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La Chiesa deve pagare l'Ici, il governo studia una sanatoria ad hoc
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Lo Stato dovrà recuperare l’Ici non pagata dalla Chiesa dal 2006 al 2011. Questo è quanto ha stabilito, con una recente sentenza, la Corte di giustizia dell'Unione Europea. Tutt’altro che chiaro, però, è come il governo riuscirà a farlo. Al momento attuale, l’ipotesi più concreta, è quella di una sanatoria con aliquota forfettaria.

La stima “ufficiosa” che sta circolando in questi giorni, sarebbe di 4,8 miliardi di euro non versati in sei annualità complessive. Una cifra considerevole, risultato dell’ampio patrimonio immobiliare della Chiesa (che sarebbe pari al 20% del totale italiano) nel quale figurano 26mila proprietà fra oratori, conventi, campi sportivi e negozi oltre a 5mila edifici tra cliniche, ospedali e strutture sanitarie di vario genere.

Intanto, però, in un’intervista al Sole 24 Ore, il segretario generale della Cei, il vescovo Stefano Russo, ha commentato: “Ricordo che la sentenza della Corte afferma che la Commissione Ue, perché il tema Bruxelles, avrebbe dovuto verificare in maniera più puntuale la non possibilità per l’Italia di poter arrivare a riscuotere le cifre eventualmente dovute dal 2006 al 2011. A questo punto – ha precisato il vescovo Russo – non sappiamo quali passi saranno adottati ma noi siamo chiari: chi svolge attività commerciali deve pagare”.

Il governo, intanto, si starebbe già muovendo per trovare una soluzione, venendo però incontro al Vaticano. A confermarlo è stato lo stesso Massimo Garavaglia, sottosegretario dell’Economia e delle Finanze: “La sentenza ci impone di trovare un accordo con il Vaticano che ancora non stiamo negoziando. Ma va fatto e ci sarà”.

E, molto probabilmente, si tratterà di una sanatoria che dovrebbe abbattere considerevolmente il potenziale importo di quasi 5 miliardi di euro. Come? Con uno “sconto” basato sulla richiesta di un’aliquota forfettaria fissata intorno al 20% che, tradotto, significa: un miliardo di euro per sanare la posizione della Chiesa.

Anche se la parte pentastellata del governo sarebbe di diverso avviso e, anziché concedere la sanatoria al Vaticano, preferirebbe trattenere le quote di 8x1000 devolute alla Chiesa Cattolica (più o meno un miliardo di euro annui) fino a estinguere il debito (che però è ancora lontanissimo dall’essere quantificato con certezza).

I tempi, infatti, si preannunciano abbastanza lunghi. Tanto per cominciare, l’iter (che deve ancora mettersi in moto) è tutt’altro che snello e coinvolge la Commissione alla concorrenza di Bruxelles (che deve recepire la sentenza e farla applicare) i Comuni (che formalmente sono i titolari dell’imposta) e la Chiesa.

Inoltre, per stabilire con certezza l’esatto ammontare delle cifre dovute per il mancato pagamento dell’Ici la strada è tortuosa. Il compito spetta ai Comuni (quello di Roma sarebbe già all’opera), che hanno cinque anni di tempo prima che scatti la prescrizione per richiedere i mancati versamenti dell’Ici ed è tutt’altro che semplice, perché la Chiesa non era obbligata all’epoca (2006-2011) a conservare i documenti relativi all’utilizzo degli edifici.

Proprio per questo, tutte le strade sembrano portare alla cooperazione tra governo e Chiesa per raggiungere un’intesa sulla basi di un atto concordatario.

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