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Esteri

Baghouz, muore il Califfato, nasce la "nuova Isis". E per l'Europa non è una buona notizia

DELIL SOULEIMAN via Getty Images
DELIL SOULEIMAN via Getty Images 

Una storia insanguinata si conclude a Baghouz. Ma da Baghouz ne nasce un'altra, non meno inquietante. L'ultima roccaforte dello Stato Islamico in Siria, Baghouz, è stata liberata. Ad annunciarlo è Mustafa Bali, portavoce delle Forse democratiche siriane (Sdf), le milizie curde appoggiate dagli Stati Uniti. "Le Forze democratiche siriane dichiarano la totale eliminazione del cosiddetto califfato e la sconfitta territoriale al 100 per cento dell'Isis. In questo giorno unico, commemoriamo migliaia di martiri i cui sforzi hanno reso possibile la vittoria", ha annunciato Bali su Twitter. "Questo è un momento storico, che abbiamo atteso insieme alla comunità internazionale", aggiunge Abdel Kareem Umer, il capo delle relazioni internazionali delle Sdf, ai microfoni dell'agenzia Dpa. "Questo non significa che abbiamo messo fine al terrorismo e a Daesh . Abbiamo messo fine a Daesh dal punto di vista militare, abbiamo messo fine al loro Stato. Daesh ha ancora cellule dormienti e la loro ideologia esiste ancora nell'area sulla quale hanno governato per anni". "Il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi è stato spazzato via dalla Siria", è "al 100% eliminato", aveva detto ieri un portavoce della Casa Bianca citando le informazioni ricevute dal Pentagono.

Della definitiva sconfitta dell'Isis, poi, aveva parlato anche il presidente Donald Trump. In viaggio verso la sua residenza in Florida per il fine settimana, il tycoon era tornato a far vedere una mappa che mostra l'estensione del Califfato fino a un anno fa e la situazione attuale in cui, di fatto, non ci sarebbe nulla di più che qualche piccola sacca di resistenza. L'annuncio di oggi mette fine a quasi cinque anni di guerra contro lo Stato islamico in Siria e in Iraq. Nelle scorse settimane, le milizie curde avevano dato inizio alla battaglia finale per espellere l'Isis dalla sua ultima roccaforte di Baghouz, dopo l'evacuazione di migliaia di civili e la resa dei combattenti dello Stato islamico nell'area. L'Isis aveva raggiunto la sua massima espansione territoriale nell'estate del 2014, con la conquista di Mosul, nel nord dell'Iraq e la proclamazione del cosiddetto "Califfato". Bagohuz, situata sul fiume Eufrate, nell'est della Siria e in prossimità del confine iracheno, in una zona ricca di risorse energetiche, era l'ultimo territorio di rilievo in mano allo Stato islamico, che per anni ha mantenuto il controllo di ampie fette di territorio in entrambi i Paesi. Resta il mistero sulla sorte di Abu Bakr Al Baghadadi, il "califfo" senza più Califfato, , e gli altri dirigenti di Isis. Secondo fonti dell'intelligence americana molti di loro e lo stresso Baghdadi (la cui morte più volte annunciata non è mai stata verificata) potrebbero essere fuggiti da tempo in Iraq, specie nelle province sunnite di Al Anbar tra Qaiim, Falluja e Ramadi, dove godono di protezioni e ampie simpatie popolari. Sconfiggere lo Stato islamico non è stato facile, né rapido. Ci sono voluti migliaia di raid aerei e 100mila bombe sganciate dall'aviazione della coalizione internazionale contro l'Isis, creata nel settembre del 2015 per fronteggiare un'avanzata che sembrava inarrestabile. Una campagna aerea che avrebbe avuto risultati di gran lunga inferiori se non vi fosse stato il fondamentale contribuito degli "scarponi sul terreno".

Vale a dire la coalizione delle Syrian Democratic Forces, di cui le milizie curdo siriane (Ypg) sono tutt'oggi la spina dorsale. Sono loro che hanno riconquistato le città controllate dall'Isis, pagando un alto tributo di sangue. Attenzione, però: la fine del Califfato non è la fine dell'Isis, ma solo una sua metamorfosi. Sulle macerie di Raqqa, di Deir el-Zor, di Baghuz sta infatti nascendo l'Isis 2.0. Della recente Conferenza sulla sicurezza di Monaco, i media internazionali hanno registrato e rilanciato soprattutto le trionfalistiche dichiarazioni di vittoria nella guerra al "Califfato" del vice presidente Usa Mike Pence. Ma le considerazioni più pregnanti, in contrasto con la posizione dell'amministrazione Usa, sono venute, in quella sede, da persone che il terrorismo jihadista conoscono bene, perché lo combattono h.24. Tra queste persone c'è Alex Younger, il capo del servizio segreto di intelligence britannico MI6. "La sconfitta militare del 'califfato' non rappresenta la fine della minaccia terroristica, ma la vediamo diffondersi all'interno della Siria ma anche esternamente... Questa è la forma tradizionale di un'organizzazione terroristica". Parlando allo stesso evento, la ministra della Difesa tedesca Ursula von der Leyen ha sostenuto che lo Stato islamico stava andando in profondità e costruendo reti con altri gruppi terroristici. Ancora: il generale Joseph Votel, capo del Comando centrale delle forze armate statunitensi, ha avvertito che, sebbene la rete Isis sia dispersa, la pressione deve essere mantenuta altrimenti i suoi componenti avranno "la possibilità di tornare insieme se non lo facciamo". Le stime sul numero di combattenti dell'Isis dispersi nell'arena Siria-Iraq vanno da 20.000 a 30.000, molti dei quali non saranno disposti a tornare nei loro Paesi d'origine per paura di essere perseguiti. Ci sono anche piccole concentrazioni di militanti fanatici legati all'Isis in Libia, Egitto, Africa occidentale, Afghanistan e Filippine meridionali.

