Bionda, bellissima e intelligente: Sara Copio e i versi da leggenda

Lunedì 1 Ottobre 2018 di Alberto Toso Fei
Sara Copio (illustrazione di Matteo Bergamelli)
1
Bionda, bellissima, capace di comporre musica e versi e di dare vita a una accademia letteraria nella sua casa in Ghetto aperto a chiunque ebreo o gentile volesse dialogare e mettersi in ascolto; profonda conoscitrice di storia, filosofia, teologia, astrologia e letterature classiche ma anche dell'Antico Testamento e della religione ebraica la sua religione e in grado di leggere testi nelle versioni in spagnolo, ebraico, latino e italiano. Sara Copio fu senza dubbio una delle donne più colte del suo tempo, ma anche un insolito miscuglio di femminilità, creduloneria, coraggio nell'affermare le proprie convinzioni.

Nata a Venezia tra il 1588 e il 1590 da Rebecca e Simone Copio, allora una delle famiglie più ricche e ragguardevoli della comunità ebraica lagunare, fu probabilmente istruita dal celebre letterato e rabbino Leone Modena (che nel 1619 le dedicò la tragedia Ester), che le fu amico per tutta la vita; intorno al 1613 sposò Giacobbe Sullam, ma i due non riuscirono ad avere una discendenza: alla morte della prima figlia Rebecca, di soli 10 mesi, seguì nel 1618 un parto abortivo. Non risulta che la coppia abbia avuto altri figli.
Malgrado le sue dichiarate ambizioni letterarie, oggi non rimane quasi nulla dei suoi scritti, e in qualche modo questo entra a far parte dell'aura di mistero che aleggia sul suo personaggio, descritto anche da Giorgio Bassani nel celebre romanzo Il giardino dei Finzi-Contini come una gran donna: onore e vanto dell'ebraismo italiano in piena Controriforma.

È rimasta celebre la sua lunga corrispondenza col letterato genovese Ansaldo Cebà, durata quasi quattro anni; Sara Copio Sullam era rimasta molto colpita da un suo poema eroico, La Reina Ester, e decise di scrivergli. Ne nacque un carteggio incentrato perlopiù sui tentativi dell'uomo di convincerla a convertirsi al cristianesimo, respinti al mittente con un diniego fermo e convinto.



Peraltro l'iniziativa di Cebà divenne nota a Venezia, dando il pretesto ad altri di cimentarvisi: come Baldassare Bonifacio, frequentatore assiduo dell'accademia della donna (e destinato a divenire vescovo di Capodistria), che in un volume del 1621 intitolato Dell'immortalità dell'anima accusò Sara Copio di negare l'immortalità dell'anima.
L'ebrea rispose immediatamente con un Manifesto, seguito da una Risposta al Manifesto, nella quale Bonifacio insinuò che non tanto la Copio Sullam quanto Leone Modena fosse l'autore del manifesto e di una lettera indirizzatagli dalla donna, contenente delle fini osservazioni teologiche e filosofiche in relazione alle due religioni (così come era avvenuto con Cebà).

Gran parte del carteggio con Cebà è oggi perduto (l'uomo, forse per evitarsi problemi con l'inquisizione, visto che a Venezia Sara era stata accusata di ateismo, pubblicò solo le sue risposte), ma il riverbero che rimanda questo epistolario smezzato regala la sensazione di una donna dall'intelligenza vivace, fiera della propria appartenenza alla religione e alla comunità ebraica, della quale sottolinea coraggiosamente la situazione di discriminazione.
Non manca però una certa civetteria tutta femminile: il compiacimento per l'amicizia importante, le sollecitudini gentili per lo stato di salute del corrispondente, la capacità di poetare, suonare, cantare, ma anche prendere in mano ago e filo per ricamare.

Nel 1624 Sara Copio fu vittima di un singolare raggiro da parte di un letterato romano che aveva assunto come precettore, Numidio Paluzzi (secondo alcuni autore di parte dei sonetti attribuiti alla donna): l'uomo le fece credere di avere la casa infestata di spiriti che la stavano derubando, e nel contempo con alcuni complici iniziò davvero a compiere dei furti.

Le scrisse inoltre una falsa lettera di un suo innamorato francese, facendole credere che uno spirito stabiliva rapidissimi collegamenti con Parigi, e truffandola ulteriormente. Ne seguì una denuncia della donna e una serie di squallide satire vendicative contro di lei.

Sara Copio Sullam morì il 15 febbraio 1641. La sua tomba si trova ancora oggi nell'antico cimitero ebraico del Lido.
Ultimo aggiornamento: 2 Ottobre, 08:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci