LO SCONTRO
VENEZIA Solo due mattinieri come Silvio Berlusconi e Matteo Renzi

Giovedì 11 Gennaio 2018
LO SCONTRO
VENEZIA Solo due mattinieri come Silvio Berlusconi e Matteo Renzi potevano infiammare il dibattito politico all'ora della colazione. Uno scontro radiofonico a distanza sul Jobs Act che, viaggiando veloce sulle frequenze della campagna elettorale, è arrivato dritto al motore produttivo del Paese. «Lo abolisco perché è stata solo un'iniezione per i contratti provvisori: su dieci contratti, otto sono stati temporanei», ha annunciato il presidente di Forza Italia a Radio anch'io su Rai Radio 1. «Sarà contento il Nordest, il mondo produttivo, vorrei vedere che ne pensano gli imprenditori di tornare al mondo del lavoro del passato», ha replicato il segretario del Partito Democratico a Circo Massimo su Radio Capital. Poi in serata è arrivata la retromarcia azzurra, ma ormai la marcia delle polemiche era stata ben più che innestata.
IL DIBATTITO
Messe così, come proposito di cancellare il contratto a tutele crescenti, le parole di Berlusconi prefiguravano infatti il ripristino della legge Fornero, che aveva introdotto il licenziamento individuale per motivi economici oggettivi e un indennizzo fino a 24 mesi. Perplessità fra gli alleati: «Gli incentivi non sono serviti a niente ha premesso Giorgia Meloni (Fdi) hanno drogato il mercato del lavoro. Io, però, non sarei per la reintroduzione dell'articolo 18, quindi di che stiamo parlando?». Contrarietà nel governo: cancellare il Jobs Act, ha sottolineato Giuliano Poletti, ministro del Lavoro, «sarebbe un errore grave perché si tratta di un intervento molto largo che riguarda tantissimi temi» e quindi «è un intervento strutturale positivo». Vivaci le reazioni dei sindacati alle dichiarazioni del leader di Fi. «Bene! Basta che lo aboliscano, non importa chi lo dice», ha commentato Maurizio Landini, segretario confederale della Cgil. «Siamo nel pieno delle promesse della campagna elettorale», ha tagliato corto Annamaria Furlan, numero uno della Cisl. «Con la scadenza degli incentivi fiscali sulle assunzioni si corre il rischio, nel solo mese di gennaio, di perdere oltre 80.000 posti di lavoro, tra l'altro senza la tutela dell'articolo 18», ha lanciato l'allarme Paolo Capone, segretario generale dell'Ugl.
LA PRECISAZIONE
Poi nel pomeriggio la segreteria di Berlusconi ha diramato una nota di precisazione: «Quando saremo al governo non torneremo naturalmente al regime precedente, ma introdurremo strumenti più efficaci del Jobs Act per correggerne gli effetti distorsivi e incentivare le imprese a creare lavoro stabile». Infine in serata il leader forzista ha definitivamente ingranato la retromarcia: «Io non ho mai detto di voler abolire il Jobs Act. Penso che questa sia stata una cosa interna alla coalizione che oggi è superata».
A.Pe.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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