Migranti, si riapre la rotta Balcanica
Allarme per il ritorno dei profughi

Martedì 7 Maggio 2019 di Marco Agrusti
Migranti nei parcheggi del Bronx (foto di repertorio)
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PORDENONE I richiedenti asilo di cui si parla in questo caso, non sono quelli che spesso si trovano negli articoli di cronaca che godono della ribalta nazionale. Non si trovano a bordo dei barconi, non sono soccorsi dalle organizzazioni non governative che pattugliano il Canale di Sicilia a bordo delle navi che mandano in fibrillazione il governo gialloverde. Attraversano l’Europa orientale a piedi, spesso nella neve spazzati dal vento gelido dei Balcani. E storia nota, ma la notizia di questi primi quattro mesi del 2019 è che la rotta balcanica, un percorso che si credeva interrotto nel mezzo dell’ex Jugoslavia, si è improvvisamente riaperta.  La pressione arriva alle porte di Pordenone e minaccia la provincia-modello che oggi è presa ad esempio dalle altre zone della regione per il fatto di aver “chiuso i porti” ancor prima che il governo sancisse il giro di vite a livello nazionale.  La riapertura della rotta balcanica, infatti, non sfida solamente i territori più prossimi al confine italo-sloveno, cioè il Goriziano e Trieste, ma anche Udine e la Destra Tagliamento, dove le antenne si sono improvvisamente rialzate dopo un periodo di stanca. Le strutture pordenonesi da un anno respirano. Non c’è l’affollamento che si registrava nei primi anni dell’emergenza immigrazione. Ma la bava di ragno che tiene unite Prefettura, Questura e amministrazioni comunali può rompersi da un momento all’altro. Non basta il passaparola, che nei mesi ha raggiunto le terre di partenza dei migranti e che formalmente sconsiglia Pordenone come porto di arrivo per presentare la richiesta di asilo. Oggi, con sempre più profughi che premono sul confine tra l’Italia e la Slovenia, la situazione torna a farsi calda. E all’orizzonte c’è anche un cambio di rotta nelle politiche che guidano le amministrazioni udinesi, le quali vorrebbero che Pordenone tornasse ad accogliere migranti per alleggerire il peso dell’accoglienza che in questo momento preoccupa la provincia più grande della regione. 
LE CIFRE
Raggiunge quasi quota 1.500 il numero (più che triplicato) dei migranti irregolari rintracciati e arrestati dalla polizia di frontiera di Trieste nel corso del 2018. Più di 500 gli arrivi segnalati nei primi mesi di quest’anno. Sono soprattutto giovani uomini, le donne e le famiglie sono poche. I migranti sono algerini, pakistani e afghani. È raro incontrare persone al di sopra dei 35 anni. Dal canto suo, lo staff di Rete Solidale, che in Bosnia ci è andato, afferma con certezza: «La rotta balcanica in realtà non si è mai arrestata, non è mai stata chiusa». Ma ora che il Mediterraneo è diventato uno specchio d’acqua agitato, gli arrivi sono praticamente triplicati lungo il confine con l’ex Jugoslavia. Solo da maggio 2018, le autorità di Serbia, Montenegro e Bosnia, hanno registrato oltre 6.700 migranti e richiedenti asilo, più del doppio di quelli arrivati in tutto il 2017. E dai boschi del Carso, dove si stagliano ancora i vecchi confini di seconda categoria - oggi abbandonati - le colonne di migranti “invisibili” entrano in regione. L’avviso, a Pordenone, è arrivato forte e chiaro. 
Marco Agrusti
Ultimo aggiornamento: 08:41 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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