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Esteri

Il caso Khashoggi è ormai nel cassetto, Mbs va alla conquista dell'Asia

ASSOCIATED PRESS
ASSOCIATED PRESS 

MbS è tornato in campo. Un campo "mondiale", potenza dei petrodollari e della diplomazia degli affari, a partire dagli armamenti, che hanno la meglio sulla richiesta di fare luce su esecutori e, soprattutto, i mandanti del brutale assassinio – il 2 ottobre nel consolato saudita a Istanbul – del giornalista e dissidente saudita Jamal Khashoggi. Mohamed bin Salman fa le cose in grande: dai contratti miliardari stipulati con India e Pakistan all'acquisto, ipotizzato dalla stampa britannica, del Manchester United, per non parlare della realizzazione del grande sogno del Regno: dotarsi dell'atomica sunnita. Pakistan, India, per concludere in Cina: il tour asiatico di MbS non poteva avere mete più importanti: potenze nucleari, economie in espansione, tutte interessate a stringere accordi con il Regno Saud.

In India l'erede al trono saudita ha incontrato a Nuova Delhi il primo ministro Narendra Modi. I due hanno evidenziato la crescita delle opportunità di investimento. Bin Salman ha affermato che dal 2016, quando Modi ha visitato Riyadh, l'Arabia Saudita ha investito 44 miliardi di dollari in India e che nei prossimi anni punta a investirne più del doppio in vari settori. "Crediamo che le opportunità in India valgano più di cento miliardi di dollari. Insieme vogliamo fare in modo che questi investimenti vadano a beneficio sia dell'India che dell'Arabia Saudita", ha dichiarato il principe ereditario. "Vogliamo diversificare in aree diverse da quella petrolchimica", ha aggiunto. Riguardo alla diversificazione, MbS ha riferito che la visita del premier indiano del 2016 ha dato impulso a investimenti nel digitale: "Sappiamo che l'India è forte nel settore delle tecnologie informatiche e in Arabia Saudita siamo molto interessati al settore It e ne abbiamo tratto vantaggio". Lo stesso schema l'erede al trono del Regno era stato applicato con il Pakistan.

Arabia Saudita e Pakistan hanno concluso diversi accordi su investimenti e commercio per un valore complessivo di 20 miliardi di dollari. A Islamabad l'erede al trono saudita ha incontrato il premier pakistano, Imran Khan, col quale ha sottoscritto un documento di intesa nei settori dell'energia e dell'agroalimentare. "Riyadh ha firmato un accordo che prevede la fornitura di greggio e di altri prodotti petroliferi per rispondere al fabbisogno energetico del Pakistan", ha twittato domenica 17 febbraio il Ministro per l'Energia saudita Khalid al-Falih. MbS ha avuto due incontri privati, uno con il primo ministro Imran Khan, e l'altro con il capo dell'esercito Qamar Javed Bajwa, dimostrando in questo modo il sostegno alle due leve del potere in Pakistan. La presenza di MbS rafforza i legami militari tra Arabia Saudita e il vecchio alleato, portando nuova linfa a una relazione lunga 40 anni che ha subito degli strappi in tempi recenti.

L'accordo più rilevante siglato da MbS con il Pakistan ha per oggetto la costruzione di un complesso per la raffinazione di petrolio da 10 miliardi di dollari nel porto di Gwadar, snodo fondamentale del corridoio economico Cina-Pakistan e progetto centrale della vastissima rete di infrastrutture cinese. Investire nella logistica e nelle infrastrutture petrolifere e di gas di Gwadar è un obiettivo anche degli Emirati, che hanno in programma un impianto per la raffinazione di petrolio da 5-6 miliardi di dollari. L'hub di Gwadar promette di accelerare i collegamenti nella regione, avvicinando la Cina al Medio Oriente e all'Africa e accorciando una distanza di 3.400 chilometri...".

La terza e ultima tappa della tournée asiatica di MBS è Pechino. Assieme a Xi Jinping il principe ereditario l'obiettivo è mettere a segno un altro importante colpo di diplomazia economica: un aumento del ruolo saudita nell'iniziativa cinese "One Belt One Road", il progetto di una nuova via della seta che permetterebbe a Pechino di aumentare la propria penetrazione commerciale in Eurasia, con il fondamentale aiuto dei petrodollari di Riyadh. Non solo. "Negli ultimi anni, la Cina e l'Arabia Saudita hanno mantenuto un forte impulso di sviluppo, infrastrutture e spazio satellite", ha affermato il portavoce del ministero degli esteri cinese Geng Shuang. Una visita molto significativa, se si considera che il tradizionale alleato della Cina in Medio Oriente è sempre stato l'Iran, come confermano gli incontri degli scorsi giorni. Ma con questa mossa da una parte bin Salman cerca di diversificare il suo business in un Paese assetato di crescita, dall'altra parte la Cina prova ad estendere i suoi affari anche nel Golfo, la qual cosa non sarà certo apprezzata degli Stati Uniti che hanno in Riyadh il principale alleato nell'area.