Già in Iraq ci sono prove che i militanti dell'Isis portano avanti attacchi sempre più audaci nelle province settentrionali. E nel tessere nuovi legami, gli uomini del "Califfato" si fanno forti della paura delle popolazioni sunnite di Iraq e Siria di essere di nuovo vittime della vendetta sciita. L'Iraq – rimarca un recente report della Bbc - ha disperatamente bisogno di un processo di riconciliazione nazionale e di un governo inclusivo per evitare un Isis 2.0 rigenerato. In Siria- sottolinea ancora la Bbc - il fattore che ha scatenato la catastrofica guerra civile di quel paese si trova ora vittorioso nel suo palazzo a Damasco. Il presidente Bashar al-Assad, salvato dalla sconfitta dai suoi alleati russi e iraniani, appare più sicuro che mai. La maggior parte dei siriani ora è troppo esausta per opporsi a lui. Ma le atrocità commesse dal suo regime, su scala industriale, continueranno a spingere alcuni verso la resistenza armata, e l'Isis cercherà di ritornare nello spazio di battaglia siriano. Più lontano e globalmente, ovunque ci sia una percezione del malgoverno, della privazione dei diritti civili, della persecuzione religiosa contro i musulmani o di grandi corpi di giovani alienati che sentono la mancanza della loro vita, ci saranno sempre opportunità per i reclutatori di "culto" di Isis, sottolinea il report dell'emittente televisiva britannica.

Per concludere che il califfato di Abu Bakr al-Baghdadi è finito ma la sua ideologia, pericolosamente contagiosa, non lo è. Un discorso che riguarda direttamente l'Europa. Come trasformare una sconfitta territoriale in una minaccia che porta al cuore dell'Europa. Lupi solitari più foreign fighters di ritorno. Una miscela esplosiva per l'Isis 2.0. La storia sembra ripetersi, ieri per al Qaeda, oggi per Daesh. In origine, l'organizzazione terroristica di Osama bin Laden aveva fatto dell'Afghanistan in mano ai compiacenti Talebani il proprio feudo territoriale: lì i qaedisti avevano i loro campi di addestramento, lì avevano trovato rifugio e protezione i vertici dell'organizzazione terroristica. Fino alla sconfitta militare venuta al seguito della reazione americana all'11 Settembre. Ma proprio sulle macerie afghane, al Qaeda ridefinì se stessa, trasformandosi da organizzazione centralizzata in un sistema a rete. Una piovra dai mille tentacoli, e per questo più insidiosa, difficile da contrastare. La storia si ripete oggi con il Daesh. Le milizie al servizio di Abu Bakr al-Baghdadi sono state sbaragliate in Siraq. Tuttavia, i comandi militari del Daesh hanno rivisto i propri piani, cambiando strategia e puntando ad una Jihad globale che abbia l'Occidente, e in esso in particolare l'Europa come teatro di battaglia. Ecco allora l'attivazione di cellule "dormienti", l'indicazione ai "mujahiddin" con passaporto europeo di rientrare a casa per seminare morte e terrore nel Vecchio continente. Martin Chulov, giornalista del Guardian esperto di terrorismo jihadista, aveva rivelato che prima degli attentati di Parigi i leader dello Stato islamico si erano riuniti vicino a Raqqa, allora "capitale" del Califfato in Siria, e in quell'occasione avevano deciso di mettere in piedi una nuova strategia che prevede grandi attentati nelle capitali europee. Non si tratta solo di "lupi solitari" reclutati attraverso i social, indottrinati e preparati all'azione sulle "moschee" e campi di addestramento "mediatici" (sono oltre 1700 i siti che fanno riferimento alla galassia dell'Islam radicale).

L'Isis ha cellule terroristiche clandestine in Gran Bretagna e Germania, analoghe ai gruppi che hanno condotto gli attentati di Parigi e Bruxelles. A lanciare l'allarme, è stato il direttore della National Intelligence americana, James R. Clapper. Alla domanda se l'Isis sia impegnato in attività clandestine in quei Paesi, Clapper ha risposto affermativamente, sottolineando come questo sia oggetto di preoccupazione "per noi e per i nostri alleati europei".

Stando ad un rapporto di Europol, intitolato 'Cambiamenti nel Modus Operandi dell'Isis rivisitato', "squadre assemblate in Siria" sarebbero state inviate in Europa via Ucraina e Paesi Baltici, dove avrebbero già acquistato armi sul mercato nero. Ma anche la Libia è considerata uno dei trampolini di lancio, forse per compiere azioni parallele in Nord Africa. Squadre composte da "diverse decine di persone e dirette dall'Isis" potrebbero già essere presenti in Europa per commettere attacchi terroristici". Sul piano operativo e della catena di comando, la divisione che si occupa degli attentati all'estero è una branca distinta all'interno dell'organigramma dello Stato islamico: recluta, addestra, fornisce i soldi e organizza la consegna delle armi ai combattenti del gruppo che sono pronti a compiere degli attentati. La divisione non si occupa solo degli attentati in ma anche in altri Paesi dove ci sono località turistiche frequentate dagli occidentali, per esempio la Turchia, l'Egitto e la Tunisia. Dalla pianura di Baghouz, l 'Isis è tornata a minacciare l'Europa e l'Occidente con un nuovo breve video di propaganda. In un filmato diffuso ieri da Amaq, il profilo dei social media vicino all'Isis, un miliziano armato di fucile automatico minaccia i "crociati e gli apostati" di "investire col fuoco i loro territori". Il Califfatto è morto. Ma la minaccia dell'Isis 2.0, no.

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