Luigi Di Maio e Matteo Salvini (foto Imagoeconomica)

Scardinare lo stato di diritto, ecco il vero programma del governo gialloverde

Giuseppe Gargani

Dalla prescrizione alla Tav, dal taglio dei vitalizi a quello dei parlamentari, dal decreto sicurezza alla proposta costituzionale del referendum propositivo indiscriminato. Così Lega e M5s stanno snaturando le nostre istituzioni

Gli avvenimenti politici delle ultime settimane che si riferiscono alla nota querelle della Tav, alla autonomia differenziata per le regioni del nord e in particolare alla decisione del Movimento cinque stelle di negare l’autorizzazione al processo per Salvini con una procedura incostituzionale, ci consentono alcune riflessioni sul piano istituzionale e sul piano politico.

 

A distanza di circa otto mesi dalla sua costituzione il governo può essere valutato nella sua consistenza e nella sua funzionalità, così come può essere valutato il comportamento della sua maggioranza; e quindi è possibile un giudizio meditato.

I sondaggi che ormai regolano la nostra vita pubblica e privata attribuiscono un consenso consistente al governo da parte della opinione pubblica e una valutazione negativa di gran parte della stampa nazionale ed europea, della classe dirigente quella silente e nascosta, dei rappresentanti della cultura e delle professioni. Come è spiegabile questa diametrale differenza, che non ha precedenti nella storia del nostro paese? La distanza abissale tra il popolo e quello che storicamente indichiamo come classe dirigente determina questo contrasto che peserà per molto tempo sulle istituzioni e sulle decisioni che i governi adotteranno. Vediamo perché.

 

La fine della solidarietà sociale tra le classi sociali e tra cittadini, che ha caratterizzato il nostro paese nel periodo del dopoguerra fino a qualche anno fa, è stata determinata da una accentuata crisi culturale e politica aggravata da una crisi economica persistente che spinge i cittadini a protestare contro i “responsabili” che sono sempre quelli che hanno governato prima. Fino a che i nuovi rappresentanti del governo praticheranno sia le funzioni della maggioranza che dovrebbe governare e al tempo stesso della minoranza che deve contestare e protestare, avremo questa diversa valutazione sulle azioni o meglio soprattutto sulle “dichiarazioni” del governo che porterà a conclusioni pericolose per le sorti del nostro paese.

I due movimenti che hanno dato vita al governo hanno come principale compito quello di individuare ogni giorno un nemico, di provocare reazioni, di sollecitare emozioni che creano immediati consensi e come compito molto secondario quello di governare. Alimentare lo scontro sociale e la competizione selvaggia tra gli stessi cittadini significa approfondire quel solco tra base e istituzioni con delegittimazione di tutto che poi si rifletterà più tardi su chi ha seminato zizzania e rancori.

 

Sono tra quelli che, forte di una lunga esperienza istituzionale, ritiene che i nostri rappresentanti al governo e al Parlamento siano completamente inadeguati, ma non sono portato a sottovalutare o a ritenere irrilevante, come alcuni fanno, i loro comportamenti che sono ispirati e guidati da un’intelligenza nascosta che ha un piano preciso di snaturamento delle nostre istituzioni democratiche e repubblicane.

 

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Il principale punto critico deriva dalle modalità della formazione del governo che è nato con un contratto privatistico tra due movimenti che alla vigilia della campagna elettorale si erano scontrati escludendo qualunque tipo di accordo, e che quindi non hanno dato vita ad una coalizione con comuni obiettivi, ma a una giustapposizione di interessi personali contrabbandati per interessi elettorali: il riferimento continuo al contratto determina la radicalizzazione delle ragioni che i contraenti avevano come interesse proprio. È mancato il respiro istituzionale richiesto dalla Carta Costituzionale laddove è previsto che i partiti “concorrono alla formazione di un governo espressione di tutti i cittadini e non di alcuni soltanto”.

Questo equivoco è indicativo della mancanza di cultura istituzionale, perché il bene comune che è il fine dell’azione del governo non si ottiene con una spartizione di “cose” che soddisfano al massimo alcune categorie di riferimento: siamo alla lottizzazione dei bisogni.

