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Cultura

"I ragazzi di oggi sono quelli che hanno guardato più pornografia degli ultimi cento anni, ma quelli che si innamorano di meno"

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"Il primo bacio è il primo gesto di intimità condiviso con l'altro. Almeno, lo era prima che cambiassero le cose". Parla così Alberto Pellai, medico e psicoterapeu­ta dell'età evolutiva, autore di numerosi saggi di successo fra cui recente "Il primo bacio" (De Agostini, pp. 230), firmato insieme a Barbara Tamborini. "Se vissuto bene – prosegue Pellai - il primo bacio è indimenticabile. Ma adesso, un po' come accade a tutti i gesti legati alla sessualità, viene semplicemente agito: messo in atto al di fuori dei significati emozionali che dovrebbe avere. Provato per essere provato".

Prima era diverso?

Molto. Un tempo era un po' quell'esperienza a cavallo fra la pre-adolescenza e l'adolescenza che entrava nella prima vera storia d'amore. Un aspetto desiderato e sognato, prima che agito. Ora è una delle tante cose che si possono fare. I piccolissimi dicono che è una cosa a cui si può giocare a una festa, spegnendo la luce, o una cosa che si può fare a scuola. "Proviamo a darci un bacio" si dicono.

Quanto conta internet in questa trasformazione?

La pubertà attiva la ricerca dell'altro anche nella prospettiva sensuale, eccitante, sessuale. Quando si attivano queste cose, oggi spesso gli adolescenti si spostano dal reale al virtuale. Internet è così un luna park incredibile, ma anche uno strumento dove trovare aiuto. È incredibile vedere come alcuni cerchino i tutorial su come si dà il primo bacio, e magari come tanti provino a innamorarsi in una zona più virtuale che reale.

Nel libro raccontate numerose storie che paiono irreali.

Ci siamo imbattuti in ragazzi che si conoscono al villaggio vacanza e non parlano per settimane. Poi, invece, per messaggi si scambiano confessioni personalissime, o foto proibite. Ormai esiste una sfasatura pazzesca fra la realtà e quel mondo infinito di possibilità che c'è nell'online.

Il rischio è che l'online sia più appetibile?

Ormai i ragazzi non hanno più bisogno di fantasticare, perché hanno un immaginario saturo a causa del web. Nella realtà, però, sono bloccati. Pur essendo iper-connessi, sono sguarniti di qualsiasi tipo di competenze affettive e sentimentali. Sono i ragazzi che hanno guardato più pornografia degli ultimi cento anni, ma quelli che si innamorano di meno nel corso dell'adolescenza.

Questo quali rischi comporta?

Si perde una cosa importante: l'educazione sentimentale che fino a pochi anni fa si teneva nella palestra della vita. Muoversi nel territorio dell'amore è bellissimo. Ma trovare nell'altro uno stimolo o un confronto dietro uno schermo piuttosto che in carne ed ossa è molto diverso.

Cos'è questa domanda? Scopri il progetto Europe talks e leggi l'Informativa privacy completa in italiano

Siamo al punto di non ritorno?

Siamo in un punto in cui noi adulti dobbiamo avere la consapevolezza di cosa stia accadendo ai nostri figli, e dobbiamo renderci conto che è una nostra responsabilità ricominciare a sostenere la crescita sentimentale, affettiva e sessuale dei nostri figli. I sentimenti e i gesti a loro correlati sono un aspetto di crescita fondamentale. Certo, è più semplice tenere i propri figli iper-connessi al sicuro nelle loro stanzette, ma l'adolescenza è guardarsi in giro, fuori dal nido di protezione.

Cosa consiglia ai genitori di oggi?

Di iniziare a confrontarsi con i figli, aiutandoli a creare una loro consapevolezza e cambiando il copione del silenzio da cui tutti proveniamo. Il mondo di oggi è iper-sessualizzato, ma il rischio è di sostenere una ricerca del desiderio che poi non si arriva mai a concretizzare.

In altre parti d'Europa è diverso.

Esiste l'educazione sessuale e affettiva nei curricula scolatici in quasi tutte le nazioni, ma sono pochissime quelle in cui non succede nulla come in Italia.

Come se lo spiega?

Gli adulti hanno sempre avuto paura di parlarne. Ora dobbiamo convertirci a una sessualità fatta di rispetto ed empatia. Deve diventare centrale nel nostro progetto educativo. È una competenza per la vita.

Insomma, non basta più il motto "non fare danni".

I genitori italiani spesso considerano la sessualità come una bomba a orologeria nella vita di un figlio. Fanno finta di non vederla, ma non è un atteggiamento né utile né maturo. È importante comprendere che la sessualità è una risorsa fondamentale, che va a completare la nostra identità di genere e di ruolo. Alcuni delegano alle scuole l'educazione sessuale, ma così facendo commettono un errore.

Quale?

Per un dodicenne è fondamentale che quando la sessualità arriva con quella sua forza vitale ed energetica dirompente l'adulto rimanga un riferimento, capace di guidarlo, aiutarlo, sostenerlo. Tutte operazioni che gli adulti di oggi non sanno fare.

Qual è la cosa più sbagliata?

Dire a un figlio, che magari manifesta confusione: "guai a te se...". A tredici anni non si deve essere obbligati a dare una risposta rispetto alla propria sessualità, o alle proprie fantasie. Bisogna confrontarsi con il corpo e l'eccitazione, bisogna esplorare. E un atteggiamento di chiusura del genitore può dimostrarsi molto pericoloso.

Perché?

Perché magari si cerca sostegno online. E magari invece di trovare un aiuto, si viene adescati da persone che fanno di quella confusione un uso diverso.

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