Il futuro del Pd, la sinistra, l'apertura al M5s. Che ne pensa Majorino

Fabio Massa

"C’è un tentativo nuovo di aprire una fase diversa nel Partito democratico e questo mi incuriosisce". Intervista all'assessore alle Politiche sociali della Giunta di Beppe Sala

Una delle qualità dei grandi giocatori, intendiamo quelli di Borsa, è la capacità di leggere il momento (“quando scorre il sangue nelle strade bisogna comprare”, Rothschild) e intuire in un attimo la traiettoria del futuro. Le stesse qualità che servono al politico tattico, un lavoro non semplicissimo, soprattutto a sinistra, di questi tempi. Ad oggi, sulla piazza milanese, di politici di questo tipo non ne abbondano. Ma tutti riconoscono che Pierfrancesco Majorino, assessore alle Politiche sociali della Giunta di Beppe Sala, è uno di questi. Uno che tiene la scena. Sempre e comunque. Nella minoranza del Pd praticamente da sempre, praticamente con chiunque sia la maggioranza. Ammesso ma non più concesso, diciamo tra parentesi, che oggi esista una minoranza, nel magma del partito sempre più liquido: ma in qualche modo a Milano una certa solidità resiste. Comunque, Majorino. Un piede dentro, e l’altro pure. Ma con la testa a respirare fuori dal finestrino. E a vedere la prossima curva tra le nebbie. Così, mentre nel Pd in fase pre elettorale, un anno fa, esplodeva il tema della sicurezza, lui organizzava a Milano la marcia per i migranti, il 20 maggio scorso. Adesso invece, in una intervista al Corriere della Sera, lancia: “Il tema della sicurezza è una priorità anche a sinistra”. Cambio di parola d’ordine, forse. Da inclusione a sicurezza. O meglio, a nuova declinazione della sicurezza. Argomenta, Majorino: “La sinistra per anni ha accettato di farsi incastrare dalla destra nella contrapposizione tra sicurezza e diritti”. Mentre svolta, però, Majorino guarda indietro, e guarda avanti. Il Pd e la politica della sinistra. Indietro, spiega chiacchierando col Foglio, c’è stata una “scissione sbagliata, Liberi e Uguali non ha funzionato. Gli elettori lo hanno detto in maniera molto cruda. Ma c’è bisogno di radicalità”. Altro che riformismo e moderati. “C’è bisogno di radicalità – argomenta Majorino – Hanno vinto movimenti che esprimono soluzioni radicali, come la Lega e il Movimento cinque stelle. Possiamo non condividerli, ma non dobbiamo lasciare il campo alla destra o al sovranismo. Bisogna stare attenti quando si critica il populismo di Salvini o di Di Maio. Attenzione a non fare quelli che ancora una volta per dire di no ai populismi difendono lo status quo, l’esistente”.

 

I suoi moniti Majorino li dettaglia: “Attenzione a non lasciare a Salvini e al M5s l’esclusiva della risposta alle forme di ingiustizia. Sapete che cosa temo di più? Che il Pd per dire di no al populismo diventi una sorta di Scelta Civica. Con il governo Monti abbiamo già fatto grandi danni”. Majorino non è un renziano, e questo lo si sa. “I renziani li vedo molto aggressivi in questo periodo e molto rancorosi, non capendo che è naturale che sia sul banco degli imputati anche la gestione di questi anni, altrimenti non avremmo preso la botta che abbiamo preso”. E il Movimento cinque stelle? “Io non sono per un no a priori. Ma devo dire che non fanno neppure niente per rendere interessante il rapporto con loro. Come si sa, non sono renziano. Ma urta perfino me vedere Toninelli (Danilo, ora capogruppo di M5s al Senato, ndr) dire: venite con noi per riparare ai vostri guasti. Dopodiché non mi piace l’idea che ‘non si dialoga perché nel passato ci hanno insultato’”.

 

Maurizio Martina? “In un’ottica di transizione, lo sostengo. Però bisogna fare nei prossimi mesi le primarie”. Matteo Richetti? Si torna a Renzi, inevitabilmente, quasi un loop: “Non lo conosco bene. C’è comunque un tentativo nuovo di aprire una fase diversa nel Pd e questo mi incuriosisce. Quello che però vorrei dire a Richetti è di non fare il renzino. Altrimenti è chiaro che, semplicemente, si preferisce l’originale”. Un po’ come per Berlusconi? “Eh, ma qui potremmo aprire un altro ragionamento lungo un’ora…”.

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