Immigrati, la stretta sui buoni-libro

Martedì 16 Ottobre 2018
IL CASO
VENEZIA Era il 30 gennaio 2018 quando il consiglio regionale del Veneto approvò la proposta di legge della leghista Sonia Brescacin per obbligare gli extracomunitari a dimostrare, con un documento rilasciato dal proprio Consolato, di non possedere immobili o proprietà varie nel paese di origine, ai fini di ottenere contributi regionali. «Una misura di equità sociale», disse in un sonnacchioso pomeriggio a Palazzo Ferro Fini la relatrice del provvedimento, spiegando che era facile verificare la veridicità delle autocertificazioni presentate dagli italiani, ma non quelle degli extraUe qui residenti. La norma passò a larghissima maggioranza: 27 sì (Lega, Fi, FdI, ex tosiani), 8 no (Pd e LeU), 6 astenuti (tra cui il M5s). Nessuno, a Roma, ebbe da ridire: il Consiglio dei ministri non impugnò la norma, la Corte costituzionale non venne scomodata, ma adesso, a distanza di otto mesi e mezzo, le forze politiche, dal Pd al M5s, insorgono: non si possono negare i buoni libri ai figli di extracomunitari - sostengono - l'istruzione è un diritto costituzionale, come si può pensare che il Consolato di un Paese in stato di guerra da cui gli extracomunitari sono scappati possa produrre certificati sulle proprietà. A Lodi è stata negata la mensa, in Veneto si negheranno i contributi per l'acquisto dei libri? Stiamo parlando di circa 200 euro per chi frequenta le medie e di 3-400 euro per le superiori. L'anno scorso il Veneto diede 26mila buoni libri, di cui circa 7mila a extracomunitari.
I Comuni si sono accorti della novità da una circolare e, al di là del merito, hanno protestato per la tempistica: dovrebbero consegnare la documentazione alla Regione entro il 31 ottobre, compresi i certificati dei Consolati. È così che è scoppiato il caso con i consiglieri dem Francesca Zottis e Claudio Sinigaglia che hanno presentato un'interrogazione e l'assessore forzista Elena Donazzan a dire che la colpa è dello Stato e che il Veneto si è limitato ad applicare una norma di quand'era premier D'Alema. Ovviamente dà la propria interpretazione, ma la polemica è diventata nazionale. Con tanto di dissidenti.
LE ACCUSE
Il primo no è arrivato da Padova. «Non escluderemo dai buoni libro nessuna famiglia straniera bisognosa. I nuovi requisiti introdotti dalla Regione vìolano il diritto allo studio e si accaniscono sui bambini più deboli», ha detto l'assessore patavina Cristina Piva. Sono intervenuti i sindacati: «Una discriminazione inaccettabile che colpisce i bambini ed interferisce sul diritto allo studio», ha detto Christian Ferrari, Cgil Veneto. E Cinzia Bonan, Cisl Belluno Treviso: «L'integrazione parte dai banchi di scuola, la Regione riveda la normativa». Al Ferro Fini è insorto Piero Ruzzante (LeU): «Se l'autocertificazione è valida, deve essere valida per tutti gli esseri umani. Sennò è discriminazione». «Il diritto allo studio non si tocca», ha tuonato la consigliera regionale del M5s Erika Baldin, che pure il 30 gennaio si era limitata ad astenersi al momento della votazione della legge assieme a Brusco e Berti. E la senatrice Orietta Vanin (M5s): «La Donazzan non si permetta di toccare il diritto allo studio».
A difendere la norma è stata Silvia Rizzotto, capogruppo in Regione degli zaiani: «Il primo a discriminare è il Partito Democratico veneto, che vorrebbe gli italiani sobbarcati di autorizzazioni e documenti, e gli stranieri di eccezioni e proroghe. Noi sosteniamo che se una legge c'è, la devono rispettare tutti». E l'eurodeputata leghista Mara Bizzotto: «Per noi vengono prima i nostri cittadini, a cui lo Stato guarda solitamente anche il pelo nell'uovo, non gli immigrati! Non c'è niente di scandaloso nel chiedere agli immigrati che vogliono aver accesso ai buoni libri di presentare una serie di documentazioni che certifichino il loro reale stato patrimoniale nel Paese d'origine».
E mentre l'Anci ha scritto ai sindaci («È una questione burocratica e serve una soluzione di buon senso, siamo già al lavoro con la Regione per individuarla», ha detto il direttore Carlo Rapicavoli), l'assessore Donazzan si è tolta un paio di sassolini: «Se la norma è varata da un civile' governo di centrosinistra è sacrosanta, se la applica un governo di centrodestra è discriminatoria' e anticostituzionale'?», specificando che i controlli, comunque, li farà la Regione.
Alda Vanzan
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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