LA TRAGEDIA
PADOVA Nel novembre del 2016 Mario Simone pubblicava sul proprio

Giovedì 30 Novembre 2017
LA TRAGEDIA
PADOVA Nel novembre del 2016 Mario Simone pubblicava sul proprio profilo Facebook la notizia di una donna italiana strangolata e uccisa in Brasile, commentando il fatto e parlando di «grande tragedia». Ironia del destino, esattamente un anno dopo la stessa sorte è toccata a lui.
Ex carabiniere di 51 anni, originario di Andria ma in servizio per molti anni in provincia di Padova, Mario Simone è morto in Brasile dopo aver subìto un'aggressione su cui i famigliari stanno cercando ancora di fare luce.
Il fatto è successo il 17 novembre, l'uomo è morto tre giorni dopo e ieri la notizia si è diffusa nel Padovano, dove molti ricordano bene il militare.
NUOVA VITA
Dieci anni fa Simone aveva scelto di volare oltreoceano per costruirsi una nuova vita in Sudamerica. «Qui - raccontava il pugliese agli amici - posso stare in modo più dignitoso». Viveva a Igarapè-Miri, nel nord del Brasile. Nei mesi scorsi aveva sventato una rapina nella propria casa mettendo in fuga il malvivente, anche e soprattutto grazie al proprio fisico atletico e all'esperienza maturata in anni e anni di servizio a caccia dei banditi. Da quel giorno - racconta chi lo conosceva bene - ha però sempre vissuto con il timore di una rivalsa. Sapeva di non essere al sicuro.
L'OMICIDIO
Lo scorso 17 novembre l'ex carabiniere ha subìto una nuova aggressione, e questa volta è stato ferito da qualcuno che ha pure esploso dei colpi con un'arma da fuoco. Come se non bastasse, è stato pure colpito con un machete che gli ha tranciato due dita. Entrato immediatamente in coma farmacologico, non si è più svegliato. I medici dell'hospital Metropolitano di Alameda, dove lo aveva portato un amico dopo averlo trovato sanguinante a terra, le hanno provate tutte. Quel massacro, però, evidentemente era stato troppo violento.
LA FAMIGLIA
Il fratello Rino, anche lui carabiniere (presta servizio in provincia di Firenze) si è messo in contatto con la Farnesina, è volato in Brasile per il riconoscimento ma non ha ancora ottenuto il via libera per il trasferimento della salma in Italia. Le autorità brasiliane stanno indagando sull'omicidio e per ora sono stati soprattutto i vicini di casa a dare le informazioni maggiori alla famiglia.
È un altro fratello, Pasquale, a spiegare il contesto in cui sono accaduti i fatti: «Ho parlato con Mario al telefono un paio di giorni prima - dice - e mi aveva detto della sua intenzione di lasciare il Brasile e trasferirsi in Argentina. Raccontava che non stava bene, per la povertà, il degrado. Voleva vendere la casa in muratura che aveva costruito e andare via».
Non sapremo mai se quel malumore fosse dettato anche dalla paura di trovarsi nella morsa di un simile agguato, di certo l'ex carabiniere non ha avuto il tempo di pianificare il trasferimento nell'altro Paese.
«Sul suo corpo - sottolinea ancora il fratello - ci sono segni di colpi di arma da fuoco e machete: abbiamo tanti dubbi e nessuna certezza su cosa gli sia realmente accaduto e non abbiamo avuto nessuna risposta, oltre alle difficoltà burocratiche per riuscire a portare la salma in Italia».
Tanti interrogativi ancora senza risposta, quindi, e un appello alle istituzioni italiane: «A questo punto - dice infatti Pasquale - chiediamo all'ambasciata e alla Farnesina di prendere in considerazione la possibilità di inviare in Brasile un aereo militare per recuperare il corpo di mio fratello. Mario era un uomo dal grande cuore e senso civico: lì ha aiutato molte persone anche se non indossava più la sua divisa, e forse proprio questo suo modo di fare lo ha messo in pericolo. Gli sia riconosciuto».
Gabriele Pipia
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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