Matteo Salvini insiste. E ora lo mette per iscritto, nero su bianco: “Per buonisti, sinistri e giornalisti il problema dell’Italia sono dieci ragazzi di destra che leggono un volantino. Per me invece il problema sono le migliaia di clandestini che picchiano, rubano, stuprano”. E questa volta la risposta non è a qualche partito di sinistra. Ma a Umberto Bossi che, dopo Roberto Maroni, rappresenta un’altra voce contro l’atteggiamento del segretario della Lega Nord nei confronti dei neonazisti autori del blitz nella sede di un’associazione di Como. “Il mondo è pieno di matti – dice il Senatùr – Quei voti la Lega non deve cercarli. Io sono di una famiglia di antifascisti, combattenti non chiacchieroni: mia cugina è morta sul Monte Rosa. La penso come Spinelli, che considerava lo Stato Nazione il male assoluto anche se qualcosa di buono lo ha fatto come contenitore della democrazia”. Tanto che ad applaudirlo è il segretario del Pd Matteo Renzi: “Adesso che glielo ha detto il Senatur, speriamo che Salvini capisca”. Ma non è successo. E infatti è significativo anche che tra i primi esponenti ad auspicare “provvedimenti esemplari” per i carabinieri responsabili di aver affisso una bandiera che rimanda al Reich tedesco, a Firenze, è Mariastella Gelmini, a sottolineare l’impegno di Forza Italia per attrarre l’elettorato moderato e strappare voti alla concorrenza interna.

Dalla Lega sottolineano che le parole di Salvini non sono una replica a Bossi, ma portano alla luce una frattura nel partito. Che Renzi subito rimarca: “Alla fine persino Bossi deve spiegare a Salvini che con le provocazioni dei naziskin non si scherza”, scrive su Twitter il segretario del Pd chiamando a raduno per il corteo antifascista di sabato 9 dicembre a Como. Ma Salvini replica rilanciando una manifestazione, il 10 dicembre a Roma, “per il rispetto delle regole, ordine, espulsioni, tranquillità e immigrazione sotto controllo”.

Intanto nel castello che vent’anni fa ospitò il Parlamento padano si riunisce una “minoranza” leghista, composta da alcune centinaia di militanti e simpatizzanti. Sulle note del Va’ Pensiero (che peraltro com’è noto nacque come coro patriottico dell’Italia unita nel Risorgimento), i cori per la “Padania Libera”, gli applausi alla Catalogna e gli sfottò al tricolore. La Lega di sempre. Contro la deriva “fascio-leghista” proposta da Salvini, si riuniscono i militanti che vogliono il Carroccio resti “sindacato del Nord”. Gli organizzatori sono l’assessore lombardo Gianni Fava, sfidante di Salvini alle ultime primarie, e il deputato Gianluca Pini, affiancati sul palco dall’ex presidente del Consiglio regionale della Lombardia, Davide Boni. Nessuno evoca scissioni. “Non siamo reduci – dichiarano dal palco – Vogliamo mantenere il diritto di essere leghisti nella Lega. Questa è la nostra casa”. E Roberto Maroni manda un messaggio via Twitter: “Oggi si discute di cose importanti, a Chignolo Po, un luogo che è nel cuore di tutti i leghisti veri #leganord”. Bossi va invece di persona e sfida Salvini: “non cerchi i voti degli skinheads”.

“La linea di Salvini – dichiara Bossi – è sbagliata punto e basta. Sapete perché non sono andato via? Perché se andavo via finiva la Lega, però poi tutti noi dobbiamo parlare quando è il momento, sarebbe troppo comodo criticare senza fare la partita”. Nessuna rottura: alla fine la rimpatriata a Chignolo Po serve a prendere le distanze da quell’estrema destra vista in azione a Como e sulla quale i nordisti vorrebbero la condanna di Salvini. Una condanna che però, a serata, non arriva.

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