Daniela Santanchè (foto LaPresse)

I "patrioti" della destra-destra presentati da Daniela Santanchè

Marianna Rizzini

L'imprenditrice e deputata ex FI aderisce a Fratelli d’Italia: “Ritorno a casa, finalmente posso rivendicare le mie radici”

Roma. “Il mio ritorno a casa”. Così Daniela Santanchè, imprenditrice e deputata ex FI, chiama il suo approdo in Fratelli d’Italia, partito guidato da Giorgia Meloni e uscito dal congresso di Trieste con simbolo rinnovato e mondato del riferimento ad An, e con radici nella destra-destra fortemente ribadite: la Fiamma tricolore ancora campeggia, anche se il nuovo FdI si posiziona verso il futuro elettorale con l’ambizione di essere post-ideologico e con una candidata premier donna (sempre Meloni, ma nel quadro di un vertice a tre teste femminili: Santanchè, appunto, e, seppure ancora dietro le quinte, Isabella Rauti). Ed è proprio sul tema “donna candidato premier” che intanto Santanchè s’infuoca, davanti alla foto da Trieste delle “tre dame della destra-destra”, come sono state definite. Una foto che, dice, fa plasticamente risaltare il contrasto con i quattro cavalieri della sinistra-sinistra (Pietro Grasso, Roberto Speranza, Pippo Civati e Nicola Fratoianni) che da Roma lanciano la nuova creatura dei Liberi e Uguali: “Ma vi pare che la foto del nostro tempo debba essere composta da soli uomini? La sinistra in questi anni si è riempita la bocca con paroloni sulle pari opportunità, sul soffitto di cristallo, sulle donne discriminate, e però l’unica forza politica che, nella storia della Repubblica, dà a una donna la possibilità di essere candidata premier è di destra”. Non è mai stata femminista, Santanchè: “Non solo. Quando sento parlare alcune donne di sinistra e poi vedo che cosa succede nei partiti di sinistra mi dico: non ho nulla a che spartire con Laura Boldrini. Non mi interessa la ‘battaglia di genere’ in sé, sono una donna che combatte per donne di valore. Abbiamo sempre avuto governi guidati da uomini – non sempre di valore. Il meglio, a mio avviso, lo si dà quando uomini e donne combattono gli uni a fianco degli altri. Ora c’è la possibilità di cambiare, di votare una forza che nei fatti dimostra che siamo in un’altra epoca. E dovrebbe essere l’aspirazione di tutte le donne italiane, vedere una donna alla guida del paese”.

 

 

Ma che cosa significa, per Santanchè, tornare “a casa”? “Vuol dire che finalmente posso rivendicare con orgoglio le mie radici, riscattare un sogno letteralmente fatto a pezzi da Gianfranco Fini. Anzi, rivendico pure di essere stata la prima a mandarlo a quel paese proprio perché andava contro i valori della destra italiana. Di questo ringrazierò sempre Giorgia Meloni”. Per spiegare di che cosa sia fatta questa nuova destra, e in che cosa differisca dalle altre destre, Santanchè ricorre a due parole: “Sovranità e identità: la sovranità che rivendichiamo come patrioti, così vogliamo chiamarci, così Meloni ci ha raccontati”. Al congresso di Trieste appena concluso, infatti, la candidata premier della destra-destra ha parlato di “quelli che pensano che l’amore per l’Italia venga prima di tutto il resto: noi diciamo prima l’Italia e prima gli italiani”. Nel day after di Trieste, Santanchè dice che a questo concetto di patria si lega “l’identità: la patria dev’essere di chi la ama. Sono patriota e l’ho sempre detto con i fatti, come si è visto a proposito della mia battaglia sul fondamentalismo islamico. Sento ripetere ovunque concetti falsi e vuoti di finta solidarietà. Ma io non ho paura, come già mi è capitato, di essere tacciata di fondamentalismo estremista. Sono semplicemente italiana. E sinceramente, dopo questi ultimi cinque anni di governi pasticciati, anche non eletti, dico che sotto le macerie sono rimasti gli italiani, che hanno problemi più gravi di quelli che avevano nel 2013. Poi ci sono dei punti fermi programmatici: la certezza della pena, la sicurezza, il merito”. Pur “nella diversità” di FdI dagli alleati, Santanchè dice “di voler contribuire alla vittoria di una coalizione con Forza Italia e Lega dove ci sia pari dignità per tutti. Siamo tutti fondamentali per vincere le elezioni. In Sicilia abbiamo vinto con Nello Musumeci, un uomo di destra. E a Milano, non si fosse andati a elezioni con un tecnico, che cosa sarebbe successo? A Roma poi c’è ancora una ferita aperta: uniti saremmo arrivati in Campidoglio con Giorgia Meloni. Insomma, si vince dove la destra è protagonista”.

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.