 

La solidarietà sociale ottenuta negli anni del dopoguerra si è infranta e la predicazione del cambiamento come abiura del passato e vaga promessa del nuovo, ha portato allo scontro tra le generazioni, tra quelli che hanno operato prima e quelli che sono venuti dopo, alimentando appunto il rancore e il risentimento. La grave depressione economica ha accentuato questo rancore popolare e ha contrapposto fittiziamente il popolo a quelle élite che hanno il torto di difendere i valori liberali tradizionali della nostra democrazia.

Tanti pensano che l’Italia per la sua storia, per la sua evoluzione dagli anni 50 in poi, non meriti di essere governata dall’improvvisazione e dall’inesperienza.

L’interesse comune dei due movimenti dunque è soltanto quello di scardinare la democrazia parlamentare, il significato della rappresentanza, e aizzare il popolo contro il Parlamento.

Tutte le iniziative prese dal governo e dalla maggioranza sono dunque il risultato di questa perversa volontà che a questo punto non possiamo sottovalutare.

 

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Questi comportamenti sono indicativi di una volontà perversa di isolare il nostro paese con una concezione che non prevede il cambiamento come rinnovamento, come adeguamento intelligente alle nuove realtà, ma come un ritorno al passato ignorando le conquiste che hanno consentito all’Italia di essere all’avanguardia nell’Europa e nel mondo. Tutto quello che il Governo ha fatto o ha minacciato di fare va in questa logica ed è opportuno ricordarlo anche se l’elenco sarebbe lungo: facciamo alcuni esempi.

 

1) L'eliminazione della “prescrizione” per i reati contrabbandata come riforma epocale rende possibile un processo infinito per tutta la vita e mortifica il ruolo sanzionatorio dello Stato che è tale se interviene “in tempi ragionevoli”, altrimenti risulta fasullo e la società non ha alcun giovamento.

Questa “riforma” rivela la vera anima inquieta e giustizialista dei movimenti che sono al governo. Si vuol costruire una società aggressiva che cerca il colpevole a tutti costi (anche ad esempio con i cosiddetti agenti provocatori, veri e propri professionisti della ricerca del reato anche dove non c’è) per cui la “presunzione di colpevolezza“ che ne deriva rende l’uomo succube della giustizia. Si presume la colpa e si vuole impedire al reo di reinserirsi nella società; questo non solo per reati gravi ma per qualunque trasgressione, per reati minori perché facilmente strumentalizzabile nell’immaginario collettivo. È il caso ad esempio dei reati dei “colletti bianchi” e quelli contro la pubblica amministrazione, facile cavallo di battaglia per qualsiasi rottamatore e portatore di falso cambiamento.

 

In Italia, più che negli altri paesi europei, vi è un ritardo nel produrre non solo le sentenze, ma qualunque decisione giudiziaria; la Costituzione stabilisce che ci deve essere un “tempo ragionevole” per il processo.

Il governo anziché immaginare riforme per risolvere questo problema, tenuto conto che già sono previsti tempi lunghi della prescrizione del reato, elimina il termine e dà la possibilità alla magistratura di far durare il processo per tutta la vita. I difensori di questa proposta hanno l’ardire di dire che con la prescrizione eterna il processo sarà molto più rapido: sono dichiarazioni infantili e offensive per il popolo. Dichiarazioni che invero amareggiano, soprattutto quando a farle sono due magistrati, Piercamillo Davigo e Nino Di Matteo, ai quali non può sfuggire che, a prescindere da tempi patologici, per i quali le soluzioni possono essere molteplici, quello che vale sono i principi giuridici di fondo che devono ispirare il processo.

Al di là delle valutazioni giuridiche, c’è da rilevare un aspetto umano allarmante che disgrega la società: si vuole una comunità senza solidarietà dove l’individualismo e l’egoismo distruggono i valori dello stare insieme. Sul piano giuridico e costituzionale questa proposta è aberrante.

