IL REPORTAGE
BAGNOLI Il venerdì, verso mezzogiorno, inizia la processione.

Sabato 11 Agosto 2018
IL REPORTAGE BAGNOLI Il venerdì, verso mezzogiorno, inizia la processione.
IL REPORTAGE
BAGNOLI Il venerdì, verso mezzogiorno, inizia la processione. Due chilometri, a piedi o in bicicletta, sotto il sole cocente d'agosto, come sotto la pioggia. Sempre uguale, ogni venerdì. Escono dalla base che li ospita dall'ottobre 2015, cellulare in mano, musica nelle orecchie, il passo o l'andatura ciondolante, dritti lungo la pista ciclabile fino alla moschea, un prefabbricato appoggiato ad un vivaio dove pregano, insieme agli altri musulmani della zona.
CAMBIAMENTO
Alcuni di loro salutano e sorridono, anche verso i residenti. Che, adesso, ricambiano. Perché a San Siro, frazione di Bagnoli, profonda provincia di Padova, nel cuore del distretto dei profughi vista la stretta vicinanza a Cona, qualcosa in questi tre anni di convivenza è cambiato.
Prima c'era solo il muro contro muro. Certo, anche per via delle continue battaglie dei residenti e del clamore mediatico, dire che ci sia qualcosa di più della civile sopportazione è impossibile. Ma è già tanto. Sarà anche perché a Bagnoli, nel giro di tre anni, i numeri si sono sgonfiati fino a scendere, da oltre mille, ai circa 200 migranti che adesso hanno un letto in quella che fu la base dell'aeronautica militare.
Al centro, la base stessa, di un contenzioso legale tra la Prefettura e la cooperativa Edeco, figlia di quella coop mangiatutto che era Ecofficina, e di nuovo al centro di un'inchiesta sulla gestione dei migranti, che proprio ieri ha portato allo spostamento in un'altra città del viceprefetto vicario di Padova Pasquale Aversa, a sua volta indagato per aver facilitato la stessa cooperativa in due bandi del 2016. Era stato però lui a estromettere a maggio 2017 Edeco dall'appalto per la gestione biennale della base, scatenando la cooperativa in una serie di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato. Su come andrà a finire se ne saprà meglio a fine agosto.
LIMITE
Intanto però in via Galilei, a San Siro di Bagnoli, c'è chi non ne può più. «E che adesso si sono anche calmati» raccontano i residenti. Perchè all'inizio era una guerra quotidiana, fatta di cancelli delle case scambiati per orinatoi, di giardini che diventavano cestini per l'immondizia e di una insicurezza che ammantava quello che «una volta era un luogo fantastico, dove si stava benissimo» come ricorda la signora Silvana, dirimpettaia dell'ingresso della caserma.
Chi camminava si sentiva minacciato, chi aveva bambini piccoli, li chiudeva in casa per evitare ansie. C'è anche chi, con unabuona dose di ironia, ha chiamato il proprio cane Africa.
Il punto più difficile era stato toccato tra febbraio e marzo del 2017, quando due donne che facevano jogging sugli argini dietro alla caserma avevano denunciato di essere state violentate da un africano ospite dell'ex base.
In breve i carabinieri avevano individuato l'aggressore in Jerry Ogboru: arrestato, condannato ed espulso, a pena espiata. Una paura che ancora però rimane latente sulla pelle di chi vive nei dintorni dell'ex base dell'aeronautica.
IN CALO
Adesso svuotata nei numeri. Un dato: quando l'8 marzo l'allora segretario del Carroccio Salvini, in piena campagna elettorale, si faceva un viaggio all'interno della base, erano 828 i migranti ospitati. Nel giro di cinque mesi se ne sono andati in più di seicento, «ma speriamo che se ne vadano tutti. Il sindaco ci ha promesso che ora qualcosa cambierà - aggiunge ancora Silvana - A volte avevo anche paura ad andare in campagna, prima qui giravano militari a piedi, ora girano questi ragazzotti. E all'inizio sembrava fosse tutto loro». E «guarda caso, da quando sono in meno, si è tornati alla calma», commenta un ragazzo che abita non distante dalla base. Stanco anche lui di avere a che fare con una situazione che non si sblocca nonostante i proclami della politica.
Un giochetto di rimpalli che agli abitanti di Bagnoli ha presentato pure un conto economico: è sceso il valore degli immobili. Di villette in vendita nella zona ce ne sono, ma nessuno che compra: troppa la vicinanza all'hub provinciale, fanno sapere i diretti interessati. Risvolti di una situazione entrata da tempo in cancrena.
Gli unici sistemi che hanno funzionato, per mettere un po' di pace in una delle zone a più alta densità dei profughi, è stato il pressing continuo sul sindaco Roberto Milan, gli appostamenti davanti alla caserma per parlare con i responsabili di Ecofficina - ora Edeco - e le chiamate senza soluzione di continuità ai carabinieri, costretti giorno e notte a fare le ronde lungo via Galilei. È circa l'una e mezza quando i migranti musulmani lasciano la moschea di Bagnoli. Inforcano la bici o si mettono in cammino sotto il sole e ritornano in quella che è la loro, impenetrabile, casa. Da fuori, a sbarrare la vista, c'è un cancello elettronico aperto da un uomo della coop: è lui l'unico affaccio possibile con il mondo Edeco, dal momento che i responsabili rimbalzano ogni richiesta di colloquio. Ed è sempre lui, l'uomo del cancello, capo per i ragazzi che passano e lo salutano, a dirci che «i tempi di Salvini sono cambiati. Qui ci saranno al massimo duecento persone. È tutto calmo, tranquillo». Il capo poi saluta, ha un cancello da aprire.
Nicola Munaro
© RIPRODUZIONE RISERVATA
© RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci