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Politica

C'è posta per Di Maio sul petrolio: interrogazione parlamentare riprende un articolo di Huffpost sulle trivelle

ANSA foto
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C'è 'posta' per Luigi Di Maio. Tema: le trivelle. Da una parte un'interrogazione parlamentare, basata su un articolo pubblicato da Huffpost l'8 aprile scorso. L'interrogazione, presentata alla Camera dal segretario di Sinistra Italiana Nicola Fratoianni e Rossella Muroni di Liberi e Uguali, chiede chiarezza rispetto ai provvedimenti amministrativi che il Mise deve varare per rendere operativo il decreto semplificazioni sulla sospensione dei permessi di ricerca di gas e petrolio già rilasciati. Della serie: i permessi sono davvero sospesi o no? Dall'altro lato c'è la denuncia di ben tre associazioni ambientaliste, Greenpeace Italia, Legambiente e Wwf che chiedono al governo quale sia la "strategia" per ridurre i danni delle estrazioni petrolifere offshore, tra impianti ancora attivi e impianti ormai in disuso da anni ma ancora da smantellare.

Ecco il testo dell'interrogazione parlamentare:

"Un articolo pubblicato l'8 aprile su Huffington Post raccoglie la denuncia del coordinamento No Triv in merito alla sospensione dei permessi di ricerca di petrolio e gas nello Ionio e in altri siti prevista nel decreto semplificazioni recentemente approvato dal Parlamento;

secondo i No Triv senza un provvedimento amministrativo del ministero dello Sviluppo Economico che renda effettive le disposizioni del decreto semplificazioni la sospensione annunciata non entrerebbe in vigore e le compagnie potrebbero continuare a fare ricerca nello Ionio, sotto Santa Maria di Leuca nel Salento, nelle aree di 'Monte Cavallo' (tra Salerno e Potenza), 'La Cerasa' e 'Pignola' (in Basilicata), secondo le autorizzazioni rilasciate dallo stesso ministero a dicembre;

nonostante ai comuni di queste tre aree sia recentemente arrivata una nota a firma del direttore generale del Ministero dell'Ambiente, Giuseppe Lo Presti, in cui si comunica che è sospesa la valutazione di impatto ambientale circa i permessi di ricerca già accordati, il coordinamento No Triv sostiene che ciò non sia sufficiente affinché le autorizzazioni siano automaticamente sospese;

il decreto semplificazione sospende i permessi per 18 mesi, fino all'11 agosto 2020, data ultima prevista per l'approvazione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Pitesai);

il costituzionalista Enzo Di Salvatore, attivista No Triv e autore dei quesiti referendari del 2016 sulle trivelle, ha dichiarato come non basti la legge e che senza il provvedimento amministrativo del Mise non c'è alcuna sospensione e che l'emanazione di tale provvedimento potrebbe essere stata evitata anche per scongiurare i possibili ricorsi da parte delle compagnie che, in caso di vittoria, potrebbero costringere lo Stato a pagare ingenti somme a titolo di risarcimento;

l'importanza del provvedimento amministrativo, infatti, sempre secondo il costituzionalista Di Salvatore, nasce proprio dal fatto che è sulla base di questo che il cittadino, in questo caso le aziende petrolifere, possono ricorrere davanti al Tar, mentre la legge non sarebbe impugnabile e inoltre, un provvedimento amministrativo darebbe maggiori garanzie sulla sospensione -:

se il Ministro in indirizzo, alla luce di quanto esposto in premessa, non intenda adottare urgentemente i provvedimenti amministrativi di competenza relativi alla sospensione delle istanze e dei permessi di ricerca di petrolio e gas nello Ionio e in altri siti, rendendo così effettive le disposizioni contenute nel decreto cosiddetto. Semplificazioni, evitando così che l'assenza di un apposito atto amministrativo possa rendere vana la sospensione stessa delle attività di estrazione e ricerca permettendo alle compagnie petrolifere di continuare ad operare indisturbate nonostante la volontà politica del Ministero in indirizzo fosse quella di sospendere ogni autorizzazione".

Greenpeace Italia, Legambiente e WWF firmano una nota congiunta, a sottolineare evidentemente che la pazienza e l'attesa sulle tematiche ambientaliste stanno è quasi finita nei confronti del governo gialloverde, a valle delle speranze infuse nella parte pentastellata dell'esecutivo, più sensibile ai temi ecologisti. Le tre associazioni chiedono "risposte su quale sia la strategia del Governo per limitare effettivamente l'estrazione degli idrocarburi a cominciare dal mare". Si dicono "sconcertate per la mancanza di una chiara strategia governativa a questo proposito, condizionata anche dalle resistenze pro-fossili all'interno dello stesso Governo".

"Abbiamo finora fatto proposte normative per emancipare il nostro Paese e i nostri mari dai combustibili fossili e abbiamo contribuito alla individuazione di un programma per il decommissioning per oltre 30 piattaforme offshore, ma – scrivono in una nota - stiamo ancora attendendo risposte concrete dal Ministero dello Sviluppo Economico e dal Ministero dell'Ambiente che affrontino efficacemente il rischio per l'ambiente, per la navigazione e per le attività turistiche e della pesca rappresentato innanzitutto da quegli 88 impianti (piattaforme e pozzi sottomarini offshore) localizzati nella fascia di interdizione delle 12 miglia marine, il 47,7% dei quali (42 su 88) non hanno mai avuto una Valutazione di Impatto Ambientale e che presentano un'età media di 35-40 anni (il 48% ha 40 anni), che, per la stragrande maggioranza, sono concentrati nelle mani di ENI o Edison che ben possono affrontare un programma di dismissione dei pozzi improduttivi e più rischio".

Le Associazioni chiedono conto di dove sia finito "il programma, frutto anche dell'intenso lavoro di lobby delle tre associazioni, concordato dai due Ministeri, a cui si aggiunge il Ministero dei Beni Culturali, con Assomineraria, relativo alla dismissione di 34 piattaforme offshore (di cui 26 nella fascia offlimits delle 12 miglia) non produttive o con pozzi prevalentemente 'non eroganti' da anni".

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