Antonio Liviero
Partita sbalorditiva a Pretoria. Non c'era nulla di tangibile

Lunedì 8 Ottobre 2018
Antonio Liviero
Partita sbalorditiva a Pretoria. Non c'era nulla di tangibile in gioco avendo gli All Blacks già vinto il Championship con un turno di anticipo. Eppure è stato un pomeriggio di rara intensità. Come da vecchio spirito dei test match. Si è giocato a tavoletta anche in chiave mondiale. Tra un anno, il primo sabato di Coppa del Mondo, Sudafrica e Nuova Zelanda (nel girone dell'Italia) saranno infatti avversari. Gli Springboks dopo aver battuto a sorpresa gli All Blacks a Wellington a metà settembre, volevano ripetersi per incrinare le certezze dei campioni del Mondo e acquisire il vantaggio psicologico di un doppio successo. I neozelandesi al contrario ci tenevano a riaffermare la propria supremazia. L'ha spuntata all'ultimo secondo, in capo a una rimonta pazzesca, la squadra di Hansen. Un copione in parte simile a quello di Salta dove l'Australia dopo essere stata sbriciolata dai Pumas è letteralmente resuscita fino alla vittoria 45-34.
Ma a Pretoria si è scritta una pagina che potrebbe cambiare la storia. Perché al di là della sconfitta, il Sudafrica ha confermato di poter competere con gli All Blacks. Dimostrando che sono battibili non episodicamente. Non è poco al tempo della dittatura Kiwi. Rassie Erasmus sta ridando dignità a una squadra che aveva smarrito la propria identità nel tentativo di imitare il gioco di movimento dei neozelandesi. Risultato: era riuscita a perdere persino dall'Italia. Un equivoco clamoroso: nessuno ha in questo momento la qualità per riprodurre il gioco della Nuova Zelanda, ma se anche ce l'avesse bisognerebbe comunque partire dalle basi, dalla conquista, dalla difesa, in certi momenti dal gioco al piede offensivo. Come del resto fanno, e molto bene, gli stessi All Blacks. Si provi invece a destabilizzarli in mischia e in touche, a metterli sotto pressione al piede o con giocatori di grossa taglia lanciati sull'asse, prima che con il gioco di passaggi. E si verifichi se il loro movimento rimane irresistibile. Non si tratta di fare un rugby restrittivo old style ma di scelte più rispettose dei fondamentali, che in tanti sottovalutano. È quello che Erasmus pare aver capito anche se per ora ha fatto solo qualche passo nel recupero dell'identità Springboks. Però già significativo.
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