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Economia

Asse Meloni-M5S per nazionalizzare Bankitalia

La sede della Banca d'Italia, Palazzo KochANSA/ALESSANDRO DI MEO
La sede della Banca d'Italia, Palazzo KochANSA/ALESSANDRO DI MEO 

È stato incardinato in Commissione Finanze alla Camera la proposta di legge di Fratelli d'Italia (a prima firmataria Giorgia Meloni), per "l'attribuzione a soggetti pubblici della proprietà" della Banca d'Italia. A destare interesse è il fatto che la relatrice al provvedimento sia un esponente della maggioranza, Francesca Ruggiero dei 5 stelle, che sposa l'obiettivo di "riportare l'istituto in mani pubbliche".

Sono ancora da definire il parere sui contenuti del provvedimento e il termine per la presentazione degli emendamenti, mentre il sottosegretario all'Economia, Alessio Villarosa (M5s), interpellato da Radiocor a margine dei lavori, precisa che l'esecutivo si esprimerà sulla base di un'intesa tra i due alleati. Ricorda allo stesso tempo, di aver depositato una norma con analoghe finalità nella scorsa legislatura.

La deputata Ruggiero preannuncia un ciclo di audizioni e si pone l'obiettivo di portare all'Aula di Montecitorio la proposta di legge entro marzo. Il testo prevede di smontare l'attuale assetto proprietario di via Nazionale, abrogando le norme del decreto legge 313 del 2013, trasferendo al Ministero dell'Economia le quote di capitale della Banca d'Italia detenute da soggetti privati. Quote che comunque il Ministero sarà autorizzato a cedere, al valore nominale, esclusivamente a soggetti pubblici. La norma, fanno rilevare i tecnici del servizio studi della Camera, "dispone il trasferimento delle quote ex lege, ad un valore nominale sensibilmente inferiore all'attuale e sembra plausibile ritenere che dalla riduzione forzosa del valore delle quote discenda l'obbligo di indennizzare gli attuali partecipanti secondo i principi generali dell'ordinamento, in quanto tali soggetti privati sono titolari di posizioni giuridiche tutelate ex lege". Gli esperti di Montecitorio fanno inoltre presente che, "successivamente alla riforma del 2013, sono state negoziate quote di partecipazione in misura pari al 33% circa del capitale della banca, nella generalità dei casi al valore fissato 'ex lege' di 25mila euro, per un controvalore complessivo delle operazioni pari a circa 2,5 miliardi".

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