dal 2015 infatti l'Arabia Saudita offrirebbe a molte famiglie sudanesi, spesso provenienti dalla regione del Darfur, povera e afflitta da una guerra civile terminata nel 2010, somme ammontanti a circa 10˙000 dollari in cambio dell'invio dei propri figliin Yemen. Spesso le famiglie corrompono funzionari militari locali per facilitare la partenza dei figli. Oltre ai bambini, che compongono una percentuale compresa tra il 20 % e il 40 % dei sudanesi assoldati dai sauditi, stimati in 14˙000 unità, vengono ingaggiati mercenari appartenenti alle Forze di Supporto Rapido, un'organizzazione paramilitare legata al governo sudanese accusata di stupri, esecuzioni di massa e altri crimini di guerra durante il conflitto del Darfur: che Arabia Saudita ed Emirati arabi uniti abbiano reclutato mercenari africani per combattere contro i miliziani sciiti Houthi in Yemen, lo riporta anche l'emittente francese Radio France Internationale (Rfi), precisando di aver appreso che Ciad e Uganda hanno inviato propri uomini da mesi e si accingerebbero a inviarne altri. Se Kampala ha smentito la notizia, N'Djamena ha preferito invece non commentare.Gli appelli accorati di Papa Francesco, rilanciati anche nel corso della sua storica visita ad Abu Dhabi, per porre fine allo strazio yemenita, non possono cancellare la realtà che la stessa inchiesta della Cnn ha riaffermato: quella in Yemen, è una guerra "dimenticata" per vendere armi al Regno saudita e alle petromonarchie del Golfo (Eau in testa) che fanno parte della coalizione sunnita.

Un discorso che riguarda, eccome, anche l'Italia. Anchebombe prodotte in Italia, infatti,sono state utilizzate in questi anni di violento conflitto,come confermato dal recente Rapporto delle Nazioni Unite sul conflitto nello Yemen dove si mostrano le prove dell'utilizzo di bombe targate RWM da parte della coalizione araba nella capitale Sana'a..". "Fermare la fornitura di armamenti alle forze militari della coalizione guidata dall'Arabia Saudita – sottolinea a sua volta Oxfam – è un dovere nazionale, è una decisione di responsabilità, è dimostrare che l'Italia mette la pace, la sicurezza e la difesa dei diritti umani al centro della propria politica estera e di difesa". Diversi Paesi europei con cui l'Italia è alleata, tra cui Germania, Svezia e Olanda, già da tempo hanno interrotto le forniture di sistemi militari all'Arabia Saudita, in particolare quelle impiegate dall'aviazione saudita in Yemen. "Fin da gennaio – denuncia Giorgio Beretta dell'Osservatorio sulle armi di Brescia (Opal) - le Nazioni Unite hanno reso noto un rapportonel quale non solo documentano che 'la coalizione guidata dall'Arabia Saudita non ha rispettato il diritto umanitario internazionale in almeno 10 attacchi aerei diretti su abitazioni, mercati, fabbriche e su un ospedale', ma certificano che diversi di questi attacchi sono stati compiuti con bombe di fabbricazione italiana denunciando, senza mezzi termini, che queste azioni militari 'possono costituire crimini di guerra' ('may amount to war crimes'): che è il massimo che può dire un gruppo di esperti, perché non è un tribunale". "Il governo italiano è contrario alla vendita di armi all'Arabia Saudita per il ruolo che sta svolgendo nella guerra in Yemen. Adesso si tratta solamente di formalizzare questa posizione e di trarne delle conseguenze", aveva affermato il premier Giuseppe Conte durante la conferenza stampa di fine anno. Da quel 28 dicembre 2018 sono trascorsi 35 giorni. E la "formalizzazione" non è ancora arrivata.

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