 

2) Il decreto “legge sulla sicurezza” proposto dal ministro dell’Interno ha una ratio sommersa inaccettabile e deleteria perché criminalizza lo straniero e lo considera sempre e comunque nemico compromettendo il diritto delle genti che nei millenni ha reso in qualche modo possibile la convivenza civile nel mondo, la convivenza, appunto, con lo straniero.

 

3) La minaccia continua che si rivolge a volte alla stampa per eliminare i contributi per l’editoria; a volte ai sindacati se manifestano in piazza; a volte alla magistratura che non essendo stata “eletta” non può esercitare la sua azione nei confronti del governo; a volte alla Banca d’Italia se sottolinea le difficoltà economiche del paese per mettere in discussione la sua autonomia e addirittura per mettere in discussione le riserve auree che costituiscono la garanzia finale del nostro paese: per fortuna la proposta è inutile e impraticabile perché è ancora una volta contro la Costituzione e contro il trattato per il funzionamento della Ue.

 

Tutte queste iniziative mettono in luce le caratteristiche di questi movimenti che non affondano le radici nella tradizione culturale italiana la quale ha consentito la integrazione di tutte le classi sociali e la conquista di libertà sconosciute nel nostro paese; e ognuno si domanda come è potuto accadere uno scadimento così vistoso che alimenta la solitudine delle istituzioni, isola il nostro paese chiudendolo nelle sue debolezze e nella sua recessione economica.

Per ottenere consensi in questa situazione, è facile alimentare una società aggressiva, creando tanti nemici, interni ed esterni in Italia in Europa: questo sembra il vero programma.

Ma al di là di questi riferimenti puramente indicativi è necessario cercare di comprendere le strategie utilizzate per scardinare lo Stato di diritto.

 

L’attuale legislatura è cominciata con la delegittimazione degli ex parlamentari decurtando i loro vitalizi sul presupposto truffaldino che fossero frutto di privilegi ed è continuata con la previsione anticostituzionale di un referendum propositivo che pone formalmente il popolo contro il Parlamento, e continua con la riduzione del numero dei parlamentari e con l’autonomia “differenziata” delle Regioni del nord per dividere il nostro paese, e ancora con la contestazione del corridoio Torino - Lione della Tav.

 

Questi punti costituiscono uno strisciante colpo di Stato che abbiamo il dovere di contestare con forza.

1) Il taglio ai vitalizi degli ex parlamentari posto addirittura come programma elettorale e cavallo di battaglia come atto risolutivo dei problemi italiani, dimostra la volontà di eliminare “privilegi rubati“ come si è ripetuto subdolamente, ma non è fine a se stesso: è lo strumento per condannare il Parlamento nella sua storia del dopo guerra. Da un lato si è voluto delegittimare i protagonisti della politica del passato, dall’altro si vuol cancellare un principio che nessun paese democratico ha mai infranto, neppure il regime fascista nel nostro paese perché fare norme retroattive e dunque incostituzionali che modificano per il passato diritti acquisiti significa distruggere la certezza del diritto e in definitiva la possibilità di poter programmare il futuro da parte dei cittadini.

Tutti sanno, che la delibera adottata dall’ufficio di presidenza della Camera dei deputati (e non dall’assemblea legislativa) è illegittima, tutta la cultura giuridica e costituzionale del nostro paese l’ha condannata e tutti sono convinti che sarà bocciata da un giudice imparziale.

 

2) La proposta costituzionale del referendum propositivo indiscriminato su qualunque materia non viene proposto per dar maggior rilievo ai cittadini elettori ma per screditare e paralizzare il Parlamento, per far prevalere quella indistinta democrazia diretta che dovrebbe dare più “forza giuridica” alla legge proposta del popolo.

 

3) La riduzione dei parlamentari viene proposta per ridurre la rappresentanza sul presupposto del suo numero eccessivo assolutamente non corrispondente alla realtà. L’Italia per numero di abitanti in Europa è al 22º posto con un rapporto di 1,6 per 100.000 abitanti così come previsto in Costituzione, a fronte del rapporto di 1,4 della Francia e di 1,3 della Spagna per fare solo alcuni esempi.

