Scegli di capire.

Gedi Smile Abbonati
Inserti
Ancora su HuffPost
Guest
Tutte le sezioni

GEDI Digital S.r.l. - Via Ernesto Lugaro 15, 10126 Torino - Partita IVA 06979891006

Esteri

"Noi, gendarmi dei politici". Conversazione con Thierry Lahore, gilet giallo tra la Francia e l'Italia

FABRICE COFFRINI via Getty Images
FABRICE COFFRINI via Getty Images 

Nella galassia frastagliata e liquida dei Gilet Gialli sembra esserci un unico fil rouge, ergersi ad autorità garante dei diritti del cittadino nel controllo dei politici. O, per dirla con le parole di Thierry Lahore, uno degli esponenti del movimento nato in Francia, essere "gendarmi dei politici". Una sorta di cane da guardia del potere 2.0 capace di revocare "il mandato a un politico che non rispetta il volere del popolo sovrano".

Quest'ultimo punto è uno dei cavalli di battaglia della frangia italiana dei Gilet espresso più volte dal principale esponente della penisola Antonio Del Piano. Quella che per Del Piano è l'espressione della "sovranità diretta" si compone di 4 referendum tra cui rientrano oltre il "Revocativo" quello "Costituzionale", quello "Abrogativo" e l'istituzione del "referendum Propositivo, per proporre una legge senza passare dal Parlamento". Oltre alla confusione su alcune procedure referendarie (le richieste in questione mischiano tipologie di referendum con le leggi su cui intervengono), colpisce la differenza tra gli omologhi francesi e i gilet nostrani. E non sono solo i numeri, visto che dopo l'annullamento dell'ultima manifestazione in piazza della Repubblica erano rimasti in tre. Fermi all'esedra per dare lo stop a chi non era stato avvisato.

I Jaunes "sono apolitici", spiega Thierry raggiunto telefonicamente da Huffpost. Nascono con "la prima manifestazione del 17 novembre contro il prezzo della benzina, non si parlava ancora di referendum né niente. Solo di rabbia". Gli italiani invece nascono già con un programma incentrato, tra gli altri punti, sull'Italexit o sul divieto degli obblighi vaccinali, anche se mantengono la stessa distanza dalla politica degli omologhi transalpini. Thierry è del Sud Ovest della Francia, vive a Sulmona da 20 anni dove fa l'elettricista e il movimento dei Gilet Gialli lo ha seguito fin dall'inizio. "Quando si sono poi avvicinati all'idea di democrazia diretta del MoVimento 5 stelle" di cui era stato già sostenitore "ho cominciato a trovarli più interessanti". Però "il movimento francese è già su un buon livello, l'Italia si deve consolidare e seguire la Francia".

Il movimento francese trova diverse similitudini con il grillismo della prima ora. L'antipolitica, la trasparenza e onestà urlata a gran voce, gli strumenti per applicare la democrazia diretta comuni a entrambi i movimenti, la raccolta in seno di diverse anime e pensieri eterogenei e l'anima anti Euro. L'Unione odiata per "tutte le decisioni prese - dice Thierry - senza l'accordo del popolo, la struttura monetaria, la mondializzazione che si ripercuotono nel quotidiano su noi cittadini".

Gilet gialli italiani: solo in tre a Roma per la manifestazione. Annullato il corteo

La grande vittoria dei Jaunes è stata quella di aver mantenuto le istanze apolitiche. "La lista in Francia si fa, ma senza il nome dei Gilet Gialli, abbiamo vinto. Noi siamo uno strumento per fare proposte e interagire sui politici". La lista è quella di Ingrid Levavasseur che alle Europee aveva deciso di correre con il nome del movimento e ha dovuto abbandonare prima il nome e poi la lista stessa per le contestazioni della base. Di leader non ne vogliono sentire parlare perché "non ci sono leader, tutti cittadini", anche se "il più apprezzato tra i rappresentanti è François Boulo, un avvocato apolitico".

Ma allora i toni violenti e razzisti delle ultime contestazioni? La minaccia di una guerra civile avanzata da Christophe Chalençon? "Il movimento è il riflesso della società" spiega deciso Thierry. "Ci sono delle minoranze, certo. C'è di tutto e naturalmente ci sono anche estremisti violenti e razzisti. Ma Chalençon non è il nostro leader e l'uomo che ha insultato Alain Finkielkraut è conosciuto dalla polizia come radicalizzato islamico". In breve "il movimento è il popolo e il popolo è fatto di persone, pensieri e classi sociali diverse tra loro". Il "popolo sovrano" che prende "direttamente decisioni sulla politica nazionale" era un'istanza dei 5 Stelle degli albori. Quelli di Sant'Ilario che riuniti attorno alla figura di Beppe Grillo invocavano un potere decisionale maggiore da parte dei cittadini contro la casta. Gli stessi che poi, a distanza di 10 anni, al potere ci sono arrivati e le alleanze con i "venti del cambiamento" le hanno cercate in giro per l'Europa tendendo la mano allo stesso Chalençon prima di ritirarla perché per dirlo con le parole di Luigi Di Maio "Sì al dialogo, ma non con chi parla di guerra civile". La violenza, è convinto Thierry, che non c'entri nulla con il movimento e quindi conclude: "le battaglie sono lunghe ma la strategia è pacifica".

I commenti dei lettori
Suggerisci una correzione