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Papa Francesco ‘Viviamo i Comandamenti come figli, non siamo sudditi’

20 giugno 2018 | 12:33
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Papa Francesco ‘Viviamo i Comandamenti come figli, non siamo sudditi’

Il Pontefice: “Il mondo non ha bisogno di legalismo, ma di cura. Ha bisogno di cristiani con il cuore di figli”

Città del Vaticano – “Dio è padrone o Padre? Dio è Padre: non dimenticatevi mai questo. Anche nelle situazioni più brutte, pensate che abbiamo un Padre che ci ama tutti. Siamo sudditi o figli?”

E’ attorno a questi interrogativi che ruota la seconda catechesi di Papa Francesco dedicata ai Dieci Comandamenti. Ai tanti pellegrini che affollano un’afosa piazza San Pietro, il Pontefice fa notare come il decalogo dato da Dio a Mosè sul monte Sinai, al contrario di quanto si pensi, non è un’imposizione di regole, bensì un modo del Padre per comunicare con l’uomo.

Il compimento della Legge

Nella catechesi dello scorso mercoledì, esordisce Papa Bergoglio, “abbiamo visto che il Signore Gesù non è venuto ad abolire la Legge ma a dare il compimento. Ma dovremo capire meglio questa prospettiva“.

E spiega: “Nella Bibbia i comandamenti non vivono per sé stessi, ma sono parte di un rapporto, una relazione. Il Signore Gesù non è venuto ad abolire la Legge, ma a dare il compimento”. C’è una “relazione dell’Alleanza” fra Dio e il suo Popolo.

Nel libro dell’Esodo, al capitolo 20, si legge: “Dio pronunciò tutte queste parole“. Quella che potrebbe sembrare un’apertura come un’altra, in realtà nasconde un significato molto profondo.

Differenza tra parola e comando

“Il testo non dice: ‘Dio pronunciò questi comandamenti’, ma ‘queste parole’“, fa notare il Pontefice. “La tradizione ebraica chiamerà sempre il Decalogo ‘le dieci Parole'”. In effetti, il termine “decalogo” vuol dire proprio questo.

“Eppure – prosegue il Santo Padre – hanno forma di leggi, sono oggettivamente dei comandamenti. Perché, dunque, l’Autore sacro usa, proprio qui, il termine ‘dieci parole’ e non dice ‘dieci comandamenti’?”.

A questo interrogativo, Francesco risponde con un’altra domanda: “Che differenza c’è fra un comando e una parola? Il comando è una comunicazione che non richiede il dialogo”.

Al contrario, prosegue il Papa “la parola è il mezzo essenziale della relazione come dialogo. L’amore si nutre di parole, e così l’educazione o la collaborazione”.

“Due persone che non si amano, non riescono a comunicare. Quando qualcuno parla al nostro cuore, la nostra solitudine finisce. Riceve una parola, si dà la comunicazione e i comandamenti sono parole di Dio: Dio si comunica in queste dieci Parole, e aspetta la nostra risposta”, spiega il Pontefice.

La vera essenza del dialogo

Ricevere un ordine è una cosa, ben altro “è percepire che qualcuno cerca di parlare con noi. Un dialogo è molto di più che la comunicazione di una verità“.

Per far comprendere meglio questo concetto, fa poi un esempio: “Io posso dirvi: ‘Oggi è l’ultimo giorno di primavera, calda primavera, ma oggi è l’ultimo giorno’. Questa è una verità, non è un dialogo. Ma se io vi dico: ‘Cosa pensate di questa primavera?’, incomincio un dialogo”.

“I comandamenti sono un dialogo – incalza il Papa -. La comunicazione si realizza per il piacere di parlare e per il bene concreto che si comunica tra coloro che si vogliono bene per mezzo delle parole. È un bene che non consiste in cose, ma nelle stesse persone che scambievolmente si donano nel dialogo”.

Dio Padre o padrone?

E, dopo aver narrato a grandi linee la storia contenuta nella Genesi del “Peccato originale”, il Pontefice riflette su quel primo “divieto”, ovvero non mangiare il frutto dell’albero del bene e del male.

“La prima norma che Dio ha dato all’uomo, è l’imposizione di un despota che vieta e costringe, o è la premura di un papà che sta curando i suoi piccoli e li protegge dall’autodistruzione? E’ una parola o è un comando?“.

Il serpente, aggiunge Francesco “ha mentito” ad Adamo ed Eva, “ha fatto credere che una parola d’amore fosse un comando”.

“L’uomo è di fronte a questo bivio: Dio mi impone le cose o si prende cura di me? I suoi comandamenti sono solo una legge o contengono una parola, per curarsi di me? Dio è padrone o Padre?”, si interroga Bergoglio.

“Dio è Padre: non dimenticatevi mai questo – risponde il Papa -. Anche nelle situazioni più brutte, pensate che abbiamo un Padre che ci ama tutti. Siamo sudditi o figli? Questo combattimento, dentro e fuori di noi, si presenta continuamente: mille volte dobbiamo scegliere tra una mentalità da schiavi e una mentalità da figli. Il comandamento è dal padrone, la parola è dal Padre”.

Vivere da figli

Lo Spirito Santo che i cristiani ricevono, fa notare il Papa, è lo stesso di Gesù, “è quello dei figli”. E aggiunge: “Uno spirito da schiavi non può che accogliere la Legge in modo oppressivo, e può produrre due risultati opposti: o una vita fatta di doveri e di obblighi, oppure una reazione violenta di rifiuto”.

“Tutto il Cristianesimo è il passaggio dalla lettera della Legge allo Spirito che dà la vita (cfr 2 Cor 3,6-17). Gesù è la Parola del Padre, non è la condanna del Padre. Gesù è venuto a salvare, con la sua Parola, non a condannarci”, prosegue il Santo Padre.

“Si vede quando un uomo o una donna hanno vissuto questo passaggio oppure no. La gente si rende conto se un cristiano ragiona da figlio o da schiavo – aggiunge il Pontefice -. E noi stessi ricordiamo se i nostri educatori si sono presi cura di noi come padri e madri, oppure se ci hanno solo imposto delle regole”.

E conclude: “I comandamenti sono il cammino verso la libertà, perché sono la parola del Padre che ci fa liberi in questo cammino. Il mondo non ha bisogno di legalismo, ma di cura. Ha bisogno di cristiani con il cuore di figli”.

Foto © Vatican Media