Zaia: «Una tassa? Mai L'opera è dello Stato»

Giovedì 9 Maggio 2019
L'INTERVISTA
VENEZIA «Già ho l'orticaria a sentir parlare del Mose, figuriamoci se ne farò pagare il conto ai veneti: non esiste proprio». Più istintiva di così non potrebbe essere la reazione di Luca Zaia al piano del ministero dei Trasporti. Al governatore, che a pelle apprezzava poco il sistema delle dighe mobili ancora prima dello scandalo giudiziario, fa ribollire il sangue la sola idea che la Regione debba versare ogni anno 15 milioni di euro per la sua gestione, in aggiunta alle contribuzioni degli altri enti locali e alla tassa di scopo sui turisti.
Perché?
«Non voglio fare il guastafeste. Mi sforzo con tutte le mie energie di vedere il lato positivo di questa storia e cioè il fatto che il Mose deve essere messo in esercizio, perché sotto l'acqua ci sono 5 miliardi e non possiamo permetterci che diventino un mostro di Lockness. Ma non così».
Allora come?
«Non voglio sembrare insolente, ma in un Paese serio quando si progetta, si programma. Invece qua si sta cercando di far passare per locale un'infrastruttura che in realtà è statale, come se non bastasse il conto inimmaginabile che abbiamo già pagato in termini di immagine, visto che per colpa della triste vicenda fortunatamente scoperchiata dai pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, il mondo pensa che questa sia un'opera della Regione. E sapete qual è la beffa? Quando dicevo che il vero problema non era completare il Mose ma farlo funzionare, e che per questo sarebbero serviti almeno 80 se non 100 milioni l'anno, venivo pure sbeffeggiato. Proprio io che ero un ragazzo negli anni in cui venne ideata un'opera ciclopica che mai avrei avallato se fossi stato un amministratore».
A chi tocca provvedere?
«Ovviamente allo Stato, perché parliamo di un intervento per la messa in sicurezza di una città come Venezia che è patrimonio mondiale dell'umanità. Come si può chiedere che a farsene carico siano le istituzioni locali? Mi opporrò con tutte le mie forze al solo fatto di ipotizzare che si possa scaricarne il costo della gestione sui veneti. Ci vuole coraggio da vendere a pretendere 15 milioni dalla Regione, unica in Italia a non applicare le aliquote, come se fossero poche le tasse che il Veneto già versa, con i suoi 15 miliardi di residuo fiscale. E il prurito mi aumenta ancora di più quando penso che vengono chiesti soldi proprio a noi, che chiediamo l'autonomia».
Crede che lo slittamento dell'intesa sia legato agli emendamenti del Mit?
«Le due situazioni potrebbero essere legate solo se ci fosse stata concessa un'autonomia estrema. Della serie: siccome vi tenete tutte le funzioni e tutte le risorse, allora potete pagarvi le opere situate sul vostro territorio. Invece no, il ministero delle Infrastrutture non vuole darci le concessioni autostradali e le competenze portuali, però pretenderebbe che ci accollassimo il Mose. Ma vi pare?».
Ritiene che sia una decisione del solo pentastellato Danilo Toninelli? E i suoi colleghi leghisti al Governo cosa dicono?
«Ho l'impressione che il ministro sia stato frettolosamente e mal consigliato da qualcuno che pensava di vendergli l'idea del secolo. Quindi posso assicurare che seguiremo la partita politicamente e, se serve, anche giuridicamente. Questo è un provvedimento che dovrà passare per Camera e Senato, dove abbiamo tanti parlamentari... Non possiamo accettare che lo Stato vada sui territori alla questua, perché allora vuol dire che lo Stato non esiste più».
Così però torniamo al punto di partenza: chi deve pagare?
«Di sicuro non il Veneto, che ha un bilancio sanissimo ma tirato all'osso, dato che su 14 miliardi solo 52 milioni sono lasciati alla disponibilità degli assessorati. Toglierne 15 vorrebbe dire levarli al sociale, all'ambiente, alle strade: non ci sto. Quindi vadano a chiederli agli spreconi, non ai virtuosi. In un Paese in cui si sperperano ogni anno 30 miliardi nella Pubblica Amministrazione, sarebbe sufficiente applicare l'autonomia a tutti per recuperare una cifra mostruosa. Invece no, si va avanti con 22.000 forestali in Sicilia e 400 in Veneto. E allora, siccome parliamo di Mose, lo dico alla veneziana: è ora di finirla che a pagare sia sempre Pantalone».
Angela Pederiva
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci