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La maledizione di Marino si abbatte sui renziani riuniti a Roma

Domenico Di Sanzo

Alla presentazione del libro di Renzi fanno un po’ tutti gli gnorri. “Ma se non l’avessimo cacciato ora non ci sarebbe Raggi”

Roma. Il luogo del ritorno è un centro commerciale, anonimo, a Roma sud, Quartiere Ardeatino. Matteo Renzi, per una strana combinazione della sorte, ha presentato il suo libro, “Un’altra strada”, proprio il giorno dopo l’assoluzione dell’ex sindaco Ignazio Marino per la nota vicenda degli scontrini, dalla quale è partito il risiko politico-giudiziario che ha portato alle dimissioni del “marziano a Roma”. Ed è proprio il concetto dell’alterità rispetto alla città che fagocita tutto, il tasto su cui battono i luogotenenti renziani, pochi, che sono presenti alla libreria de “I granai”. Luciano Nobili la butta giù così, attaccando la vecchia ditta, diventata all’improvviso nuova. “Marino all’epoca lo mise lì l’establishment storico di un certo Pd romano – spiega – pensavano che avrebbero potuto manipolarlo, ma alla fine non sempre li ha ascoltati”. Nobili con il Foglio torna indietro di qualche anno “Guardati un po’ la rassegna stampa storica e vedi chi fece le prime interviste contro Marino, perché non erano contenti delle nomine nelle partecipate". Chi? “La ditta” risponde secco, sorridendo sornione. E non è da maligni pensare a un riferimento alla dirigenza romana e laziale “di sinistra” che ha occupato il Palazzo d’Inverno dem dopo le ultime primarie. Così Nicola Zingaretti diventa l’altro convitato di pietra in un incontro di reduci. “Noi non daremo pedate all’attuale segreteria”, dice Renzi. Ma il punto, in un pomeriggio di placida pioggia, sono ancora le correnti. “Sono stati gli altri a far fuori Marino prima di noi”, si sfoga Nobili, salvo poi dire: “Comunque la politica non era il mestiere suo”.

 

Anche un’altra deputata renziana e romana, Patrizia Prestipino, cerca colpe altrove. “Marino era un’incompetente e non avrebbero dovuto puntare su un candidato che non è di Roma e non conosce la città”. Prestipino, però, accenna a un mezzo pentimento sulla sfiducia di quattro anni fa avallata dall’allora stato maggiore renziano: “E’ chiaro che, a posteriori, sarebbe stato meglio avere un sindaco del Pd rispetto alla Raggi”. Le autocritiche sono sfumate, tuttavia, e del resto è lo stesso Renzi ad ammettere di “non avere problemi di autostima”. La Prestipino svicola: “Oltre al Pd è la città che doveva rimanere commissariata almeno per un altro anno, in questo modo non abbiamo avuto il tempo di ricostruire una squadra in grado di battere la Raggi”. Quando le si chiede il motivo della disfatta del Pd nel 2016 e dell’avvento del grillismo, liquida la questione con due parole magiche: “Mafia Capitale”. “E’ stata quell’inchiesta ad aver aperto le porte alla Raggi non la sfiducia a Marino dei 26 consiglieri comunali”.

 

I renziani convergono su un punto, sottolineato anche dall’ex premier: Marino non è stato sostituito a causa dell’inchiesta sugli scontrini. “Gli esposti all’epoca li fece Marcello De Vito”, ci spiega Nobili. E Prestipino: “Beh Matteo non lo ha detto chiaramente, ma Marino è stato sfiduciato perché è un incompetente, non per l'indagine, noi siamo garantisti”. In sala oltre ai due onorevoli romani ci sono i fiorentini Francesco Bonifazi e Simona Bonafè, ricandidata al Parlamento europeo. Si rivede lo spin doctor Alessio De Giorgi, armato di smartphone. Stanno tutti dietro la scrivania, vicino al leader. Bonafè non commenta le vicende romane e addossa la scelta su Marino agli “allora consiglieri comunali”. Non una parola di più. D’altronde lo dice anche Renzi, il capo: “Firenze è più bella di Roma”.