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Esteri

In Israele l'incubo di Netanyahu è "Blue and White"

ASSOCIATED PRESS
ASSOCIATED PRESS 

L'incubo di Benjamin Netanyahu è colorato di blue and white. E ha due volti e due storie che si fondono: quella di Benny Gantz, 59 anni, ex capo di stato maggiore delle Idf (le Forze di difesa israeliane), l'ultimo militare a lasciare il Sud Libano nel giugno del 2000, " l'avversario più intrigante delle elezioni israeliane più interessanti dell'ultimo decennio", per il New York Times. L'altra storia è quella del "bello" della politica israeliana, Yair Lapid, ex anchorman televisivo di successo, fascinoso affabulatore, cinico quanto basta, che di Netanyahu è stato anche, in un precedente governo, ministro. Nei giorni scorsi hanno deciso di unire i rispettivi partiti, Israel Resilience(Hosen L'Yisrael),e Yesh Atid in una nuova formazione: "Blue and white" (i colori della bandiera israeliana). E, stando ai sondaggi, il 9 aprile potrebbe raggiungere i 32 seggi, superando i 30 sinora pronosticati per il Likud del premier. Sicuri di vincere, i due aspiranti primi ministri si sono anche accordati su come governeranno insieme; si alterneranno come premier per due anni e mezzo ciascuno, cominciando da Gantz, considerato il più pericoloso avversario di Netanyahu.

Alla loro coalizione si sono subito aggiunti due nomi "forti": un altro ex capo di stato maggiore, Gabi Ashkenazi, e l'ex ministro della Difesa (2013-2016) Moshe Ya'alon. Due personaggi che rafforzano la credibilità della nuova alleanza anti-Netanyahu dal punto di vista della sicurezza nazionale. E questo, al di là di tutto, anche dell'economia, è l'argomento che fa ancora presa sugli elettori israeliani. Sicurezza, unità, lotta alla corruzione: sono i tre pilastri "Blue and White", tre narrazioni che possono conquistare sia una parte di elettorato moderato di destra che una parte di quello di centrosinistra che guarda con crescente sgomento e distacco al suicidio politico del Partito laburista, dilaniato da faide interne consumatesi anche nelle primarie. Nel breve discorso in un centro congressi di Tel Aviv, nel quale Gantz annunciava il suo ingresso nell'arena politica, l'ex capo delle Idf ha reso pubbliche le sue opinioni su una serie di questioni chiave. Ha promesso una politica diplomatica e di sicurezza conservatrice e il mantenimento della linea dura contro l'Iran e la sua presenza militare in Siria. "Nel duro e violento Medio Oriente che ci circonda, non c'è pietà per il debole" e l'assunto che vale è "Solo il forte sopravvive!".Sulla questione palestinese Gantz ha promesso di mantenere la strategica valle del Giordano, nella Cisgiordania occupata, sotto controllo israeliano, insieme a Gerusalemme Est. L'ex capo di stato maggiore ha affermato che il suo governo "lotterà per la pace", notando però che "se emergerà che non c'è modo di raggiungere la pace in questo momento, daremo forma a una nuova realtà".

Insomma, duro ma non liquidatorio. Gantz non va alla conquista dell'elettorato della destra oltranzista, non cavalca l'ideologia di "Eretz Israel" (La Terra d'Israele), non esalta il "neo pionierismo" dei coloni: lui è un moderato di centro, garante della sicurezza e al tempo stesso inclusivo nei confronti di una parte della comunità araba israeliana, quella dei Drusi, discriminati dalla legge "Israele, Stato della nazione ebraica", voluta da Netanyahu su pressione degli alleati di estrema destra. Gantz non veste i panni del giustizialista, anche se sa bene che un rinvio a giudizio per corruzione del premier, potrebbe provocare un'emorragia di voti dal suo partito, il Likud. "Il solo pensiero che un primo ministro con un rinvio a giudizio possa mantenere l'incarico in Israele è ridicolo per me" dice Gantz nel suo discorso. L'ex generale Gantz ha stigmatizzato "i feroci attacchi contro il capo della polizia e il procuratore generale" del governo Netanyahu promettendo che sotto il suo eventuale governo "non ci sarà incitamento contro le istituzioni giudiziarie, culturali e media". "L'attuale regime incoraggia l'incitamento, la sovversione e l'odio" ha detto. "I valori fondanti dello Stato d'Israele sono stati tramutati nelle stravaganze di una casa reale francese". Gantz ha ringraziato Netanyahu per i suoi "10 anni al servizio del Paese". "Ora proseguiamo noi" ha aggiunto.

Concetti e toni condivisi dal suo partner nell'avventura elettorale. "La mia storia e quella del partito che ho contribuito a far nascere stanno a dimostrare che non abbiamo mai avuto alcun pregiudizio verso Netanyahu e il Likud, tant'è che abbiamo fatto parte di un governo guidato da Netanyahu. E' stato lui a rompere con le forze laiche e di centro, preferendo accordarsi con le destre più oltranziste o con i partiti ultraortodossi. Una scelta che ha allungato la vita politica di Netanyahu ma che ha finito per rappresentare un grave freno per la crescita d'Israele", ha sostenuto Lapid in una recente intervista concessa in esclusiva ad HuffPost. Quanto al futuro d'Israele, quello immaginato da Lapid è "il futuro di un Paese all'avanguardia in tanti campi della ricerca, dell'economia. Un Paese che investe in innovazione tecnologica e nell'istruzione. E al tempo stesso, un Paese che sa di dover lottare per la propria sicurezza, perché attorno a noi, vicinissimi a noi, vi sono regimi e organizzazioni terroristiche che mirano esplicitamente alla distruzione d'Israele e del popolo ebraico. Crescita e sicurezza non sono in alternativa.

Ma è la grande sfida dalla quale dipende il futuro d'Israele". Né destra né sinistra: oltre. È il tasto su cui battono i leader di "Blue and White". In nome di una "unità nazionale" da ricostruire." Israele prima di tutto", è lo slogan con cui Gantz è entrato in politica. "Israele viene prima di tutto. Unisciti a me e insieme percorreremo nuove strade. Perché abbiamo bisogno di qualcosa di diverso e insieme faremo qualcosa di differente". I video della sua campagna elettorale, in cui vengono snocciolati numeri sui terroristi uccisi in Palestina, non lasciano molti dubbi sulla linea dura che Gantz intende adottare.in fatto di popolarità Gantz è spalla a spalla con il premier: 38% per l'ex generale, 41% per il capo del governo.Una unità nazionale che ha dei fondamenti non negoziabili. "Vi sono questioni sulle quali Israele ha dimostrato nel corso della sua giovane ma intensa esistenza come Stato, di trovare una unità d'intenti e di azione capace di superare divisioni politiche quando in discussione vi è l'esistenza stessa del Paese o valori non negoziabili come è Gerusalemme – ha sostenuto Lapid nell'intervista -. Perché Gerusalemme questo è per il popolo ebraico: un valore eterno. Per il resto, con il Likud per come lo ha plasmato Netanyahu, la distanza è oggi profonda. Parliamo lingue diverse. Nei nostri programmi c'è un piano di finanziamento alle piccole imprese, un progetto di edilizia popolare per i più giovani e per i veterani dell'esercito, c'è una riforma della scuola che punta decisamente sull'innovazione. Insomma, c'è il futuro".

I media israeliani rimarcano, tra il gossip e l'analisi politologica, che l'elettorato sembra essere di nuovo attratto dal "fascino della divisa". Era stato così con Yitzhak Rabin, Ariel Sharon, Ehud Barak: grandi generali diventati primi ministri. E tra le fila di "Blue and White", c' è un altro ex graduato che ricopre un ruolo di primissimo piano: Moshe Ya'alon. In questi passaggi della dichiarazione con cui aveva annunciato le sue duplici dimissioni: dal Governo e dalla Knesset (il Parlamento israeliano), c'è già il profilo politico e ideale di "Blue and White". "Elementi estremisti hanno preso il potere nel Paese", avverte Ya'alon. E ancora: "Ho combattuto con tutte le mie forze contro le manifestazioni di estremismo, violenza e razzismo nella società israeliana, che minacciano la sua robustezza, e poco per volta si infiltrano anche nelle Forze di difesa israeliane, danneggiandole...Ho combattuto con tutte le mie forze contro i tentativi di delegittimazione della Corte Suprema e dei giudici di Israele, tentativi che hanno conseguenze nefaste sullo stato di diritto, il che potrebbe essere disastroso per il nostro Paese". Per concludere così il suo possente j'accuse: "In generale, la società israeliana è una società sana, e la maggioranza di coloro che la compongono è sana di mente e aspira a un Paese ebraico, democratico e liberale", annota Ya'alon. "Ma con mio grande dispiacere, estremisti ed elementi pericolosi hanno preso il sopravvento in Israele e nel Likud e ne stanno scuotendo le fondamenta minacciando di danneggiare i suoi abitanti". "Purtroppo, i politici di alto livello nel Paese hanno scelto la via dell'istigazione alla segregazione di parti della società israeliana, invece di cercare di unificarla. Non posso sopportare che saremo divisi a causa del cinismo e dell'aspirazione al controllo, e ho espresso il mio parere sulla questione più di una volta, dato che sono sinceramente preoccupato per il futuro della società israeliana e il futuro delle prossime generazioni".

Per gli strateghi elettorali di Netanyahu è difficile far passare il messaggio che questi ex generali siano il "cavallo di Troia" della sinistra per tornare al potere. E' una carta che non funziona, concordano gli analisti politici a Tel Aviv. Così come può rivelarsi un boomerang controproducente il tentativo di "Bibi" di costruire una coalizione di partiti della destra estrema che affianchi il Likud in una ipotetica maggioranza parlamentare. In attesa del pronunciamento del Procuratore generale sul rinvio a giudizio del premier per reati di corruzione, l'immagine che più rende l'idea del clima che si respira nell'entourage di Netanyahu è quello di una "fortezza assediata" da magistrati, ex generali. E congiurati interni. Che la posizione di Netanyahu nel Likud non sia più salda come in passato, emerge dalle recenti primarie con cui il partito ha formato la lista elettorale (in Israele non esiste il voto di preferenza, se un partito ottiene, ad esempio, 10 posti in Parlamento a entrare sono i primi 10 della lista). Ai primi posti si sono piazzati candidati che non vengono annoverati tra i pretoriani del premier, ma che fanno semmai riferimento a quello che Netanyahu considera il referente dei "congiurati": il capo dello Stato Reuven Rivlin, un moderato nel Likud, contrario allo smottamento a destra del partito e alla sfida aperta lanciata a magistratura e polizia da "Bibi". Fuori dall'ufficialità, e con garanzia dell'anonimato, uno dei fedelissimi di Netanyahu parla di Rivlin come di un "traditore", pronto a saltare sul carro del trio Gantz-Lapid- Ya'alon. Ha ragione il New York Times: sono le elezioni più interessanti dell'ultimo decennio.

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