Il ministro Padoan, poi Visco e Ghizzoni. La settimana che si apre, con quel trittico di audizioni, rischia di far deflagrare del tutto il clima politico intorno al tema banche e di consacrare ad arena politica la stessa commissione in Senato chiamata a far luce sui dissesti del credito. Con buona pace delle raccomandazioni ormai quotidiane del suo presidente, Pier Ferdinando Casini. Se l’audizione del ministro dell’Economia Padoan di lunedì sarà improntata a una difesa scontata e totale di Maria Elena Boschi – dopo la settimana di passione innescata dalle rivelazioni di Consoli sulla sua presenza a un vertice su Banca Etruria a casa del padre – con Visco si apre uno scenario di preoccupazioni che scala di livello e alza la temperatura perché, secondo ricostruzioni di stampa, chiamerebbe in causa Matteo Renzi e le ombre su un interventismo mai acclarato del governo che guidava quando i vertici della “amica Etruria” venivano destituiti. Da giorni lo snodo della vicenda è individuato attorno a chi effettivamente staccò la spina all’istituto procedendo al commissariamento. Siamo stati noi, dice Renzi. Macché, il governo ha solo ratificato una decisione di Bankitalia è la pronta risposta che l’opposizione fornisce, atti alla mano. La Stampa e pure il Corriere della Sera accreditano una fortissima preoccupazione negli ambienti politici vicini all’ex premier, nel governo e perfino al Quirinale per quel che potrà dire Ignazio Visco opportunamente pungolato dalle opposizioni che non hanno alcuna intenzione di abbandonare la linea del redde rationem per Boschi e Renzi. Che dal punto di vista dei contatti informali e delle sfere di influenza ci sia ancora molto da scoprire lo rivela, del resto, un dettaglio emerso nei giorni scorsi: a dare alla Boschi il numero uno di Consob Vegas fu Denis Verdini. Ai tempi del Nazareno. Di più, l’ex numero uno dell’istituto di credito veneto Consoli davanti alla commissione ha confermato lo scoop del Fatto Quotidiano del 2014: il summit di Arezzo ci fu, la Boschi c’era eccome anche se non disse nulla. Non solo. Dall’audizione di Consoli torna il nome dell’ex ras di Forza Italia che da Veneto Banca, nonostante i conti sballati, ottenne un prestito da 7,6 milioni di euro garantito da Berlusconi.

INCOGNITA VISCO – Il timore è che a lanciarle nuove schegge possa essere propri Ignazio Visco fa tremare Palazzo Chigi e Quirinale. Qui la Stampa spiega che tutto si gioca su un imprevedibile quanto sottile equilibrio. Visco è appena stato confermato contro il volere di Renzi, che lo addita come sommo responsabile della mancata vigilanza, ma il suo ruolo istituzionale e la stessa circostanza potrebbero indurre il governatore a un profilo basso. Dall’altro proprio l’ansia di andare a fondo su Renzi e Boschi di Forza Italia e M5S potrebbe offrigli l’alibi per quei sassolini dalle scarpe che forse medita da tempo di levarsi. Di sicuro l’autorevolezza del protagonista e la qualità delle sue dichiarazioni potrebbero segnare una svolta nell’affaire-banche: in un senso o nell’altro.

IL MATCH CON GHIZZONI – Ma il giorno dopo c’è nuova benzina infiammabile. Mercoledì, sempre in Commissione Banche, è in programma un’altra audizione ad alta tensione, che sembra destinata ad accendere nuove braci per il caso-Boschi. Verrà ascoltato l’allora amministratore delegato di Unicredit Federico Ghizzoni. Se l’ex ad dovesse confermare l’interessamento della Boschi per le sorti della Banca Etruria, come scritto in un suo libro Ferruccio De Bortoli, sarà interessante approfondire se quel “raccomandarsi” riguardasse diversi istituti di credito in difficoltà o soltanto quello caro alla ministra. Il tam-tam che accredita questa seconda versione è tutto da verificare, ma – mette nero su bianco La Stampa – “se davvero questa fosse la testimonianza di Ghizzoni, a quel punto, si visualizzerebbe simbolicamente una sorta di “giro d’Italia”, con protagonista Maria Elena Boschi, allo scopo di salvare la Banca guidata (anche) dal suo babbo”.

I TORMENTI DI MARIA ELENA – Una rappresentazione che ormai sembra fissata nella pietra che affonda il consenso elettorale del Pd, accreditato al 20% secondo sondaggi ben poco graditi al I Nazareno. Che minoranze e non renziani dem imputano proprio all’affaire banche e alla figura della Boschi. Non a caso anche la sua candidatura in questi giorni è oggetto di una sorta di giro d’Italia. E’ stata difesa a spada tratta da Renzi ma secondo i retroscena di diversi quotidiani ormai si fa ineludibile la richiesta di non farla correre in un collegio chiave, come la Toscana, dove Renzi per altro punta ancora a un risultato pieno. Potrebbe essere allora il Trentino, secondo il Corriere, dove fa le vacanze e avrebbe stretto ottime relazioni col parito locale. Niente affatto, è l’altra voce della partita: bisogna candidarla ad Arezzo proprio per dimostrare che non ha nulla da nascondere.

CASINI MONITA – Ha molto da ripetere, nel frattempo, Pier Ferdinando Casini che fin dalla prima seduta ripete che la Commissione che presiede ricorre al mantra per cui “la commissione non si deve trasformare in una piazza elettorale”. Ancora oggi Casini ha difeso la Boschi parlando di “veleno elettorale” e definendo “del tutto marginale” la vicenda se non fossimo in campagna elettorale.

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