“La battuta del ministro Bonisoli sull’abolizione della storia dell’arte al liceo? Mi piace questo aspetto del ministro, perché non è conformistico“. Così il critico d’arte Vittorio Sgarbi, ospite di Morning Show, su Radio Padova, commenta la frase scherzosa pronunciata dal ministro dei Beni Culturali Alberto Bonisoli, nel corso di un incontro con tutti i sovrintendenti d’Italia che si è svolto nei giorni scorsi. Sgarbi spiega: “Bonisoli dice che dobbiamo prendere atto che non c’è una propensione all’arte. E’ vero fino a un certo punto, perché i bambini disegnano. Quando vai a casa di un tuo amico che abbia dei figli, lui ti porta in camera del bimbo e ti dice: ‘Guarda, sembra Picasso, sembra Mirò”. Poi, a un certo punto, i bambini rincoglioniscono e dopo i 10 anni perdono questa passione. Il problema dell’educazione all’arte è un problema di educazione alla sensibilità, al gusto, al rispetto, alla conoscenza, non all’attrazione per l’arte, come uno può averla per la matematica, per la fisica o per l’astronomia. E’ basilare che noi ci educhiamo al bello”. E aggiunge: “La cosa che mi piace del ministro è che dice ciò che nessuno mai direbbe: ciò che di bello diventa obbligatorio a scuola poi non interessa più. Nessuno legge mai più Tasso, Ariosto, Parini, Foscolo, perché è una materia scolastica obbligatoria. Se li proibisci, diventano attraenti. Quindi, l’arte, alla fine, siccome non è nella scuola, determina maggiore attrazione perché spontanea. Non è necessario che io ti imponga di amare Giotto. Certo,, è un ragionamento sofisticato” – continua – “E’ un paradosso, per cui le cose proibite sono quelle che attraggono di più. Quindi, non insegniamo l’arte, così la gente ne sarà attratta, perché quando insegniamo la letteratura, nessuno più legge Dante o Petrarca, perché sono materie scolastiche obbligatorie. Io lo dico da sempre, ma io posso sostenere questo paradosso. Un ministro, invece, ragionando così, entra in una spirale di impopolarità”. Sgarbi poi rivela: “Io ero il primo in italiano e filosofia e odiavo l’insegnante di storia dell’arte. Bonisoli ha detto la verità, perché non fa retorica e questo mi colpisce. Lui potrebbe pensare quello che pensa e dire il contrario, come fanno tutti. Questo mi induce a spendere una parola in suo favore. La storia dell’arte nella scuola faceva pena, io ho cominciato a studiarla a 18 anni, a scuola la odiavo. Nelle gite scolastiche a Siena non mi ricordo Duccio di Buoninsegna, ma la mia compagna di gita che era una bella ragazza”. E chiosa: “C’è qualcosa di strano in questa dichiarazione di Bonisoli: è del tutto improvvida, in quanto non del tutto coerente con un ministro dei Beni culturali, ma ha qualcosa di profondamente veritiero, per cui io, che potevo prenderlo in giro ed attaccarlo come ministro mancato, potrei gridare allo scandalo. Ma non lo faccio, perché l’atteggiamento di Bonisoli mi pare intellettualmente onesto“.

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