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Politica

Via della seta, il richiamo ipocrita sulla Cina da parte della Ue

Il rapporto della Commissione europea sulle relazioni tra Ue e Cina
Il rapporto della Commissione europea sulle relazioni tra Ue e Cina 

Dieci azioni in 18 pagine per difendersi dall'espansione economica cinese. E' questa la struttura del rapporto diffuso oggi a Strasburgo dalla Commissione europea sulle relazioni tra Ue e Cina. Ora il testo è all'attenzione del Consiglio europeo e dell'Europarlamento: 'dieci comandamenti' che arrivano oggi, quando ormai ben 13 paesi europei hanno già firmato accordi commerciali con la Cina. L'Italia lo farà la prossima settimana, primo paese del G7 a siglare un "Memorandum of Understanding" con Pechino e per questo 'condannata' a portarne il 'marchio di infamia', pietra dello scandalo a livello europeo perché ha deciso di piazzarsi sulla 'via della seta'. Ma gli ultimi dati ufficiali italiani dicono che l'Italia è l'ultima tra i principali paesi europei che esportano in Cina: dopo Germania, Gran Bretagna, Francia.

E' per questo che, pur facendo rapporto, la Commissione ci va cauta. "Vediamo la Belt and Road Initiative potenzialmente come un'iniziativa benefica che avvicina i Paesi europei e asiatici. Ma tutto dipende dalla concreta attuazione", dice il vicepresidente Jyrki Katainen esibendo evidentemente la coda di paglia dell'Ue che finora sulla questione non ha fatto granché, mentre negli anni ben 13 paesi europei hanno firmato il Memorandum of Understanding con la Cina: Bulgaria, Croazia, Repubblica Ceca, Estonia, Ungheria, Grecia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Portogallo, Slovacchia e Slovenia.

A quanto si legge nel rapporto, nella disponibilità di Huffpost, le dieci azioni vertono sull'idea di rafforzare la cooperazione con la Cina sui "tre pilastri delle Nazioni Unite: diritti umani, pace e sicurezza, sviluppo"; combattere i cambiamenti climatici e dunque chiedere alla Cina di "ridurre le emissioni inquinanti prima del 2030 in linea con gli obiettivi dell'accordo di Parigi"; approfondire gli impegni con la Cina su pace e sicurezza, soprattutto riguardo all'Iran; applicare in maniera più severa gli accordi bilaterali esistenti con la Cina e gli strumenti finanziari e lavorare con la Cina per implementare la strategia europea sulla rete infrastrutturale 'Connecting Europe and Asia'.

Inoltre l'Ue chiede alla Cina di rispettare gli impegni presi, nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio, che pure va riformata; l'Ue si impegna a promuovere reciprocità nei rapporti con la Cina; ad assicurare che siano salvaguardati anche gli standard europei su lavoro e ambiente; a denunciare gli effetti distorsivi sul mercato interno europeo di una economia straniera di impronta statalista; a salvaguardare l'Unione dai rischi per la sicurezza auspicando un approccio comune sulla rete 5G; aumentare la consapevolezza sui rischi per la sicurezza derivanti dagli investimenti stranieri in settori sensibili come le tecnologie e le infrastrutture.

In gran parte, il rapporto europeo si basa sulla denuncia del fatto che l'economia cinese è statalista e questo produce una concorrenza impari con gli altri mercati, il cosiddetto 'dumping'. L'Ue pensa di correggere emanando delle direttive specifiche entro la fine del 2019.

Ue-Cina
Ue-Cina 

In particolare la Commissione sottolinea che "la Cina preserva il suo mercato interno" aprendolo solo in maniera "selettiva" per difendere i suoi "campioni" nazionali e elargendo "sussidi di Stato ad aziende pubbliche e private". Ecco un altro passaggio del rapporto:

Ue-Cina
Ue-Cina 

Ma tutto questo arriva quando la Cina è già entrata nell'Unione Europea, ha già stretto accordi commerciali con diversi Stati dell'Unione che hanno agito unilateralmente e non sono stati criticati per questo. Oggi la Commissione raccomanda agli Stati membri di non tradire la "piena unità" europea per intessere relazioni con la Cina.

Ue-Cina
Ue-Cina 

Ma ormai i buoi sono scappati, almeno dalla crisi del debito greca quando la Cina comprò di fatto il porto del Pireo, nell'indifferenza generale dell'Ue interessata solo a far rientrare il debito di Atene a qualunque costo. Il costo, appunto, è cinese. E parlano cinese molti scambi commerciali dei più grandi paesi dell'Unione, ormai da tempo, soprattutto dopo la crisi del 2008.

Secondo i dati dell'anno scorso, la Germania esporta in Cina per più di 90 miliardi di euro come valore assoluto. L'Italia è ferma a 10 miliardi di euro, la Francia è poco sotto i 20 miliardi, la Gran Bretagna li supera. Ed è soprattutto l'automobile il settore trainante: quasi 25 miliardi di euro solo per la Germania, il settore auto italiano non raggiunge il miliardo per le esportazioni in Cina.

Roma dunque firmerà l'accordo con Pechino la prossima settimana. Per l'occasione Xi Jinping verrà a Roma. Giuseppe Conte cerca di rassicurare i partner europei: "Aderiamo con tutte le cautele necessarie: siamo un Paese inserito nell'Unione europea, siamo un Paese che è collocato in un'alleanza tradizionale e che ben conosciamo, euroatlantica, che chiaramente rimaniamo collocati in questa prospettiva di alleanze. Semplicemente ci apriamo una strada molto interessante dal punto di vista commerciale. Quello che andiamo a sottoscrivere non è un accordo vincolante ma un quadro che ci consentirà poi di valutare le opportunità che si offriranno".

Il resto sono reprimende europee che nemmeno il 'falco' Katainen si è sentito di diffondere con toni particolarmente duri verso l'Italia. "Tratteremo il Memorandum tra Roma e Pechino esattamente come trattiamo gli altri", si è limitato a dire in conferenza stampa, ben conscio di non poter affondare ora. Negli affari con Pechino l'Italia è solo l'ultima della fila: l'Europa è stata ormai 'violata' e finora non ne è mai nato un caso.

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