Uranio impoverito, il ministro Trenta: basta silenzio, tavolo tecnico su tutti i casi

Martedì 27 Novembre 2018
IL CASO
ROMA Anni e anni di omertà, di notizie nascoste o ridimensionate. E oggi, su una questione che da anni viene rimpallata tra Difesa e Parlamento, il ministro Elisabetta Trenta ha deciso di andare fino in fondo: «Il tema dell'uranio impoverito - ha dichiarato - c'è, esiste, e non possiamo voltarci dall'altra parte. Ed è arrivato il momento di rompere quel silenzio spaventoso che c'è stato in tutti questi anni». Un silenzio che risale almeno a 25 anni fa, visto che i rischi per una possibile contaminazione erano stati già segnalati dal Dipartimento dell'esercito statunitense il 16 agosto del 1993: «Quando i soldati inalano o ingeriscono la polvere di uranio impoverito - è scritto in un memorandum ufficiale nel quale si raccomanda l'uso di maschere protettive - incorrono nel potenziale incremento del rischio di contrarre il cancro. Gli effetti fisiologici da esposizione includono il possibile aumento del rischio di tumore (polmoni o ossa)».
LE VITTIME
A distanza di anni e anche di indagini finite nel nulla, ieri, il ministro Trenta ha deciso di avviare un tavolo tecnico per fare luce sulla vicenda. La decisione è arrivata dopo l'incontro avvenuto con Domenico Leggiero, responsabile dell'Osservatorio militare che, dal 1999, si occupa dei casi di presunta contaminazione di militari. Un lungo elenco: circa un mese fa l'ultimo decesso, quello di un maresciallo dell'Aeronautica. La vittima numero 363. A Leggiero «ho comunicato di aver chiesto all'Avvocatura generale dello Stato - scrive il ministro su Facebook - un resoconto complessivo su tutte le pendenze giudiziarie in corso. Voglio approfondire ogni singolo caso separatamente, perché ogni caso ha le sue specificità. E voglio ascoltare ogni singola voce: non è più accettabile quanto avvenuto. Occorre affrontare la problematica che la Difesa, sotto la mia guida, ha inserito tra le sue priorità, nell'ambito dei provvedimenti a tutela del personale e della salute dei nostri militari».
LA COMMISSIONE
Trenta ricorda che quasi un anno fa, e cioè a inizio 2018, la Commissione parlamentare di inchiesta che ha indagato sui casi di militari morti o ammalatisi per presunta contaminazione, «si è pronunciata con delle conclusioni chiare e inequivocabili, che come governo abbiamo il dovere di considerare». Proprio sui risultati dell'inchiesta parlamentare - che ha tra l'altro sancito l'esistenza del controverso «nesso di causalità tra l'esposizione all'uranio impoverito e le patologie denunciate» dal personale in divisa - si era consumato un duro e inedito scontro tra la Commissione e la Difesa. La prima ha denunciato come nel settore della salute e della sicurezza sul lavoro delle forze armate vi siano state «criticità sconvolgenti», che «in Italia e nelle missioni all'estero hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i militari», malgrado il «negazionismo» dei vertici della Difesa e gli «assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle Autorità di Governo». Accuse che lo Stato maggiore definisce «inaccettabili». «Noi - hanno replicato - tuteliamo la salute dei militari».
C. Man.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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