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Cronaca

Prostitute, migranti e i morti in mare e nel deserto "protagonisti" della Via Crucis

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I protagonisti della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo sono prostitute, vittime della tratta, minori venduti, i migranti e i morti del deserto e del mare. I testi delle preghiere proposte quest'anno per le stazioni della Via Crucis, sono state affidate da Papa Francesco a suor Eugenia Bonetti missionaria della Consolata e presidente dell'Associazione "Slaves no more". Il Pontefice prenderà la parola, al termine della Via Crucis con una preghiera conclusiva.

Nella prima stazione la figura di Maria è protagonista e nel testo si legge: "Signore, chi più di Maria tua Madre ha saputo essere tua discepola? Quante mamme ancora oggi vivono l'esperienza di tua Madre e piangono per la sorte delle loro figlie e dei loro figli? Quante, dopo averli generati e dati alla luce, li vedono soffrire e morire per malattie, per mancanza di cibo, di acqua, di cure mediche e di opportunità di vita e di futuro? Ti preghiamo per coloro che ricoprono ruoli di responsabilità, perché ascoltino il grido dei poveri che sale a te da ogni parte del globo. Grido di tutte quelle giovani vite, che in modi diversi, sono condannate a morte dall'indifferenza generata da politiche esclusive ed egoiste. Che a nessuno dei tuoi figli manchi il lavoro e il necessario per una vita onesta e dignitosa".

Nella seconda stazione si ricorda quanto sia "facile portare il crocifisso al collo o appenderlo come ornamento sulle pareti delle nostre belle cattedrali o delle nostre case". Ma "non è altrettanto facile incontrare e riconoscere i nuovi crocifissi di oggi: i senza fissa dimora, i giovani senza speranza, senza lavoro e senza prospettive, gli immigrati costretti a vivere nelle baracche ai margini della nostre società, dopo aver affrontato sofferenze inaudite. Purtroppo questi accampamenti, senza sicurezza, vengono bruciati e rasi al suolo insieme ai sogni e alle speranze di migliaia di donne e uomini emarginati, sfruttati, dimenticati. Quanti bambini, poi, sono discriminati a causa della loro provenienza, del colore della loro pelle o del loro ceto sociale! Quante mamme soffrono l'umiliazione nel vedere i loro figli derisi ed esclusi dalle opportunità dei loro coetanei e compagni di scuola!".

Nella sesta stazione si parla di bambini impossibilitati ad andare a scuola in tutti i vari paesi del mondo. Bambini che "sono, invece, sfruttati nelle miniere, nei campi, nella pesca, venduti e comperati da trafficanti di carne umana, per trapianti di organi, nonché usati e sfruttati sulle nostre strade da molti, cristiani compresi, che hanno perso il senso della propria e altrui sacralità. Come una minorenne dal corpicino gracile, incontrata una notte a Roma - racconta la religiosa -, che uomini a bordo di auto lussuose facevano la fila per sfruttare. Eppure poteva avere l'età delle loro figlie... Quale squilibrio può creare questa violenza nella vita di tante giovani che sperimentano solo il sopruso, l'arroganza e l'indifferenza di chi, di notte e di giorno, le cerca, le usa, le sfrutta per poi buttarle nuovamente sulla strada in preda al prossimo mercante di vite!".

Si legge nel testo della settima stazione: "La società attuale ha perso il grande valore del perdono, dono per eccellenza, cura per le ferite, fondamento della pace e della convivenza umana. In una società dove il perdono è vissuto come debolezza, tu, Signore, ci chiedi di non fermarci all'apparenza. E non lo fai con le parole, bensì con l'esempio".

Suor Eugenia parla nell'ottava stazione della "situazione sociale, economica e politica dei migranti e delle vittime di tratta di esseri umani" che "ci interroga e ci scuote"."Dobbiamo avere il coraggio come afferma con forza Papa Francesco, di denunciare la tratta di esseri umani quale crimine contro l'umanità. Tutti noi, specialmente i cristiani, dobbiamo crescere nella consapevolezza che tutti siamo responsabili del problema e tutti possiamo e dobbiamo essere parte della soluzione. A tutti, ma soprattutto a noi donne, è richiesta la sfida del coraggio. Il coraggio di saper vedere e agire, singolarmente e come comunità. Soltanto mettendo insieme le nostre povertà, esse potranno diventare una grande ricchezza, capace di cambiare la mentalità e di alleviare le sofferenze dell'umanità. Il povero, lo straniero, il diverso non deve essere visto come un nemico da respingere o da combattere ma, piuttosto, come un fratello o una sorella da accogliere e da aiutare. Essi non sono un problema, bensì una preziosa risorsa per le nostre cittadelle blindate dove il benessere e il consumo non alleviano la crescente stanchezza e fatica".

La tredicesima stazione suor ricorda le ventisei giovani nigeriane inghiottite dalle onde i cui funerali sono stati celebrati a Salerno. "È stato duro e lungo il loro calvario. Prima la traversata del deserto del Sahara, ammassate su bus di fortuna. Poi la sosta forzata negli spaventosi centri di raccolta in Libia. Infine il salto nel mare, dove hanno trovato la morte alle porte della 'terra promessa'. Due di loro portavano in grembo il dono di una nuova vita, bimbi che non vedranno mai la luce del sole". "Chi ha pianto? Ci domandiamo di fronte a quelle 26 bare allineate e sovrastate da una rosa bianca? Solo cinque di loro - si legge nel testo - sono state identificate. Con o senza nome, tutte, però, sono nostre figlie e sorelle. Tutte meritano rispetto e ricordo. Tutte ci chiedono di sentirci responsabili: istituzioni, autorità e noi pure, con il nostro silenzio e la nostra indifferenza".

Del deserto e i mari "diventati i nuovi cimiteri di oggi" si parla nella quattordicesima stazione. "Di fronte a queste morti non ci sono risposte. Ci sono, però, responsabilità. Fratelli che lasciano morire altri fratelli.Uomini, donne, bambini che non abbiamo potuto o voluto salvare. Mentre i governi discutono, chiusi nei palazzi del potere, il Sahara si riempie di scheletri di persone che non hanno resistito alla fatica, alla fame, alla sete. Quanto dolore costano i nuovi esodi! Quanta crudeltà si accanisce su chi fugge: i viaggi della disperazione, i ricatti e le torture, il mare trasformato in tomba d'acqua".

Viene infine ricordata la storia della piccola Favour, bambina di 9 mesi, partita dalla Nigeria insieme ai suoi giovani genitori. "Durante il lungo e pericoloso viaggio nel Mediterraneo, mamma e papà sono morti insieme ad altre centinaia di persone che si erano affidate a trafficanti senza scrupoli per poter giungere nella 'terra promessa'. Solo Favour è sopravvissuta: anche lei, come Mosè, è stata salvata dalle acque. La sua vita diventi luce di speranza nel cammino verso un'umanità più fraterna".

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