Già lo scorso dicembre, in un incontro a margine del G20 in Argentina, Xi incontrando MbS aveva detto che la Cina sosterrà lo sviluppo economico del regno, lodandone la stabilità come "pietra angolare" della prosperità e del progresso nel Golfo. In una dichiarazione rilasciata dal ministero degli Esteri cinese, il presidente Xi afferma che "la Cina sostiene fermamente l'Arabia Saudita nella sua spinta alla diversificazione economica e alle riforme sociali, e fornisce sostegno su questioni che riguardano i loro interessi principali". La dichiarazione di Xi non menzionava l'omicidio di Khashoggi, né il conflitto in corso nello Yemen, nel quale Riyadh svolge un ruolo di primo piano.

Con il suo viaggio in Asia, MbS ha lanciato un messaggio chiaro all'Occidente: se insistete sui diritti umani e sull'affaire Khashoggi, siamo pronti a sostituirvi, negli affari, con altre potenze meno "esigenti" su questi temi. Un avvertimento che non ha lasciato indifferente il primo alleato di MbS al mondo: Donald Trump. Dopo aver venduto a Riyadh armamenti per 110 miliardi di dollari (l'obiettivo però è ancor più ambizioso, ed è quello di arrivare alla cifra record di 350 miliardi di dollari in dieci anni) The Donald sembra volersi spingersi oltre, coronando il sogno del Regno: acquisire l'atomica sunnita. La conferma viene dalla notizia che la Camera dei Rappresentanti Usa sta indagando su un piano della Casa Bianca per la vendita di tecnologia nucleare all'Arabia Saudita.

Secondo il rapporto preliminare della commissione Supervisione della Camera - che è titolare dell'inchiesta - Donald Trump avrebbe ignorato gli advisor interni alla Casa Bianca che gli segnalavano possibili conflitti di interesse e violazioni. La legge Usa prevede clausole di sicurezza stringenti sulla vendita di tecnologia nucleare che può essere facilmente trasformata in armi atomiche. Il presidente della commissione di Supervisione della Camera, il democratico Elijah Cummings, ha chiesto alla Casa Bianca di fornire documentazione, compresa quella relativa ad un incontro - due mesi prima dell'insediamento di Trump - tra suo genero e consigliere Jared Kushner e il potente MbS che sarebbe poco dopo diventato principe ereditario dell'Arabia Saudita. Dal rapporto emerge che "forti privati interessi commerciali avrebbero fatto pressioni aggressive" per il trasferimento ai sauditi di tecnologia nucleare Usa. Tra i fautori del piano, l'ex consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, Michael Flynn. Il progetto prevede la costruzione di decine di centrali nucleari in Arabia Saudita da parte di un gruppo di aziende Usa. Flynn compare tra gli advisor dell'azienda leader del consorzio, Ip3. "Queste aziende pronte ad accaparrarsi miliardi di dollari grazie a contratti collegati alla costruzione e alla gestione di centrali nucleari in Arabia Saudita sarebbero in stretto contatto con il presidente Trump e la sua amministrazione anche oggi", si legge nel rapporto.

L'amministrazione Trump avrebbe spinto per il via libera alla proposta di costruzione di una centrale nucleare da parte di Ip3 in Arabia Saudita già nella prima settimana di insediamento. L'operazione non è andata in porto solo perché è emerso il conflitto di interessi di Flynn che era consigliere per la Sicurezza nazionale. Ma le pressioni della Ip3 sarebbero andate avanti. Secondo Axios, Trump avrebbe incontrato rappresentanti dell'azienda anche la scorsa settimana. "L'Arabia Saudita non desidera acquisire una bomba nucleare, ma è certo che se l'Iran sviluppasse una bomba nucleare, faremo lo stesso il prima possibile", così si era espresso Mohammed bin Salman in un'intervista alla CBS nel marzo 2018. Una intenzione che oggi non sembra inquietare Israele, che vede nell'Arabia Saudita un alleato nel contrastare l'espansionismo iraniano in Medio Oriente. Volendo contrastare l'espansione di Teheran nella regione e temendo che il regno wahhabita decida di procurarsi a Mosca e Pechino, Washington è in trattative con Riyadh per la costruzione di centrali nucleari per diversi mesi. Come parte di Vision 2030, MbS vuole costruire 16 centrali nucleari: un affare da oltre 80 miliardi di dollari. Ed ora dalle parole, l'erede al trono saudita sembra essere passato ai fatti. L'acquisizione di tecnologia nucleare non appare certo finalizzata ad una diversificazione di fonti energetiche nel regno del petrolio.

Una cosa è certa: l'"atomica" saudita innescherebbe una ulteriore escalation nella corsa al riarmo nella polveriera (nucleare) mediorientale, perché altri Paesi, tra essi l'Egitto di al-Sisi, nutrono gli stessi propositi, convinti che l'arma atomica possa essere una carta decisiva da calare al tavolo delle potenze che intendono ridisegnare il nuovo volto del Medio Oriente. Un volto armato. Con atomiche.

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