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Esteri

"Non è possibile fare nulla in Libia se non c'è un'intesa franco-italiana solida". Roma e Parigi fanno asse alla Farnesina

Ansa
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Un passaggio decisivo anche in chiave libica il vertice tra i ministri degli Esteri italiano e francese che si è tunuto oggi alla Farnesina. "Non è possibile pensare a nessuna soluzione militare nella crisi in Libia, solo con il dialogo politico si può arrivare alle elezioni", ha detto il ministro degli Esteri francesi Jean-Yves Le Drian in una conferenza stampa con Enzo Moavero Milanesi alla Farnesina rispondendo ad una domanda sulle accuse rivolte alla Francia di sostenere Haftar. "Non è possibile fare nulla in Libia se non c'è un'intesa franco-italiana solida e non c'è una via d'uscita dalla crisi se non è politica", ha sottolineato il titolare del Quai d'Orsay. "Noi due abbiamo scritto un comunicato che poi è stato accettato da tutto il G7, quindi abbiamo pensato di incontrarci il prima possibile qui a Roma per rafforzare la nostra coesione su questo argomento", ha aggiunto. "La crisi in Libia può diventare molto pericolosa, quindi è importante mettere un punto", afferma Le Drian. "Siamo estremamente solidali, il ministro Le Drian ed io, con i cittadini della Libia che subiscono gli effetti degli scontri armati. E anche con questo spirito chiediamo con forza il cessate il fuoco", ribadisce il capo della diplomazia italiana dopo l'incontro con il suo omologo francese, sottolineando che "la nostra posizione comune e condivisa è che si debba arrivare in tempi rapidi a un cessate il fuoco". Posizione fondata "sulla convinzione condivisa che non esiste soluzione militare che possa risolvere le complicate questioni politiche della Libia". Il titolare della Farnesina ha aggiunto che al "cessate il fuoco deve seguire una tregua e poi tornare al tavolo che non può essere che quello delle Nazioni Unite. Opereremo per canali diplomatici coordinati affinché questo sia favorito e possa avvenire", ha poi sottolineato Moavero in conferenza stampa a fianco di un annuente Le Drian.

Ma intanto un'altra débâcle diplomatica si consuma mestamente al Palazzo di Vetro sulla Libia. Una coazione a ripetere, un film già visto. Le stesse modalità che hanno scandito, per anni, gli innumerevoli nulla di fatto al Consiglio di Sicurezza sulla Siria, si stanno riproponendo oggi per la Libia. La Russia ha scelto il suo "Gendarme" libico: è il generale Khalifa Haftar, così come in Siria "zar Vladimir", al secolo Vladimir Putin aveva puntato tutto su Bashar al-Asad. Sono gli altri, l'Europa, gli Stati Uniti, ad aver reiterato le incertezze, le divisioni sottotraccia, una unità di facciata che dallo scenario siriano si sono trasferite su quello libico.

Una conferma, se ce ne fosse stato ancora bisogno, la si è avuta due settimane fa: la luce verde cercata da Haftar per dare il via all'"Offensiva per Tripoli" non è venuta da Parigi (o da Roma), ma da Mosca, dove l'uomo forte della Cirenaica era volato per incontrare i vertici militari della Federazione Russa. Il resto, è manfrina diplomatica che si distende da Bruxelles a New York, passando per Washington e le cancellerie europee. Sotto quell'attivismo, niente. Quando si deve stringere, passando dalle generiche dichiarazioni di principio all'individuazione delle responsabilità, il Palazzo di Vetro si trasforma nel "porto delle nebbie". E così non fa più notizia il Consiglio di Sicurezza che non è riuscito a trovare il compromesso su una bozza di risoluzione elaborata dalla Gran Bretagna che chiedeva un immediato cessate il fuoco e l'impegno per la fine delle ostilità in Libia. A farlo sapere sono state fonti diplomatiche a New York. La presidenza di turno tedesca del Consiglio di Sicurezza ha fatto sapere di aver convocato la riunione per valutare "il percorso da seguire".

Secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche al Palazzo di Vetro, la bozza - che chiede il cessate il fuoco immediato e l'accesso umanitario incondizionato alle zone dei combattimenti intorno a Tripoli - è stata respinta dalla Guinea Equatoriale, a nome dei tre Paesi africani (oltre alla Guinea, Costa d'Avorio e Sudafrica) che siedono in Consiglio. Ma anche la Russia ha bocciato il testo, nella parte in cui l'Esercito nazionale libico del generale Khalifa Haftar veniva indicato come la forza responsabile dell'attacco contro la capitale.

Tiepidi anche gli Stati Uniti. Un fallimento annunciato. "I russi non accetteranno di menzionare il nome di Haftar, nonostante anche se tutti sanno che c'è lui dietro", tuona il premier del Governo di accordo nazionale (Gna) libico Fayez al-Sarraj in una intervista alla Bbc, nella quale ha sottolineato che "il popolo libico è frustrato dal silenzio della comunità internazionale", prendendosela soprattutto con quei Paesi che pure hanno sostenuto, a parole, il suo governo (l'unico riconosciuto internazionalmente), e che, sempre a parole, hanno salutato con favore il piano di pace messo a punto dall'inviato speciale dell'Onu per la Libia, Ghassan Salamè. L'impasse riguarda anche la situazione militare. Le "divisioni nella comunità internazionale" hanno "incoraggiato" il maresciallo della Cirenaica a tentare la sua conquista di Tripoli, ha spiegato l'inviato dell'Onu per la Libia, , Ghassan Salamé, indicando che "dopo i primi successi militari vediamo che le operazioni dell'Esercito nazionale libico sono in una fase di stallo" .Si è però in una situazione di "conflagrazione crescente", ha avvertito. Nell'attuale crisi libica, la Russia sta dalla parte del maresciallo Khalifa Haftar perché egli ha promesso a Mosca di continuare la cooperazione militare con la Libia, di attuare gli accordi multimiliardari conclusi con Gheddafi e il progetto di investimento nella ferrovia Tripoli-Bengasi. Lo scrive oggi il quotidiano tedesco Die Welt. Meno di due anni dopo la sua visita a bordo della portaerei russa Admiral Kuznetsov, il maresciallo Khalifa Haftar ha attaccato Tripoli. La sua operazione è sostenuta dalla Russia, che ha bloccato la dichiarazione sulla Libia al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, rimarca il giornale tedesco. "Malgrado la sua posizione neutrale, continua la pubblicazione, la Russia sta dalla parte di Haftar. A prima vista, le ragioni del sostegno russo sono di natura prettamente economica.

Haftar ha promesso a Mosca che avrebbe continuato la cooperazione tecnico-militare tra i due paesi, iniziata in epoca sovietica. Inoltre ci sono in ballo gli accordi siglati con Muammar Gheddafi, riguardanti la fornitura all'aeronautica militare libica di caccia Sukhoi per un totale di 3,5 miliardi di dollari. Forniture che non sono mai avvenute, ma che la Russia spera di concludere una volta rimosso l'embargo sulle armi alla Libia", sottolinea Die Welt. Il colosso ferroviario statale russo RZhD intende realizzare il suo progetto, vistato ai tempi di Gheddafi, per la costruzione della linea ad alta velocità Tripoli-Bengasi. Inoltre ci sono le transazioni con Gazprom e Tatneft nel settore dell'energia rimaste congelate.

A "corteggiare" il Generale ora è anche Donald Trump. Il presidente Usa ha avuto un colloquio telefonico con il maresciallo Khalifa Haftar per discutere gli sforzi antiterrorismo in corso e la "necessità di raggiungere la pace e la stabilità". Lo afferma la Casa Bianca. "Il presidente ha riconosciuto il significativo ruolo di Haftar nel combattere il terrorismo, e i due hanno discusso una visione comune per la transizione della Libia verso un sistema politico stabile e democratico". Silenzio da Tripoli. Un silenzio pesante da parte di chi si sente tradito dagli alleati, veri o presunti. E poi c'è quel "significativo ruolo di Haftar nel combattere il terrorismo" richiamato dalla Casa Bianca che riecheggia le ragioni sostenute dai sostenitori palesi di Haftar, Egitto e Arabia Saudita, che imputano a Sarraj di essere "ostaggio" delle milizie islamiche e della Fratellanza musulmana che Il Cairo e Riyadh equiparano al terrorismo jihadista dell'Isis: accusa allargata anche agli sponsor regionali di Sarraj, Turchia e Qatar.

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