Zaia rassicura le imprese «Sì al dialogo, la Lega c'è»

Sabato 22 Settembre 2018
«Noi ci siamo, la Lega c'è». Il governatore del Veneto Luca Zaia è stato chiamato in causa dal Presidente di Confindustria Matteo Zoppas («Gli ho espresso le perplessità per certe azioni di governo, e mi risulta che le abbia trasmesse a Roma»), ed è il primo a rispondere alla mano tesa degli imprenditori.
Pace fatta?
«Zoppas conferma che il sano pragmatismo veneto è quello che ci permetterà di affrontare le questioni con più serenità. La Lega non è al governo per disattendere promesse o trattare gli industriali da nemici. Ci mancherebbe: i veneti, imprenditori e non, sono tutti uguali».
Ma saranno ascoltati?
«Nel governo ci sono interlocutori del territorio, e sono solidi: il ministro Stefani e i due sottosegretari Bitonci e Manzato. Sono sicuro della loro disponibilità. Il pragmatismo ci dice anche: aspettiamo di vedere che cosa entra realmente nella bozza, poi il confronto sarà fondamentale».
È vero che ha fatto da mediatore?
«Il governatore di una Regione è naturalmente un punto di riferimento, penso che sia logico e umano che se c'è qualcosa che non va si cerca un contatto con il governo».
Gli imprenditori avevano ragione a sentirsi maltrattati, a sentirsi considerati nemici?
«Posso assicurare che i nostri parlamentari non sono attratti da decrescite felici o da conflitti sociali. Sanno bene che il modello economico veneto non è fordista, è fatto da piccole e medie imprese. La sfida del datore di lavoro è la stessa del lavoratore. Qualcuno anacronisticamente pensa che parlare male dei datori di lavoro qui possa significare accaparrarsi i voti dei lavoratori: ma se vai in un'azienda il paron non ti presenta la famiglia, ma il primo operaio che è partito con lui. A livello nazionale ste cose non le capiscono, e non solo tra i politici».
E quali sarebbero secondo lei i segni di cambiamento che vede Zoppas?
«Il governo è partito dignitosamente, c'è stata un po' di turbolenza in volo, ma i parlamentari della Lega fin qui hanno fatto un ottimo lavoro. Tutto è perfettibile: se avessimo il 100% del consenso senza necessità di mediazione sarebbe più facile e avremmo più risultati. Ma in un condominio nessuno detta le condizioni: si decide in base ai millesimi. Siamo comunque sicuramente coscienti che abbiamo raccolto voti in tutta Italia ma il nostro azionista di riferimento resta il Nord».
Il decreto dignità era contro le imprese?
«Aspetterei di valutarlo dopo la legge di stabilità. Vediamo nell'insieme. Abbiate pazienza: non guardiamo solo il singolo tassello. Io stesso ho detto la mia, ma vediamo mosaico alla fine. Se fosse stato per i 5 stelle, quel decreto sarebbe stato molto diverso. Quindi tutto si può aggiustare».
Da che cosa si vedrà se l'aria è cambiata e la pace è sancita davvero?
«Dalla Legge di stabilità. Quest'anno è ancora più importante perché darà una misura dell'azione di governo. C'è molta più aspettativa».
Fino a che punto siete disposti ad accettare la bandierina elettorale del reddito di cittadinanza?
«Sono rispettoso dei ruoli e non sono nella stanza dei bottoni romana. Sono convinto che Salvini e la squadra lavoreranno per trovare una soluzione con i giusti aggiustamenti affinché non sia un reddito di esistenza. Un artigiano deve pagare 20mila euro all'anno per poter avere una pensione da 780 euro: non si dovrà mai porre la domanda se davvero gli conviene continuare ad andare a lavorare».
Di Maio ha garantito che sarà solo per gli italiani.
«Penso che sia già un segnale nel senso auspicato».
Come si barcamena tra i grillini al governo a Roma e i grillini all'opposizione in Veneto?
«Qui fanno opposizione, ed è un bene che continuino a farla. Mi spiace umanamente quando l'opposizione viene intesa solo per dare del delinquente alla controparte e darsi la presunta patente di onestà. Sono rispettoso della loro opposizione, a volte fin troppo. Quando leggi certe eresie sulla Pedemontana...».
A proposito, Toninelli vuol bloccare e rivedere tutto.
«L'ho conosciuto: è stato un bell'incontro, positivo. Lo dico anche da ex ministro, è logico che uno quando entra in un dicastero si prenda il tempo di studiare i dossier. Tra l'altro su sta storia della review di Toninelli si è suonata la grancassa, ma Delrio aveva fatto lo stesso e nessuno ne ha parlato. La revisione del progetti in essere l'ha fatta prima lui. Serve per avere un punto zero su ogni opera, per capire i margini di azione dal punto di vista giuridico e legale. Ma va fatta in tempi celeri o diventa un'agonia per le opere pubbliche».
Gliel'ha spiegato?
«Gli ho detto che siamo a disposizione per qualsiasi dubbio. Sulla Pedemontana abbiamo coinvolto Corte dei conti, Anac, Avvocatura dello Stato. Male non fare, paura non avere».
E la Tav?
«Non farla provocherebbe al Veneto due danni: il primo, non avremmo i treni. Il secondo danno che nessuno ricorda mai è che la ferrovia da Torino a Brescia è a quattro binari, e le merci viaggiano su binari separati. Da Brescia a Venezia e poi Trieste e Udine invece è su due soli binari. Perderemmo anche quello, con le conseguenze del caso: 600 mila imprese e 150 miliardi di Pil che finirebbero fuori mercato».
Ario Gervasutti
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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