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Politica

Più vicino a Bruxelles grazie alla Tav

Remo Casilli / Reuters
Remo Casilli / Reuters 

C'è qualcosa di molto più grande intorno alla diatriba di governo tra la Lega e il Movimento cinquestelle sulla tav. Qualcosa di europeo. E non solo perché la linea dell'alta velocità tra Torino e Lione fa parte della piattaforma di finanziamento europea 'Connecting Europe facility' (Cef) sui progetti infrastrutturali del continente. C'è invece qualcosa di molto politico: il sì alla Tav apre a Matteo Salvini una porta di accesso alle cancellerie europee che lo hanno sempre guardato con sdegno.

La partita si gioca a meno di tre mesi dalle europee di maggio. Il timing è essenziale in tutta la storia. Ed è una partita guidata dalla Francia, uno dei due paesi più influenti in Europa, l'altro è la Germania. Anche questo è importante. In tempo utile per i giochi che si faranno dopo il voto (costruzione della maggioranza in Parlamento, cariche europee) Salvini si riposiziona. Era 'l'uomo nero' ritratto sulle copertine dei magazine di tutto il continente. Ora invece sulla Tav si ritrova più che allineato con Bruxelles. E in una Italia ancora sotto osservazione per il debito, con un'economia che non gira e a rischio di manovra correttiva, è lui a intestarsi il ruolo di chi rimuove gli ostacoli. "Sbloccare" è il verbo che usa di più in questi giorni di avvicinamento alla crisi di governo. Non a caso.

Il paradosso è che per 'riposizionarsi' non ha dovuto cambiare posizione. Per ora questo non gli è chiesto. E' sempre stato favorevole alla Tav. Ma un anno fa accettò di inserirla nel contratto di governo come opera da "rivedere", per far nascere la maggioranza con un Movimento per molti versi diverso dalla Lega. Oggi invece la Tav diventa per Salvini imperativo imprenscindibile che lo stacca da Di Maio e lo porta più vicino a quelle Cancellerie europee che prima o poi deve trattare, se vuole accedere alla premiership e contare qualcosa in Ue, dall'alto di sondaggi che assegnano alla Lega oltre il 30 per cento dei consensi.

Salvini si stacca, anche fisicamente. Cos'altro è altrimenti la scelta di andarsene da Roma a Milano per il weekend lasciando il partner di governo a cuocere nel suo brodo? Da un punto di vista europeo, adesso tra i due populisti al governo in Italia, tra Di Maio e Salvini, M5s e Lega, il più ragionevole sembra lui: il leghista. Nel giro di una settimana di tensione sulla Tav, il ministro degli Interni si è ritrovato a poter appannare anche l'immagine di affidabilità che il premier Giuseppe Conte stava tentando di costruirsi in Europa, molto a fatica: l'ultima volta che ci ha provato è finita in rissa verbale nell'aula di Strasburgo, per scelta non sua ma degli europei, anche loro in campagna elettorale.

Certo, da Bruxelles, i Popolari impegnati proprio in questi giorni ad espellere il sovranista ungherese Viktor Orban, dicono che la Tav non basta. Per conquistarsi una vera patente di credibilità e presentabilità, Salvini deve chiarire fino in fondo le sue posizioni sull'euro, zittire o isolare i suoi economisti no-euro e deve smetterla col 'cinismo' sui migranti. Ma il sì alla Tav è già un buon pezzo di strada. E poi c'è Silvio Berlusconi che sta aiutando come può: oggi ha chiamato Orban per dirgli che Forza Italia voterà no alla richiesta di espulsione avanzata dai partiti nordici del Ppe. Forse non basterà a 'salvare' il premier ungherese che orami mette in conto di uscire dai Popolari. Ma a Berlusconi la mossa serve per mantenere il filo di interlocuzione e non dare sponde al sovranismo che in Italia lo ha messo ko.

Proprio ora che Salvini si trova dalla parte giusta: quella economica, degli affari, investimenti, il terreno da sempre più fertile e sensibile per l'Ue che in questi giorni dà notizia di poter aumentare il co-finanziamento per le opere strutturali come la Torino-Lione dal 40 per cento al 50 per cento, addirittura. E' lo stesso terreno su cui c'è affinità tra la Lega e il Ppe, che resta pur sempre il partito di Angela Merkel. Un feeling che non si è interrotto per le provocazioni leghiste sui migranti. Si è incrinato moltissimo nello scontro sulla manovra economica, certo. Ma il sì alla Tav sana anche questo. E, se - come sembra - fa cadere il governo con il M5s, serve anche a evitare un altro scontro con Bruxelles sulla probabile manovra correttiva, di cui si comincerà ufficialmente a parlare a giugno. Giusto in tempo, timing perfetto.

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