Debbo dire che anche su questo problema per il passato, autorevoli rappresentanti della Dc e di altri partiti si sono esercitati a chiedere la riduzione dei parlamentari cedendo alla diffusa demagogia sempre in agguato. Ho sempre sostenuto di non cedere al nuovismo perché si pagano le conseguenze: arriva sempre uno più nuovista. Infatti oggi si persegue la riduzione del numero dei parlamentari per affievolire la rappresentanza e quindi il ruolo di rappresentante del popolo. Un numero basso di parlamentari inficia il principio generale della rappresentatività.

 

4) In questi giorni siamo in presenza di una iniziativa che mette in discussione l’unità del Paese e il ruolo del Sud d’Italia: l’autonomia “differenziata” (che brutta espressione) risente di colpe che sono della vecchia classe dirigente che ha consentito la riforma costituzionale dell’articolo 116 della Costituzione e di conseguenza ha consentito il referendum consultivo di alcune Regioni del Nord con la fissazione di un protocollo che esclude nelle decisioni il Parlamento. La dimensione unitaria dell’Italia prima dell’integrazione europea si misurava sull’integrazione sociale ed economica del Mezzogiorno. Lo sforzo di riscattare il Sud e appunto integrarlo con il resto del paese dal dopoguerra in poi ha prodotto risultati lusinghieri e l’isolamento del Sud è stato superato; oggi questo processo, che si è comunque interrotto negli ultimi anni, non può essere portato avanti soltanto sul piano interno ma ha bisogno della dimensione sovranazionale, europea senza la quale il mezzogiorno è dimenticato e lo sviluppo risulta non integrato omogeneamente nelle sue componenti regionali.

Il Sud di Italia è un problema europeo e solo in questa dimensione può essere risolto; al contrario la pretesa delle Regioni del Nord di acquisire più competenze, più potere, nuoce proprio alla ricerca di un equilibrio e di una integrazione unitaria ed efficiente.

“Le competenze rilevanti alle periferie”, ha detto accuratamente il professor Giuseppe Tesauro “si devono collegare con il disegno complessivo della Costituzione, con il valore dell’uguaglianza da realizzare attraverso un equilibrio tra le varie aree del paese. E questo valore è indicato in maniera sacrosanta anche nel disegno comunitario europeo per realizzare rafforzamento della coesione economica sociale territoriale“. Per difendere questo valore primario e assoluto è necessaria una mobilitazione per la difesa del mezzogiorno.

 

Il tentativo di dividere il paese è proprio del ancien régime, dei vecchi poteri feudali che difendevano piccoli interessi. Oggi con poteri statuali dati alle Regioni del Nord si mira a ottenere un maggiore sviluppo di quelle aree a discapito del Sud che deve accontentarsi soltanto dell’assistenza del reddito di cittadinanza: questo il disegno perverso del governo che tutta la classe dirigente meridionale, se ritiene di rappresentare queste popolazioni, ha il dovere di contrastare. Bisogna impedire che le Regioni si distinguono per la consistenza economica, per quantità di soldi, perché la capacità di un popolo di stare insieme è legata ai rapporti umani, ai rapporti di appartenenza, a valori condivisi che sembrano dimenticati: il Mezzogiorno è un problema settentrionale e il Nord è un problema meridionale.

 

5) Finora la richiesta della interruzione della costruzione del corridoio Torino – Lione è affidata ad un puerile teorema di valutazione costi-benefici che ha comunque riguardato il tratto italiano di solo 80 chilometri il quale non si dovrebbe completare per un capriccio finora non spiegato. La questione è più grave perché si dimentica che il tratto italiano è inserito nel corridoio europeo mediterraneo lungo 2000 chilometri che lega l’Europa occidentale all’Europa orientale. Il danno per l’Italia sarebbe la sua esclusione dal “riequilibrio nodale“ per quel corridoio, con l’aggravante che l’Europa non potendo rinunziare a quella infrastruttura sposterebbe il percorso più a nord escludendo appunto l’Italia. Anche questa iniziativa non è fine a se stessa ma per rimarcare un’ostilità alla Francia e un isolamento felice!

