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Non sono più gli All Blacks di una volta

Francesco Pierantozzi

Fughe all’estero e stipendi bassi. I neozelandesi che affrontano l’Italia restano i più forti, fino a quando?

Gli All Blacks dal 2009 sono in testa al world ranking, nonostante la sconfitta a Dublino dello scorso weekend, hanno vinto le ultime due edizioni della Coppa del Mondo e sei degli ultimi sette Championship, il torneo delle Quattro Nazioni dell’emisfero sud, con Australia, Sudafrica e Argentina. Perdono però soprattutto pezzi ogni anno, giocatori che vanno “overseas”, in Francia o in Inghilterra, per guadagnare cifre che in Nuova Zelanda sono impensabili. Dopo il mondiale 2015 Dan Carter è andato a Parigi con un contratto triennale da calciatore “minore”, un milione e mezzo di euro, forse anche qualcosa di più, all’anno; Ma’ a Nonu a Tolone; McCaw, simbolo e capitano, ha smesso. Eppure gli All Blacks continuano a vincere, sempre o quasi. Perché?

 

Prima di tutto per la cosiddetta profondità del movimento, con giocatori pronti a infilarsi nelle maglie degli ex titolari, quelli che a Napoli sarebbero titolarissimi. L’ultimo della serie si chiama Karl Tu’inukuafe che, fino allo scorso febbraio, l’allenatore Hansen (in carica dal 2012, 88,4 per cento di successi, 95 partite e solo 8 sconfitte con 84 vittorie e 3 pareggi) nemmeno sapeva chi fosse. Un buttafuori prima che un pilone, progredito per motivi di salute, anzi dimagrito da 170 kg a 135 kg, bravo a riempire gli spazi vuoti, causa infortuni vari, in un Super Club, i Chiefs con base nel Waikato, e poi a giugno pure quelli, sempre a causa infortuni vari, novembre compreso, con Moody ko, della squadra più famosa al mondo, fino ad arrivare alla nomination a Breakthrough Player of the Year (rivelazione dell’anno) per World Rugby, la federazione internazionale. Certo, si tratta di un caso limite, ma i neozelandesi non hanno mai avuto problemi a trovare nuovi talenti e a impoverire oltretutto francesi e inglesi, che nei ruoli chiave, tipo i mediani, di mischia e di apertura, si trovano nei loro campionati pieni di stranieri provenienti dalla terra della lunga nuvola bianca con i “locali” senza spazio, roba da calcio italiano per capirci, pensando a ruoli chiave e stranieri, non ai risultati. I risultati, infatti, parlano chiaro, nel rugby. E chi va all’estero perde il posto negli All Blacks: o giochi in Nuova Zelanda o sei fuori. Con l’unica recentissima, straordinaria, eccezione (exemption) per Matt Todd, terza linea in Giappone coi Panasonic Wild Knights e ripescato per necessità, infortunio al collo di Sam Cane, e perché è in garanzia (ritornerà comunque nella prossima stagione in Nuova Zelanda). Si discute molto se sia il caso di aumentare gli ingaggi in casa per non perdere i grandi nomi ma visto come vanno le cose sarebbe forse denaro sprecato.

 

La filiera neozelandese sforna in continuazione nuovi rugbisti di prima qualità, gli All Blacks sono, come vuole la tradizione, più grandi dei campioni che li hanno fatti grandi, e così quando si scopre che Beauden Barrett, 4 mete e 30 punti contro l’Australia nella seconda giornata del Championship – roba da Carter (33 punti) nel secondo test contro i British &Irish Lions nel 2005, e un calo nelle ultime prestazioni – potrebbe andare in Francia dopo la Rugby World Cup del 2019 per guadagnare anche 3 millioni di euro in un anno (oggi guadagna un milione di dollari neozelandesi, circa 5-600.000 euro) si è arrivati a pensare che il ministero delle Finanze del paese possa finanziare gli All Blacks per salvare un patrimonio del paese, il numero 10, migliore giocatore del mondo nelle ultime due stagioni. E non chiederebbero nemmeno il taglio delle pensioni d’oro, ammesso che agli antipodi ci siano, però le discussioni non mancano. Forse la soluzione è il vicino Giappone, con un campionato meno logorante rispetto a quelli europei, con qualche periodo sabbatico, già sperimentato per i pezzi più pregiati come McCaw e non solo, per allungare la carriera in uno sport ovviamente molto traumatico. Il vero rischio è perdere i pezzi meno pregiati della filiera, le terze-quarte scelte che alimentano il ricambio e garantiscono tornei domestici, con traduzione letterale, di alto livello, con una qualità altissima, con una concorrenza spaventosa per entrare in gioco, rugbysti che fanno la differenza in squadre estere. Per non parlare degli allenatori neozelandesi che sono dovunque nel mondo a spiegare e insegnare il gioco, a fare proselitismo ovale, una scuola che banalmente si potrebbe definire inesauribile, ma fino a quando? 

 

Comunque, “exemption” esclusa, lodo Todd a parte, e ragionamenti allargati esclusi, Beauden Barrett se non sarà sotto contratto con la Federazione neozelandese non potrà giocare con la maglia nera e la felce. Se non resta insomma, come detto, in Nuova Zelanda il mediano di apertura sarà un altro. Magari Richie Mo’unga che tanti vorrebbero già adesso titolare con Beauden Barrett estremo, uno che ha appena vinto coi Crusaders il Super Rugby, con sangue tongano da parte di padre e samoano da parte di madre, uno dei tanti figli delle isole del Pacifico del sud di prima, seconda o terza generazione, arrivati per lavorare o studiare e magari per giocare con una scholarship. Un’immigrazione fortunata e vincente , con gente forte, grossa, quasi fatta apposta per il rugby. Perché allora alzare l’ingaggio di un fuoriclasse e creare un precedente? Perché rovinare una catena di montaggio vincente? Non è necessario usare la parola salary cap, i contratti sono controllati dalla NZRU, la Federazione, nei club si gioca a livello amatoriale, poi si sale al primo livello retributivo con la provincia (Mitre Ten Cup, stipendi da 18 mila a 55 mila dollari, ovvero da 10-11 mila euro a 33 mila euro circa), quindi con la squadra che partecipa al SuperRugby (da 75 mila a 195 mila dollari, ovvero da 45 mila a 110-120 mila euro) e alla fine ci sono gli All Blacks. Vuoi guadagnare di più? Non ti basta? Sei libero di accettare le offerte in Europa o in Giappone, anche se perderai il valore aggiunto di essere nella squadra degli imbattibili, della sua aura, che pesa tantissimo quando la affronti e quando nel resto della tua vita la potrai esibire. Sfruttare sarebbe brutto, rovinerebbe tutto il fascino dell’articolo e degli All Blacks.

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