Scuole di danza, lo sfogo dei gestori «Ballare col virus è un bagno di sangue»

Lunedì 1 Giugno 2020
Scuole di danza, lo sfogo dei gestori «Ballare col virus è un bagno di sangue»
VALZER IN QUARANTENA
UDINE Dopo quasi tre mesi di chiusura forzata, il 25 maggio, le scuole di Danza hanno potuto riaprire, tra entusiasmo e tensioni. La voglia di ricominciare era grande, ma le difficoltà di un'apertura in sicurezza sono state tante, dettate non solo dalle rigide restrizioni dei protocolli, ma anche dalle specificità di questa attività, a se stante sotto tanti aspetti.
CASO UNICO
La danza accademica (classica o moderna) è un'attività formativa che si svolge per soli 9 mesi segue l'anno scolastico- coprendo costi per 12, e che prevede un programma didattico annuale culminante nello spettacolo finale, con cui a metà giugno si conclude la stagione. Ora bisognerà coprire i costi di 12 mesi con le entrate di soli 6, il margine di recupero sarà inesistente riaprendo a fine stagione, ma aumenteranno costi e limiti dovuti all'applicazione del distanziamento interpersonale a una disciplina per sua natura dinamica, creativa e di relazione. Una realtà totalmente diversa da quella di centri sportivi e palestre fitness, che invece lavorano tutto l'anno. Nelle quattro province della regione i direttori dei centri danza - sentiti a campione - concordano sui danni non recuperabili causati dalla chiusura forzata, sulle criticità della riapertura attuale e l'incertezza del futuro.
I NUMERI
Del centinaio di scuole regionali la maggioranza riapre sapendo di farlo in perdita, potendo rivolgersi solo a un 20-30% degli iscritti, quando va bene al 50-60%, poiché per applicare norme come accessi contingentati e distanza interpersonale di 2 metri si deve rinunciare a priori alle classi dei bambini più piccoli, meno gestibili con questi limiti, mentre i costi si moltiplicano: estensione dell'orario lavorativo per il necessario sdoppiamento delle classi ai fini del distanziamento, impiego di ulteriore personale a sorvegliare, sanificazione continua. «Riaprire è una scelta obbligata -dice Corrado Canulli, direttore di Arteffetto a Trieste -, come servizio ai nostri iscritti, e per coprire in parte le spese fisse. Il nostro è un grande centro, con più sale e 32 collaboratori, i costi sono elevati. Bisogna ripartire per coprirli almeno in parte, anche se farlo a fine stagione e con classi ridotte è di poco beneficio. Non riapriamo le classi sotto agli 11 anni, c'è poi chi non rientra per paura o per accavallamento di orari con le lezioni online della scuola istituzionale». Anche Elisabetta Ceron, direttrice dell'omonima scuola udinese, esprime felicità per la possibilità di riaprire, ma sottolinea che «Questo settore già tanto in difficoltà vede moltiplicarsi i costi a fronte di una riduzione di entrate, dovendosi necessariamente rivolgere solo a una percentuale di allievi maturi, e potendo incastrare non più di tre classi in un pomeriggio, sia a causa degli intervalli necessari all'avvicendamento in sicurezza dei gruppi, che a causa della didattica a distanza della scuola istituzionale. C'è urgenza di ulteriore supporto economico e di maggiore sintonizzazione con la Scuola».
LE ALTRE VOCI
Da Artedanza di Tarcento a Giselle e Tersicore di Gorizia, da Petit École di Gemona a StudioDanza di Maniago e Ballet Club di Ronchi dei Legionari gli aiuti governativi sono ritenuti insufficienti (bonus di 600 euro per i collaboratori e riduzione del 50% degli affitti). La riapertura in perdita è una fatica doppia per la metà delle entrate. Spazio Danza di Tarvisio è ulteriormente penalizzata dalla chiusura delle frontiere: niente allievi d'oltreconfine. Forza e Costanza di Tolmezzo non riapre «Per la sfiducia derivante da ritardi e contraddizioni spiega la direttrice Antonella Cumin- dei protocolli. Non senso rischiare e tenere aperto un mese in perdita». Al Ballet School di Pordenone «I grandi spazi delle 4 sale spiegano i direttori Stefania Sandrin e Salvatore Gagliardi - permettono di lavorare con l'80%-90% degli iscritti, ma la lezione statica imposta dal distanziamento non può durare più di qualche settimana, poiché si perde la parte artistica e dinamica della danza. Se a settembre saranno ancora in vigore queste norme i centri danza non potranno lavorare».
Federica Sassara
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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