LA RIFORMA
ROMA Matteo Salvini lo ha ribadito qualche giorno fa anche a Luigi

Lunedì 24 Settembre 2018
LA RIFORMA
ROMA Matteo Salvini lo ha ribadito qualche giorno fa anche a Luigi Di Maio: «La legittima difesa deve essere legge al più presto, entro fine anno deve avere il primo via libera del Senato». Insieme al pacchetto immigrazione-sicurezza che arriva oggi in Consiglio dei ministri, è la sua impronta digitale su questi primi mesi di legislatura. Ribadirne l'urgenza all'alleato significa che se la legittima difesa diventa terreno di scontro nella guerra a chi pianta più in alto la sua bandierina, anche la Lega avrà cura di metter i bastoni tra le ruote ai provvedimenti più cari al M5s.
D'altra parte, le perplessità del Carroccio su un ddl come quello anti-corruzione non mancano. E su quel testo c'è la faccia di Alfonso Bonafede, capo di quel ministero della Giustizia da cui sono emersi i maggiori rilievi sul decreto sicurezza. Ma non solo. La guerra dei distinguo tra il Guardasigilli e il titolare del Viminale si trascina ormai dall'affaire Diciotti: non piacquero a Bonafede gli attacchi di Salvini ai pm.
LE ARMI
Inoltre, ripetutamente in passato e poi ancora due giorni fa, il responsabile di viale Arenula ha frenato l'attivismo dell'alleato sulla legittima difesa, ribadendo la volontà del governo di intervenire sulla normativa, come scritto nel contratto, ma ricordandogli anche che «il ministro dell'Interno non ha competenze». Altro tema che preme al Guardasigilli è evitare che passi l'idea che si apra la strada al Far West. «Ho più volte detto che non ci sarà nessuna liberalizzazione di armi».
La reazione della Lega al rischio di questo schema di veti incrociati è quello di alzare il tiro e chiedere un'accelerazione. Ancora di più dopo l'episodio della rapina in villa a Lanciano. «Faremo di tutto per arrestare i colpevoli e farli marcire in galera, non si può vivere con la paura anche in casa propria», avverte Salvini. Per Roberto Calderoli, poi, è la prova della necessità di procedere spediti. «Consentire la legittima difesa, senza se e senza ma, senza rischiare un processo e anni di problemi legali, sarebbe anche un deterrente nei confronti dei malviventi».
IL TIMING
In commissione, con la seduta di domani, si concluderà il ciclo di audizioni. Quindi, sarà assegnato al presidente Andrea Ostellari (Lega) il compito di procedere all'elaborazione di un testo base. Il timing del Carroccio prevede che venga presentato entro i primi di ottobre e che il provvedimento arrivi in aula entro l'inizio di novembre.
Attualmente, allo studio dei senatori della commissione Giustizia di palazzo Madama ci sono otto disegni di legge. Tra questi, quello che porta la firma del capogruppo leghista Romeo, ricalca la proposta presentata nella scorsa legislatura da Nicola Molteni, attualmente sottosegretario agli Interni. Ed è in quel testo il cuore dell'approccio leghista alla legittima difesa.
In pratica, si aggiunge un comma all'articolo 52 del codice penale e si stabilisce che la difesa sia sempre legittima e proporzionata. Di fatto che c'è una «presunzione di legittima difesa per gli atti diretti a respingere l'ingresso, mediante effrazione di sconosciuti in un'abitazione privata, ovvero presso un'attività commerciale, professionale o imprenditoriale con violenza o minaccia o uso di armi».
Un cuore al quale la Lega non intende rinunciare e che, al netto di qualche correzione formale, dovrebbe essere riproposto interamente nel testo base. Ma è proprio sul concetto di proporzionalità della difesa che si annidano quelle zone d'ombra che Bonafede vuole eliminare.
La strada di compromesso che Ostellari sarebbe orientato a intraprendere potrebbe essere quella di aggiungere al testo Romeo-Molteni anche delle modifiche all'articolo 55 del codice penale, quello cioè che tratta dell'eccesso colposo della legittima difesa, in modo da accogliere i rilievi del M5s.
«Stiamo lavorando - assicura il pentastellato Massimo Urraro - puntando sulla necessità di fare sintesi e di trovare un giusto equilibrio per evitare divergenze interpretative. Questo è alla base del nostro ragionamento».
I tempi di esame del provvedimento non potrebbero comunque essere dilatati all'infinito: in base al nuovo regolamento del Senato, approvato in chiusura della scorsa legislatura, infatti, un tema sul quale c'è un ddl di iniziativa popolare va incardinato entro un mese dall'assegnazione in commissione e approda in aula entro tre mesi anche se (ma non sarà questo il caso) l'esame in commissione non dovesse essere concluso.
Barbara Acquaviti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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