 

6) Per ultimo il metodo utilizzato dal Movimento cinque stelle per impedire il processo al ministro dell’Interno segna una umiliazione per il Parlamento che nessuno ha messo in rilievo adeguatamente. Sono stati disattesi non solo gli articoli della Costituzione ma lo spirito complessivo su cui si reggono le istituzioni rappresentative: l’esercizio della funzione del deputato senza vincolo di mandato. Se venisse meno questo solenne principio il rappresentante del popolo sarebbe sottoposto alla peggior partitocrazia movimentista quindi non più libero laddove la sua libertà configura la democrazia.

L’ordine di votare contro l’autorizzazione al processo del ministro è stato dato da una ridicola consultazione della “base” non al parlamentare nell’esercizio delle sue funzioni ma, cosa ancora più grave, al parlamentare che, nel caso specifico, esercita funzioni giurisdizionali e dunque deve decidere con scienza e coscienza!

 

Si tratta di uno stravolgimento costituzionale e politico. Ho sempre pensato che l’eccesso di moralismo porta alla peggiore devianza. I Cinque stelle reclamano manette a tutti in omaggio alla perversa teoria di Davigo che tutti sono innocenti in attesa di prova contraria e poi impedisce il processo ad un ministro reo confesso. Ho già spiegato sul giornale “Il Dubbio” il mio pensiero in proposito, aggiungo e preciso che il riferimento all’interesse pubblico dell’azione del ministro, mai comunque adeguatamente spiegato, ha un limite invalicabile nei diritti fondamentali che non possono essere disattesi né vilipesi: la violenza sulle persone costrette per giorni sulla nave nel porto di Catania senza poter scendere a terra è una negazione dei diritti delle persone, è una violenza sulle persone.

 

Il moralismo e il giustizialismo portano ai peggiori opportunismi, perché si abusa della parola “garantismo”: una parola che viene interpretata come sinonimo di lassismo e invece garantismo è la ricerca di un equilibrio tra diritti e doveri rapportati alle regole dello Stato di diritto e al rispetto delle istituzioni, e alla divisione dei poteri. Ritengo proprio che per questa interpretazione corretta, per il rispetto delle istituzioni il ministro dell’Interno doveva essere sottoposto al processo.

Ma il rispetto delle istituzioni è messo da parte: il ministro Salvini ha visitato un detenuto condannato per omicidio non con l’intenzione di “visitare i carcerati” ma per dar forza in maniera strumentale alle iniziative legislative volte ad affermare l’ assoluta e indiscriminata possibilità di legittima difesa: si tratta di un comportamento gravissimo contro il garantismo.

 

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Da questa descrizione credo si possa evidenziare la pericolosità incombente di questo governo che vuole ottenere l’isolamento dell’Italia attraverso un sovranismo strumentalmente portato avanti dalla Lega ma sostanzialmente stupidamente praticato dai Cinque Stelle. L’isolamento dall’Europa e dagli altri paesi non può portare bene agli italiani ma certamente determina un aumento della povertà: senza una competizione che faccia diventare protagonista il nostro paese non vi può essere sviluppo e progresso. L’opposizione tanto invocata dovrebbe avere chiaro questo quadro e portare avanti azioni conseguenti. È arrivata l’ora di mobilitare le coscienze vigili del paese per reagire in fretta e sollecitare la responsabilità di tutti gli individui e soprattutto dei giovani, che dalla vecchia classe dirigente debbono ricevere impulso ed esempio, per superare una apatia generalizzata e una diffusa acquiescenza pericolosa. La quale fu colpevole alla vigilia dell’avvento del fascismo, per aver sottovaluto i proclami che il futuro dittatore emanava ad ogni pié sospinto, e fu la causa del pacifico insediamento a Roma, come sappiamo, di un uomo solo al comando.

Certamente il fascismo ha solo un significato storico, ma le forme di dittatura sono tante e oggi si esprimono in maniera completamente diversa!

Nel 2016 furono organizzati vari comitati per il No al Referendum Costituzionale.

Nei prossimi giorni questi comitati si riuniranno per mettere in atto iniziative a difesa della Costituzione Repubblicana e per lanciare un messaggio al Paese.

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