Altri sei mesi per indagare sul caso Consip. È quello che ha chiesto la procura di Roma al giudice per le indagini preliminari Gaspare Sturzo. La richiesta riguarda 12 persone finite sotto inchiesta: il ministro Luca Lotti, il generale dei Carabinieri Emanuele Saltalamacchia, l’imprenditore Carlo Russo, il comandante dell’Arma Tullio del Sette, l’imprenditore Alfredo Romeo, Italo Bocchino, l’ex ad di Consip Domenico Casalino, Francesco Licci, Silvio Gizzi, Tiziano Renzi, il presidente di Publiacqua Filippo Vannoni e l’ex presidente di Consip Luigi Ferrara. Tutti hanno facoltà di presentare una memoria entro cinque giorni dalla notificazione.

Nel motivare la richiesta di proroga, gli inquirenti affermano che per quanto attiene il filone sulla fuga di notizie sono “tuttora in corso le attività istruttorie volte a ricostruire la catena di comunicazione all’interno della struttura gerarchica dell’Arma, così come i contatti – è detto nella richiesta di proroga depositata il 19 dicembre scorso – tra le persone che legittimamente erano a conoscenza dell’indagine e gli indagati”. Accusati di violazione di segreto sono Saltalamacchia, Del Sette e Lotti.

Per quanto riguarda la “natura degli accordi illeciti tra Romeo e Russo, il ruolo di Bocchino e di Tiziano Renzi, sono invece corso riscontri sui tabulati telefonici e attività di raccolta di informazioni da parte di persone informate sui fatti”. Sul fronte dell’indagine che attiene alle “gare Consip e Grandi Stazioni ed alle ipotesi di turbativa delle gare indette da tali stazioni appaltanti, è in corso una complessa attività di analisi della documentazione acquisita, accompagnata da attività di raccolta informazioni da parte di persone informate sui fatti”.

Il ruolo del ministro – L’iscrizione nel registro degli indagati di Lotti- come rivelato da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano – risale al 21 dicembre del 2016, il giorno dopo l’audizione, davanti agli inquirenti di Napoli, dell’ex ad di Consip Luigi Marroni, che aveva ammesso di aver saputo dal ministro dell’indagine in corso sulla centrale acquisti della Pubblica amministrazione. Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli inquirenti. Poi il 14 luglio del 2017 era stato interrogato dal pm Mario Palazzi, responsabile del fascicolo, alla presenza del procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone, e dell’aggiunto Paolo Ielo. Erano stati i suoi avvocati, Franco Coppi e Ester Molinaro, a spiegare che nel corso di un “sereno interrogatorio durato circa un’ora”, il ministro ha risposto “puntualmente a tutte le domande che gli sono state rivolte” e ha ribadito “con fermezza la sua estraneità ai fatti contestati”.

Le accuse – Lotti è accusato di favoreggiamento e violazione del segreto d’ufficio nell’indagine sulla fuga di notizie relative al caso sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione. ‘Lorigine dei guai ddel ministro, è legata alle parole di Marroni che aveva raccontato agli inquirenti come fu avvertito delle indagini in corso. Il 15 dicembre del 2016, infatti, il manager aveva fatto rimuovere grazie a un’apposita bonifica le microspie celate dai carabinieri del Noe nel suo ufficio. Quando quattro giorni dopo i pm di Napoli insieme ai carabinieri e ai finanzieri gli chiedono perché lo abbia fatto, Marroni risponde così: “Perché ho appreso in quattro differenti occasioni da Filippo Vannoni, dal generale Emanuele Saltalamacchia, dal presidente di Consip Luigi Ferrara e da Luca Lotti di essere intercettato”. Il top manager, che ha confermato tutto successivamente, è stato poi di fatto allontanato dal governo cui spetta la nomina dei vertici di Consip. E se per il principale accusatore dell’indagine di Consip era scattato il siluramento, al contrario il Senato aveva “blindato” la posizione dell’accusato Lotti, bocciando la mozione di sfiducia nei suoi confronti. 

Il caso Vannoni: “Fu Lotti a dirmi dell’indagine” – A pesare sull’iscrizione nel registro degli indagati del ministro, però, c’è anche la testimonianza di Filippo Vannoni. O forse c’era. Il presidente di Publiacqua Firenze e amico di vecchia data dello stesso Renzi è finito recentemente indagato per favoreggiamento. Sentito come persona informata sui fatti dai pm di Napoli il 21 dicembre mette a verbale: “Ricordo di aver detto a Marroni che aveva il telefono sotto controllo, ma in questo momento non sono in grado di dire chi e in che termini mi abbia dato questa informazione; sicuramente, prima di parlare con il Marroni e dirgli che aveva il telefono sotto controllo, il Lotti mi ha sicuramente detto che c’era una indagine su Consip”. A quel punto i magistrati gli ricordano che come testimone ha l’obbligo di dire la verità e lui aggiunge: “Facendo mente locale vi dico che effettivamente fu Lotti a dirmi che c’era una indagine su Consip. Ricordo che il presidente Renzi mi diceva solo di ‘stare attento’ a Consip”.

Il ministro: “Gli avrei dato una testata”. E il manager ritratta – “A Vannoni avrei voluto dare una testata”, dirà Lotti il 27 dicembre quando si presenta dai pm la prima volta per negare ogni addebito dopo aver appreso si essere indagato.  Dopo l’interrogatorio con i pm di Napoli, infatti, il presidente di Publiacqua Firenze fa tappa a Palazzo Chigi per parlare con lo stesso Lotti. Almeno secondo lo stesso ex sottosegretario. “Vannoni, imbarazzato e con modi concitati, mi ha informato di essere stato sentito da Woodcock a Napoli e di avergli riferito di aver ricevuto da me informazioni riguardo l’esistenza di indagini su Consip; alle mie rimostranze circa la falsità di quanto affermato, lui ha ammesso di aver mentito e quando ho chiesto il perché si è scusato in modo imbarazzato, ottenendo una mia reazione stizzita, tanto da avergli detto ‘non ti do una testata per il rispetto del luogo nel quale siamo, congedandolo”. Successivamente, però, il manager toscano è passato da testimone a indagato per favoreggiamento: davanti ai pm di Roma ha sfumato la versione dei precedenti interrogatori, ritrattando in parte alcune dichiarazioni su Lotti.

I Renzies: “La verità non l’hai detta a Luca” – Il nome del ministro, seppur solo quello di battesimo, nell’indagine sulla centrale della pubblica amministrazione viene evocato anche un’altra volta. Nel dettaglio si tratta del nome di battesimo. “Io non voglio essere preso in giro e tu devi dire la verità in quanto in passato la verità non l’hai detta a Luca e non farmi aggiungere altro. Devi dire se hai incontrato Romeo una o più volte e devi riferire tutto quello che vi siete detti”, dice il 2 marzo Renzi al padre Tiziano, in uno dei passaggi della telefonata intercettata pubblicata sempre dal Fatto Quotidiano. Un riferimento – quello a “Luca” – su cui l’ex premier non ha mai fatto chiarezza nonostante i molteplici interventi pubblici sia sull’inchiesta Consip che sulla telefonata intercettata col padre. 

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