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Economia

Lo smaltimento in discarica costa troppo poco. Servono più impianti

vchal via Getty Images
vchal via Getty Images 

Mille nuovi impianti di riciclo per raggiungere il risultato rifiuti zero in discarica. È questo l’obiettivo che l’Italia si deve dare per arrivare, finalmente, a una gestione sostenibile dei rifiuti. Un dato che emerge dall’analisi del dossier di Legambiente “Rifiuti zero, impianti mille”, presentato a Roma in occasione dell’Ecoforum sull’economia circolare, insieme a La Nuova Ecologia e Kyoto Club, in collaborazione con Conai e Conou e con il patrocinio del ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e della Regione Lazio.

L’analisi del sistema attuale parte da una semplice constatazione: il costo di conferimento in discarica, che in media è di 110 euro a tonnellata, è un costo troppo basso, che rende ancora troppo conveniente continuare a smaltire sotto terra. Le esperienze più virtuose di gestione dei rifiuti, come quelle in Veneto, in Piemonte e in Sardegna, spesso coincidono con i costi di smaltimento in discarica più alti.

Anche l’ecotassa, il tributo speciale che i Comuni versano alle Regioni per il conferimento in discarica è troppo esiguo. Ancora oggi, infatti, non si è riusciti a modificare la normativa nazionale per trasformare l’attuale tetto massimo di circa 25 euro a tonnellata stabilito per legge nel 1995 in una soglia minima, prevedendo in tutte le Regioni una modulazione proporzionata al secco residuo che si avvia a smaltimento.

In 9 Regioni l’ecotassa viene modulata in base alla percentuale di raccolta differenziata, mentre solo 2 amministrazioni regionali prevedono una modulazione sui quantitativi pro capite di secco residuo da avviare a smaltimento.

Nel nostro paese, nel 2017 l’Ispra ha contato 383 discariche attive, dove sono stati smaltiti quasi 20 milioni di tonnellate di rifiuti urbani e speciali. A fare da contraltare ci sono circa 1.700 siti, tra piattaforme di stoccaggio, impianti di selezione e di riciclo. Il rapporto 4 a 1 tra il numero degli impianti della filiera del riciclo e quello delle discariche operative è assolutamente inadeguato.

Alle soglie del 2020, non abbiamo più alibi. Dobbiamo fare partire subito, senza altre esitazioni, una rivoluzione circolare che avvii al riciclo e al riuso tutto quello che oggi impropriamente finisce nelle discariche. E dobbiamo colmare il gap spaventoso che divide aree e città del nostro Paese. Perché non è accettabile che la politica non sappia affrontare casi disastrosi come quello di Roma o di Palermo, solo per citare due grandi città, in cui è improcrastinabile avviare un serio sistema di raccolta differenziata domiciliare, semplicemente copiando da chi lo ha già fatto da molto tempo e con ottimi risultati, come Milano.

Per questo è necessario dotare tutte le regioni degli impianti necessari per il recupero di materia e il riuso dei rifiuti; e velocizzare l’iter di approvazione dei decreti End of Waste per semplificare il riciclo.

Tutti i comuni devono obbligatoriamente adottare il sistema di tariffazione puntuale; occorre rivedere la normativa nazionale del 1995 sull’ecotassa e prevedere la costruzione di un mercato dei prodotti riciclati rispettando l’obbligo per tutte le stazioni appaltanti pubbliche dell’obbligatorietà dei Criteri ambientali minimi nella gare d’appalto.

L’era del monopolio delle discariche va chiusa definitivamente. Ma per farlo concretamente e su tutto il territorio nazionale deve utilizzare la leva economica e costruire l’alternativa impiantistica, disincentivando lo smaltimento in discarica e smettendo di ostacolare la nascita di nuovi impianti di riuso e riciclo dei rifiuti spesso osteggiati come se fossero impianti inquinanti.

Chi pensa che l’opzione rifiuti zero in discarica corrisponda alla costruzione di zero impianti è in errore: per mettere a regime l’economia circolare, in realtà, se ne devono costruire mille in più.

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