Brugherio, oratoriani a Lampedusa per incontrare i volontari che aiutano i profughi

Trentasei giovani della comunità Epifania del Signore a Lampedusa e Agrigento «per capire la sofferenza». Hanno incontrato Pietro Bartolo, il medico che assiste gli stranieri che arrivano sui barconi
Nelle foto gli oratoriani con i giovani richiedenti asilo, con il medico Pietro Bartolo, con il sindaco di Lampedusa e con suor Paola
Nelle foto gli oratoriani con i giovani richiedenti asilo, con il medico Pietro Bartolo, con il sindaco di Lampedusa e con suor Paola Monica Bonalumi

Sono andati in Sicilia per conoscere chi da anni aiuta i profughi, per toccare con mano i drammi legati alle migrazioni e per tentare di comprendere le cause di tragedie che sembrano non scuotere più le coscienze: 36 oratoriani della comunità pastorale Epifania del Signore dai 18 ani 30 anni, guidati da don Leo Porro, si sono confrontati con gli operatori che accolgono i richiedenti asilo a Lampedusa e ad Agrigento. Prima, però, hanno partecipato all’appuntamento con papa Francesco che l’11 agosto al Circo Massimo ha incoraggiato 70.000 giovani.

Nel giorno e mezzo trascorso a Lampedusa hanno incontrato Pietro Bartolo, il medico che assiste chi scampa alla morte in mare e che detiene il triste record mondiale delle autopsie eseguite, il sindaco Totò Martello, suor Paola che si prodiga in un centro di accoglienza, Rosa e Costantino, la coppia che aiuta i migranti dopo che il marito il 3 ottobre 2013 si è ritrovato a salvare alcuni giovani durante il terribile naufragio in cui sono morte almeno 368 persone.

Ad Agrigento, invece, i brugheresi hanno trascorso alcuni giorni con i minori non accompagnati in un centro gestito dalle suore Scalabriniane: «Qualcuno – spiega Susanna Celeste Castelli, una delle oratoriane – ha raccontato le tragedie che ha vissuto mentre altri hanno evitato di parlarne. Ci siamo resi conto che tutti hanno una grande maturità rispetto alla loro età: non abbiamo avuto difficoltà a socializzare perché ci siamo accorti che non ci sono differenze tra noi e loro, che abbiamo lo stesso background culturale, che ascoltiamo gli stessi cantanti».

«Ci ha colpito – aggiunge – l’accoglienza fornita dalla gente comune: è facile scagliarsi contro gli sbarchi quando non si vedono i drammi. Le cose, però, cambiano quando si ha a che fare con la sofferenza. Questa esperienza ci ha aiutato a capire che potremmo essere più vicini ai richiedenti asilo ospitati a Brugherio rispetto a quanto non abbiamo fatto finora».