Elisabetta Gardini lascia Forza Italia. L’europarlamentare ha annunciato il suo addio in una lunga nota nella quale spiega che “le scelte politiche del partito non sono più quelle che mi avevano spinto ad aderire, a diventare parlamentare europeo e ad accettare di esserne il capo delegazione a Strasburgo”. Ringraziando Silvio Berlusconi, la (ex) esponente forzista aggiunto che “l’azione politica non poggia sulla mozione degli affetti”.

Gardini aderì a Forza Italia nel 2004, lasciando il teatro e la tv per tuffarsi nella sua seconda esperienza politica dopo la candidatura, dieci anni prima, con il Patto per Segni. È stata consigliera regionale in Veneto e deputata per due anni dal 2006 al 2008. Da undici anni è all’Europarlamento, dove arrivò – prima delle elezioni 2009 – prendendo il posto di Renato Brunetta, dimessosi per l’incompatibilità della carica con il ruolo ministeriale.

Tra il 2015 e il 2017 è stata anche nominata commissaria di Forza Italia in Trentino da Berlusconi. “A lui – sostiene Gardini – continuano a raccontare un partito che non c’è e questo impedisce a Forza Italia di correggere quegli errori che l’hanno portata distante dalla sua base e dai suoi elettori”. Chi oggi decide le sorti del partito – sostiene – “semplicemente vuole che le cose continuino così” e “la volontà di pochi impone questa agonia senza fine ai più”. Un’agonia, aggiunge l’europarlamentare uscente, che “il presidente Berlusconi non merita davvero per quello che rappresenta per la storia politica di questo Paese”.

Le sue accuse nei confronti dei dirigenti di Fi sono pesante. È “assolutamente impossibile portare un contributo” né “esiste un luogo di confronto”, scrive nella nota. “Buttiamo a mare il lavoro di militanti, giovani, amministratori locali, sindaci…. di tutte le persone che potrebbero riallacciare i legami con i nostri territori. Tutto questo ha portato Forza Italia lontano dalla sua missione. Non c’è più coerenza tra la ragione sociale per cui è nata e quello che è diventata”.

Poi Gandini rivendica di aver “cercato di tenere la barra dritta” nel suo lavoro a Bruxelles, “battendomi per una partecipazione convinta e leale, ma cercando sempre una adesione critica e lucida, mai connivente con persone e forze che all’interno dell’Unione tentassero di subornare e mortificare la forza e il ruolo del nostro Paese, che dell’Unione è un fondatore”. Una “linea di azione”, conclude,che “non c’è più, sostituita da una accettazione acritica e supina di decisioni prese da altri, in altre capitali europee, spesso senza consultare, e addirittura contro, l’Italia. Non ci sto, e con dispiacere ma con altrettanta convinzione vado via”.

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