Giornalista, scrittore e amico del Fatto quotidiano. È morto, all’improvviso, all’età di 50 anni, Matteo Incerti. Si trovava in Canada, dove era arrivato da pochissimi giorni per presentare il suo libro “I pellerossa che liberarono l’Italia”. Lì aveva in programma di realizzare un reportage sulle tribù indigene che, da anni ormai, lo avevano accolto come un figlio per il suo impegno nel ricercare storie passate e denunciare gli abusi del passato. “Aquila svettante” era il nome totemico che gli era stato assegnato, un riconoscimento unico e rarissimo di cui andava molto fiero. All’improvviso, dopo poco meno di 48 ore dal suo arrivo in Canada, ha avuto un malore.

Incerti era una colonna dello staff del gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle. E’ stato tra i primissimi attivisti in Emilia Romagna, tra le persone più fidate di Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio. Uno tra i pochi a potersi dire amico di entrambi. Incerti è stato il Movimento quando il Movimento non esisteva ancora e anche adesso, nei momenti più difficili per il M5s, era considerato il depositario dello spirito delle origini. Intorno a sé ha visto cambiare portavoce, governi e leader. E nei continui terremoti interni, è sempre stato quello capace di anticipare le mosse dei suoi. Aveva imparato le dinamiche della politica meglio di chiunque altro, ma soprattutto era riuscito miracolosamente a non farsene corrompere. In queste ore sono decine i ricordi della comunità M5s e il più commovente è proprio quello di Beppe Grillo: “Dio, mi raccomando, quando ti si presenterà davanti tienilo a freno”, ha scritto su Facebook. “È un vulcano di battute, di risate, di idee. Ero sempre a dire: fermati, fermati, sei troppo esuberante! E soprattutto che non si presenti senza il suo Parmigiano Reggiano, come faceva con me al casello di Modena Nord, uscivo dal casello e lui era lì che mi aspettava, sembravamo due corrieri della droga, lui che spacciava parmigiano, me lo metteva in macchina, mi abbracciava e mi salutava. Mi mancherai e mi mancheranno le tue idee. Il consiglio a Dio: tienilo, tienilo lì, rallegrerà tutta la tua comunità”. A salutarlo anche il leader Giuseppe Conte: “Un immenso dolore”, ha scritto. Era “un ragazzo della nostra comunità, un amico che ha visto il Movimento muovere i suoi passi sin dall’inizio. Caro Matteo, ti ricorderemo sempre con affetto”.

Incerti era anche uno scrittore. Mentre di giorno lavorava in Parlamento, le notti e ogni momento libero erano dedicati alla scrittura. E alla ricerca di storie del passato. Una in particolare ha fatto il giro del mondo: la storia del soldato americano Martin Adler che, durante la guerra, scattò una foto a tre bambini di Monterenzio sull’Appennino bolognese. Quell’immagine, postata su Facebook dalla figlia un giorno di dicembre, fu intercettata proprio da Incerti che riuscì a far rincontrare i protagonisti dello scatto. Perché Matteo era un ricercatore appassionato, ma soprattutto era un gran testardo. E aveva deciso che Adler non solo avrebbe ritrovato “i suoi bambini”, ma che sarebbe venuto in Italia per abbracciarli. Così è stato e quella storia a lieto fine è diventata un altro libro (“I bambini di Martin Adler”) che Matteo Incerti ha portato in tour, insieme ad Adler e poi da solo, celebrando la pace tra i popoli.

Incerti è stato anche uno dei primissimi collaboratori de ilfattoquotidiano.it e, in particolare, de Il Fatto Quotidiano Emilia-Romagna. Prima di dedicarsi alla politica, ha scritto articoli sull’ambiente e la sua città, Reggio Emilia. E lì ha assistito alle prime mosse di una squadra che stava nascendo e conosciuto colleghi come Emiliano Liuzzi, con il quale ha condiviso infinite passeggiate e chiacchierate lungo il Tevere.

Emiliano fin nel midollo, ad Albinea, ha lavorato a marzo scorso per l’apertura del “Museo più piccolo del mondo, dedicato alla memoria storica della sua terra. Amava camminare sull’Appennino, dove si rifugiava ogni volta che la politica e Roma gli sembravano perdere ogni contatto con la realtà. “Bisogna stare fuori dai palazzi per capire le cose“, era una delle frasi che amava ripetere di più. In una delle ultime conversazioni lo ho provocato: “Lo so che ti candidi con il M5s, è il tuo turno”. Ha risposto dopo pochi secondi: “Devo decidere. O capo tribù degli Ojibwa o dei Cree“. Stava facendo la valigia per partire per il Canada. Pochi giorni dopo se n’è andato.

Ciao Matteo. Il direttore Peter Gomez e tutta la redazione de ilfattoquotidiano.it si stringono in un abbraccio commosso alla famiglia.

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